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Cortese, storia di un volo a metà: «Sempre sul punto di caduta, ma resto sospeso» – INTERVISTA

 

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Cortese si distingue per la sua audacia e sensibilità, incarnando l’essenza della musica d’autore.
Nella mia intervista, in coincidenza con l’uscita del nuovo singolo “Lentiggini”, esploreremo non solo il percorso artistico del cantautore salentino, tra gli artisti più autentici e interessanti della nuova scena pop, ma anche il suo modo di vivere e percepire le emozioni, così come le sue riflessioni sull’attualità. Assieme, ci addentreremo nei corridoi di X Factor e negli anfratti della nostra musica indie, dove il talento continua a fiorire. 

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Nell’intricato tessuto della scena musicale italiana, dove spesso artisti autentici si perdono tra gli scintillii accecanti di fenomeni passeggeri, emerge con forza un nome destinato a resistere al trascorrere del tempo: Cortese 

Nato a Gallipoli il 27 Settembre 1985, Michele Cortese, in arte semplicemente Cortese, incarna le suggestioni e le emozioni del Salento, terra baciata dal mare e dai tramonti infuocati. Il suo percorso artistico è come un viaggio costante alla ricerca della quintessenza dell’animo umano; una propensione che lo ha portato a esplorare le profondità delle emozioni e a tradurle in melodie avvolgenti e parole in cui riflettersi. Con la sua voce virtuosa, capace di raggiungere note altissime senza perderne l’intensità, e attraverso un percorso caratterizzato da determinazione, passione e autenticità, ha saputo conquistare un posto speciale nel cuore degli appassionati di musica. 

Il grande pubblico lo ha conosciuto nel 2008, quando ha trionfato nella prima edizione italiana di X Factor con la vocal band Aram Quartet, facente parte della squadra guidata da Morgan. Negli anni successivi ha continuato a far parlare di sé con l’avvio di una carriera musicale da solista che è culminata con la vittoria al Festival internazionale della canzone di Viña del Mar in Cile nel 2015. Questa nuovo trofeo – frutto di una collaborazione con Franco Simone – ha confermato il talento eccezionale di Cortese e ha consolidato la sua reputazione come artista di fama internazionale. 

Ha brillato anche nel teatro, partecipando a diversi musical in Cile a partire dal 2017, e nella narrativa musicale, dando vita assieme a Mogol allo spettacolo “Mogol racconta Mogol”. Inoltre, è stato co-coach della prima edizione cilena del talent-show televisivo The Voice, ha all’attivo significative esperienze artistiche all’estero, in giro per i più importanti palcoscenici d’America Latina, e nel corso degli anni ha pubblicato una serie di produzioni discografiche, mostrando una costante evoluzione artistica e una capacità di reinventarsi. 

Il prossimo singolo, intitolato “Spid”, uscirà venerdì 12 aprile. L’ultimo è “Lentiggini”, lanciato su radio e piattaforme digitali lo scorso 23 febbraio, e racconta di un amore sbocciato e sfiorito nel tempo. Le lentiggini, quel dettaglio inciso nella memoria, diventano il simbolo di un legame con il passato che permane nonostante tutto. Affiancato da collaboratori di spicco come il cantautore e produttore Molla e il talentuoso musicista Bittordo, Cortese ha unito pop, synth e canzone d’autore, inaugurando un nuovo suadente universo sonoro. Un’evoluzione con cui ha amplificato la forza evocativa delle sue parole e dato slancio alle sue nuove release discografiche.

“Nazca” offre bellezza, evocando i geoglifi del deserto peruviano; “Ipermetropia” è una confessione intima e una visione oltre il visibile. In un panorama musicale sempre più omogeneo e standardizzato Cortese ci sbatte in faccia capacità d’altri tempi, risucchiandoci in un vortice di emozioni contrastanti e affascinanti, in cui appare come un gabbiano sospeso tra il cielo e il mare, che vola così in alto da sembrare vicino al punto di caduta. Audace, etereo, eppure con una presenza consistente e penetrante.  

L’INTERVISTA A CORTESE

LA VOCE E LA MELODIA, SANREMO E IL SALENTO

Michele, la tua voce si spinge verso altezze vocali non facilmente accessibili, pur mantenendo la sua ricchezza e la sua piena espressività nelle tonalità più basse. Come definiresti il tuo range vocale, quante ottave copri e come sei arrivato a conoscere e a padroneggiare il tuo mezzo nel corso del tempo? 

L’estensione è una caratteristica abbastanza naturale in una voce umana, così come esistono voci calde ed espressive capaci di estendersi facilmente verso il basso esistono voci, come la mia, capaci di estendersi facilmente verso l’alto senza suonare stridule o spigolose, almeno questo è sempre stato il mio obbiettivo nello studio e nella ricerca di un suono che nel canto mi consentisse di esprimermi agilmente e intensamente tanto sussurrando quanto cantando forte se necessario sempre sulla base di ciò che volevo comunicare. Ricopro oltre tre ottave ma non le utilizzo mai tutte perché lo trovo innecessario ai fini interpretativi.   

Amedeo Minghi è il re della nostra melodia. Recentemente, anche attraverso le sue dirette Instagram, ha criticato le canzoni selezionate da Amadeus per il Festival di Sanremo, lamentando proprio l’assenza di questa componente. Considerando che tu stesso trai ispirazione dalla melodia per creare le tue canzoni, condividi il punto di vista del Maestro? 

Lo condivido in parte. Mi piace sicuramente l’idea che l’identità della musica italiana nel mondo, appunto la melodia, vinca il festival della canzone italiana (vedi Mengoni, vedi il successo della bellissima Tango di Tananai ecc.) ma non disdegno la presenza in gara di nuovi protagonisti di nuovi linguaggi della musica moderna. La musica è sempre stata un’arte universale in continua evoluzione in base alle mode, alle epoche, alle culture. Poi esiste sicuramente in ogni cultura musicale un linguaggio definitivo che ha radici più solide e nella cultura musicale italiana è senza dubbio la melodia.  

Gli artisti salentini stanno prendendo sempre più il sopravvento nella musica italiana. Chi preferisci tra i protagonisti del recente Festival di Sanremo, ovvero Emma, Alessandra Amoroso, Diodato e Negramaro? E chi, invece, avresti aggiunto al cast? Tu ti senti più un leader di questa ondata o un artista che può cavalcarla? 

Negramaro e Diodato. Avrei aggiunto qualche penna storica del nostro Salento che nonostante la lunga carriera nell’underground, premi e riconoscimenti vari, non ha mai avuto la sua chance sanremese. Mi viene in mente il mio amico Forte, di recente protagonista della colonna sonora della serie Netflix SKAM. Io mi sento ovviamente un artista che vorrebbe cavalcarla. 

ARAM QUARTET O CLUSTER? MORGAN O CATTELLAN?

Puoi condividere un aneddoto sull’esperienza televisiva di X Factor che coinvolga anche Giusy Ferreri, la seconda classificata dell’edizione in cui hai vinto con gli Aram Quartet? 

Gli aneddoti più divertenti sono legati agli scherzi telefonici che durante l’estate 2008 nel tour promozionale dopo quell ‘edizione di XFactor con gli Aram e Giusy, in viaggio in macchina, ci divertivamo a fare agli allora nostri discografici di Sony Music.  

L’esclusione degli Aram Quartet alla competizione di Sanremo, subito dopo la vittoria del 2008, ha pesato sullo scioglimento della band? Parlaci se ti va delle cause che hanno determinato ciò, della canzone esclusa e dei tuoi attuali rapporti con gli ex compagni di esperienza, ovvero Antonio Maggio, Raffaele Simone e Antonio Ancora? 

No, non ha pesato assolutamente. In realtà la canzone esclusa da Sanremo 2009 come anche quelle dell’unico disco di inediti pubblicato all’epoca con gli Aram Quartet erano brani scritti da autori più o meno impostici dai discografici che mortificano le nostre personali attitudini compositive relegando le nostre quattro figure esclusivamente al ruolo di interpreti. Per questo motivo non sono mai stato affezionato a nessuno di quei brani, mai sentiti miei/nostri, e principalmente per questo motivo gli Aram si sono sciolti. Per me erano venute a mancare spontaneità e linfa creativa necessaria. Con gli ex compagni intrattengo degli ottimi rapporti.  

In una recente intervista al Corriere della Sera Morgan ha dichiarato: «I più bravi che ho avuto sono i Cluster». Come commenti? Pensi che gli Aram Quartet siano stati schiacciati dalla personalità di un direttore artistico come Morgan all’interno del talent show? L’inedito che vi ha affidato, “Chi (Who)”, riflette il suo stile e non si è rivelato vincente a livello discografico. Ve lo aspettavate? Lo ricanti nei tuoi concerti? 

Come gruppo vocale ritengo anch’io che i Cluster siano stati la cosa più forte che sia passata da XFactor finché è esistita la categoria dei gruppi vocali, talentuosi, preparati, maestri già a poco più di vent’anni. Noi eravamo una convivenza precisa e variegata di personalità artistiche e vocali che però per quel pubblico in quel momento ha funzionato di più. Di fatto i Cluster, gruppo vocale vero e puro, esistono ancora adesso, noi ex Aram oggi siamo quasi tutti dei solisti. La personalità di Morgan ci ha agevolato tantissimo durante tutte le puntate del programma con scelte musicali fighe e vincenti e schiacciato poi con una sola scelta ma letale del suo inedito per la finale. Abbiamo sempre pensato che fosse un brano sgrammaticato. Mai ricantato dopo l’esperienza con gli Aram.  

Morgan ha spesso dichiarato che il Festival di Sanremo meriterebbe uno come lui alla guida e proprio in questi giorni ha rilanciato la sua candidatura alla direzione artistica. Altro cantante che si è proposto è Gigi D’Alessio. Tu chi vorresti fosse scelto in sostituzione di Amadeus? 

Mi dispiace dirlo ma nella vita ho deciso di fare l’artista e non il politico anche per poter dire sempre sinceramente quello che penso: Morgan ad oggi ritengo che sia un personaggio incoerente e non credibile, critica Maria De Filippi per poi andare da Maria De Filippi e farsi cacciare da Maria De Filippi, idem con XFactor. Non fa musica da non so quanti anni. Anche i contenuti che propone nei suoi sermoni, incantando chi lo ascolta per le prime cinque-sei volte, sono sempre gli stessi da anni. Ai miei occhi è diventato ormai una brutta copia di se stesso, vuol mostrarsi genio incompreso paragonandosi ai geni che cita (storicamente compresi però da tutti ed ovviamente per le loro opere, vedi Battiato, Fossati ecc.). Dei nomi che ho sentito in giro alla direzione del Festival preferirei Alessandro Cattelan.   

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DA FRANCO SIMONE A MOGOL E MOLLA, SOGNANDO MENGONI

Potresti raccontare come sono nate e come si sono concretizzate le tue collaborazioni con Franco Simone e Mogol? Pensi che possano evolversi in futuro, con o senza di loro, visto che ti hanno permesso di confrontarti con altre forme artistiche come il teatro e la prosa?   

Ho conosciuto Franco Simone all’epoca degli Aram Quartet e poi nel 2012 abbiamo iniziato a far musica insieme lavorando a vari progetti in comune dalle canzoni alla sua opera rock-sinfonica Stabat Mater, nel 2015 abbiamo vinto il Festival di Vina del Mar in Cile con il brano “Per fortuna” e fatto dei concerti insieme in America Latina. Esperienze bellissime conclusesi nel 2016. Credo che le collaborazioni artistiche debbano iniziare e finire in tempi fisiologici senza che ci debbano essere necessariamente motivi di rottura. Nel 2016, dopo una collaborazione durata più di quattro anni con Franco, ho deciso che volevo proseguire il mio percorso in un’altra direzione, rimettendomi in gioco in tutto e per tutto, soprattutto all’estero, con le mie canzoni e realizzando anche il mio sogno dei musical. Ho conosciuto, invece, Mogol nel 2019 diventando, grazie alla sua manager e ovviamente grazie a lui, voce protagonista dello spettacolo “Mogol racconta Mogol” che tutt’ora portiamo in giro. Credo che ogni collaborazione arricchisca e insegni, quindi consenta di evolversi nel futuro. 

La tua carriera cantautorale è entrata in una nuova fase. Hai tagliato i capelli, che ti hanno sempre contraddistinto a livello di immagine, e perfino il nome artistico, mantenendo solo il tuo cognome. Qual è stata la molla del cambiamento? 

In generale nella vita come nell’arte non mi è mai piaciuto assuefarmi alle situazioni e a me stesso, ho sempre amato mettermi in gioco, uscire dal confort. Durante il periodo covid ho ascoltato tanta nuova musica e di conseguenza scritto tante nuove canzoni che in qualche modo mi hanno suggerito una strada nuova, quella forse la molla del cambiamento. 

Parlaci di Molla, il cantautore che sta producendo i tuoi nuovi lavori discografici. Qual è la ragione del vostro incastro artistico e qual è la canzone del suo repertorio che avresti voluto scrivere tu? Ad ascoltare “La notte sopra il mare” è chiaro che ad unirvi è l’influenza del grande cantautorato che fu…  

Molla è un artista a tutto tondo: valido producer, batterista, cantautore, polistrumentista, giocoliere della musica, integro e sempre  coerente. Queste sue qualità sono la ragione del nostro incastro insieme ad un amore comune per la musica fatta bene e la malattia dei live che ci porta a star male se trascorriamo troppo tempo senza suonare dal vivo. Del suo repertorio avrei voluto scrivere “Il caldo non ci vieterà di dormire insieme”.  

I cantautori di oggi, a differenza di quelli del passato, scrivono quasi sempre solo per il proprio repertorio. Segno dell’età dell’individualismo? A te piacerebbe scrivere per qualche interprete? Se sì, per chi e quali motivazioni ti spingerebbero?  

Credo che i cantautori sin dagli anni 60 in realtà abbiano sempre interpretato prioritariamente le proprie canzoni prima di donarle ad altri interpreti. In un’epoca sicuramente più individualista e spesso carente dal punto di vista della creatività compositiva, almeno nel main stream, è inevitabile che cantautori e cantautrici capaci di autonomia facciano da sé sia come autori che come interpreti. Anche se ci sono esempi noti, come Tropico con Mengoni, Madame con Angelina e altri, che hanno prestato la propria penna ad interpreti di successo. A me piacerebbe senz’altro scrivere per bravi interpreti come Marco Mengoni appunto, perché è dotato di una voce e un’attitudine interpretativa incredibili.  

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L’AMORE CONTRO LA POLITICA OMOFOBA E ANTILIBERALE

Anche se la politica sembra non rientrare nella tua concezione di fare musica, influisce comunque sulla tua quotidianità? Cosa pensi delle canzoni sociali, degli artisti che si schierano politicamente e dell’intrinseca tendenza del governo attuale a cavalcare l’odio, ostacolando la cultura dei diritti e della libertà di manifestare il dissenso? 

La politica dei diritti e della libertà influisce tantissimo tanto sulla mia quotidianità quanto implicitamente sulla mia concezione di fare musica. Canto sempre d’amore e, anche se resta una visione un po’ “ figli dei fori” la mia, continuo ad essere convinto che l’amore  sia la risposta migliore alla politica omofoba e antiliberale che sta affliggendo il nostro Paese in questo triste periodo storico. Mi piacciono gli artisti che cantano il sociale e si schierano esplicitamente quando riescono ad essere ideologicamente poi sempre coerenti.  

Hai mai assistito a un episodio di omofobia o preso parte attivamente alla lotta contro di essa? Ritieni che un intervento politico in Italia per tutelare i diritti delle persone LGBTQ+ e promuovere l’educazione alla diversità e al rispetto sia importante?  

Ho assistito ahimè a vari episodi di omofobia e discriminazione e li ho condannati e combattuti al massimo delle mie possibilità ogni volta. Sono stato la prima persona a cui, quando eravamo adolescenti, mio fratello ha dichiarato la propria omosessualità e sin dall’epoca mi sono sempre interrogato su quale fosse l’assurdo motivo per cui una persona debba andare ad impicciarsi in questioni che riguardano la sessualità degli altri. Un intervento politico sarebbe fondamentale per educare un’intera società sin dall’infanzia alla diversità, al rispetto e alla libertà d’espressione del sé e delle proprie opinioni.  

La frase “Sentirti mia” nel testo della tua nuova canzone “Lentiggini” richiama alla mente “Sentirti” di Mango, dove è presente la stessa espressione. Considerando il forte coinvolgimento amoroso espresso in entrambe le canzoni, qual è la tua opinione sulla cultura del possesso, di natura patriarcale, associata al fenomeno del femminicidio? 

Trovo che la cultura patriarcale del possesso nel rapporto uomo-donna sia espressione della bassezza più grande del genere maschile che ahimè l’ha creata. L’espressione “sentirti mia” nella mia canzone è intesa semplicemente in senso romantico e straziante perché racconta gli ultimi momenti di una storia prima della fine.  

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TRA AUTUNNO ED ESTATE, TRA TERRA E CIELO

In “Lentiggini” emerge una storia d’amore finita, i cui contorni sembrano così perfetti da non poter essere sostituiti con altrettanta perfezione da un’altra storia sentimentale. È questa la sensazione che vuoi trasmettere? E come influisce sull’attuale modo in cui vivi le relazioni? 

Sì, la sensazione è quella e la storia che c’è dietro e dentro questa canzone mi è stata ispirata da un film in realtà, “Nessuno si salva da solo” di Sergio Castellitto. Per cui non è stato un episodio autobiografico che possa quindi, in qualche modo, influire sul mio modo di vivere le relazioni. La verità è che mi hanno sempre ispirato ed emozionato le storie d’amore tristi, le trovo poetiche e penetranti. Quando ho scritto di storie del genere vissute sulla mia pelle mi è anche servito per esorcizzare il dolore, altre volte ho scritto le storie degli altri e altre volte ancora ho inventato storie. È il gioco delle canzoni.  

Qual è lo stato d’animo e l’immagine che assoceresti ai tuoi ultimi singoli? Saranno tutti contenuti in un nuovo album di prossima uscita? 

La mia anima nelle mie canzoni alterna sempre due stati come fossero due stagioni, autunno ed estate: malinconia e nostalgia. I singoli che pubblicherò finiranno in un EP entro la fine di quest’anno.  

Tu ti senti più rappresentato dall’immagine di un gabbiano sospeso tra terra e mare o quella di un gabbiano che vola così in alto da sembrare vicino al punto di caduta? 

Sempre vicino al punto di caduta ma che resta sospeso.  

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HIT NON HIT (dalla musica pop al jazz) – BLOG & PRESS di Ugo Stomeo

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