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sabato, Luglio 27, 2024

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Beppe Carletti sul cambio del cantante dei Nomadi: “dico ai fan di avere fiducia in noi, e spero capiranno”

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di Athos Enrile

I Nomadi fanno sempre notizia. La loro storia è infinita e il loro resistere al mutare dei tempi, i loro live sempre numerosi in ogni parte d’Italia, le defezioni forzate e quelle volute, sono elementi che non scalfiscono una formazione che ha dell’incredibile per longevità e qualità. C’è da riflettere seriamente quando si pensa a loro, sempre a galla in un mondo musicale che stritola i protagonisti designati con la stessa velocità con cui  li crea.

Il driver è Beppe Carletti, l’unico “nomade” presente nel 1963 – cofondatore del gruppo con Augusto Daolio -, quello che si è preso sulle spalle la squadra è l’ha coltivata tenendola in vita, rinvigorendone l’immagine e la musica, contornato da una squadra che funziona. La gestione di un gruppo di tale caratura porta a scelte continue, spesso poco popolari, specialmente quando esiste una forte interazione con il pubblico, e Carletti è stato spesso additato come l’artefice di ogni presa di posizione, nel bene e nel male.

E’ di pochi giorni fa l’avvicendamento del vocalist, con il passaggio del testimone da Cristiano Turato a Yuri Cilloni (di cui abbiamo parlato in un precedente articolo) fatto che è stato contestato da alcuni fan per le strategie comunicative adottate, e Beppe Carletti è finito nel mirino di qualche “contestatore”.

Dopo l’intervista realizzata con Cristiano Turato, pubblicata pochi giorni fa su queste pagine, propongo a seguire il pensiero, chiarificatore, del cofondatore della band emiliana; impossibile non andare oltre il fatto contingente…

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Allora Beppe, parliamo della stretta attualità: che cosa si può dire a proposito dell’avvicendamento del vocalist dei Nomadi, da Cristiano Turato a Yuri Cilloni?

A dispetto di quanto si possa pensare non c’è stato litigio né forti discussioni, è semplicemente stata fatta una scelta, non da Beppe Carletti, ma dal gruppo; il concetto di “gruppo” reca in sé il puntare sull’insieme dei membri e non su di una persona sola, e il fatto che Cristiano non sia più con noi non è legato a sue carenze, tecniche o personali, ma nella vita si cambia e così nella musica, dove a volte si cercano nuove strade da percorrere. Nei Nomadi sono arrivate ventitré persone e io sono il ventiquattresimo. E’ naturale che i cambi possano non essere graditi, oltre che all’interessato anche ai fan. A noi in questa occasione viene imputato che sarebbe stato meglio un saluto frontale, sul palco, ma l’ultimo concerto è stato fatto a Novellara, nel corso del tributo ad Augusto, e non ci sembrava corretto fare questo annuncio in un giorno di festa e di ricordo per chi non c’è più, un’icona per chi ama i Nomadi.

Occorre sempre distinguere le cose pubbliche da quelle private, come accade in tutte le famiglie, e non tutto può essere raccontato, ma quello che abbiamo realizzato in questa occasione è un mero avvicendamento. Cristiano è stato con noi cinque anni e non abbiamo mai avuto dei dissapori, ma mi pare che la cosa che faccia più dispiacere a chi ci segue è il non aver dato l’annuncio ufficiale durante l’ultimo concerto… ripeto, a Novellara era giorno di festa, e non sarebbe stato bello turbare quel momento con un annuncio che poneva fine ad una collaborazione professionale e umana. Abbiamo quindi scelto di proporre un comunicato stampa che abbiamo concordato tra di noi…

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Crediti Foto Michele Piazza – dal Sito dei Nomadi

Ecco, proprio il comunicato stampa, nella sua essenzialità, fa pensare che possa essere accaduto qualcosa tra di voi… 

Abbiamo deciso di scrivere qualcosa di asciutto, conciso, perché più cose aggiungi e più dai adito a polemiche, a letture sottotraccia che alimentano livori; hanno detto che avremmo dovuto dare maggiori spiegazioni, ma i chiarimenti devono essere tutti interni, come si possono spiegare le dinamiche di gruppo, e perché si dovrebbero rendere pubbliche? C’era un contratto di cinque anni, il contratto è scaduto e abbiamo cambiato direzione, pensando che fosse il momento di passare il testimone ad altro vocalist, senza sottolineare differenze di merito, perchè nessuno discute sulle qualità vocali di Cristiano. A seguito di ciò sono stato personalmente criticato, “bastonato”, ma il punto fondamentale è che la decisione è stata presa da tutti i membri della band. Alla fine della fiera Cristiano Turato aveva già iniziato una sua carriera parallela, una sua attività, tra musica e video, e quindi lo si può ascoltare e vedere nel suo nuovo percorso, una strada a lui, forse, più consona, che lo porterà lontano, perché lo merita. Ma se è stato con noi così tanto tempo significa che… è bravo!

Rimanendo sul vostro comunicato estrapolo: “ … la particolarità dei Nomadi è che sono un collettivo, al di là di particolarismi di identificazione personale…”: mi spieghi meglio?

Noi siamo un gruppo, non siamo “Beppe Carletti e i suoi ragazzi”… assieme prendiamo le decisioni, che si discutono, si valutano, e poi è normale che io venga additato come responsabile, ci sono abituato, sono cinquantaquattro anni che sono nei Nomadi e mi sono adeguato…

Occorre anche dire che, se parliamo di band, il pubblico identifica il gruppo con il frontman e a lui si affeziona… 

E’ verissimo, ed è anche la persona che ha maggiore responsabilità essendo davanti a tutti, mentre io, ad esempio, sono dietro con le mie tastiere, come è sempre accaduto, anche ai tempi di Augusto, e non ho mai preteso di assumere un ruolo diverso dal mio, perché ognuno deve tenere la propria posizione e tutti hanno eguale importanza per quanto riguarda il raggiungimento del risultato finale. Se poi parliamo del fatto che sono rimasto l’unico membro originale e ho raccolto attorno a me “nuovi nomadi” posso dire che ci sono altri casi al mondo dove è accaduto che, dopo la scomparsa della persona più rappresentativa, il progetto sia andato avanti, magari con qualche critica, come se ci fosse stata una trasformazione innaturale nel senso della cover band, ma io sono felice se sono additato come una cover band di me stesso!

Come è avvenuta la scelta del nuovo cantante? Perché Yuri Cilloni? Maggiore affinità al mondo dei Nomadi? 

Lo abbiamo ascoltato, ci è piaciuto, abita vicino a noi perché è emiliano come me, parliamo lo stesso dialetto ed è totalmente differente da Cristiano – questo per dirti la volontà di provare nuove strade e motivazioni -, anche nelle dimensioni, perché è ben messo, come tutti i Nomadi d’altronde. Ovviamente le reali motivazioni sono legate alle sue caratteristiche vocali, al timbro della voce che a noi è piaciuto molto. Impossibile fare confronti tra chi parte e chi arriva, sono cose molto distanti tra loro, che possono entrambe piacere, ma in ogni caso agli antipodi. Questa differenza generale dei vocalist che si sono succeduti nei Nomadi è sempre stata una nostra prerogativa, in modo da dare il meno adito possibile ai confronti che non sono mai belli. Certo la gente ha come punto di riferimento Augusto, e troverà una maggiore similitudine nell’espressione di Yuri; allo stesso modo qualcuno si era lamentato della diversità timbrica di Cristiano rispetto al passato, ma accontentare tutti è obiettivamente impossibile, tutti i fan vanno ascoltati perché sono l’elemento in più dei Nomadi, ma sul palco ci andiamo noi, e ci andiamo anche spesso, e quindi per garantire la continuità occorre avere una visione dall’alto che solo chi è dentro al progetto può avere.

Voi siete tra le band più longeve al mondo e questo mi pare un tuo merito, ma per gestire “un’azienda” occorre avere una visione manageriale – non solo musicale – come è accaduto ai Pooh ad esempio… 

Beh, occorre saper gestire un gruppo di anime, capire le persone che ti circondano, condividere il viaggio, motivare le persone, senza far pesare l’“anzianità” di servizio a chi è meno esperto. Quando abbiamo iniziato con Augusto, nel ’63, non avevamo in testa di fare dischi o apparire sul palco, ma era il divertimento che ci stimolava maggiormente. Quando poi Augusto ci ha lasciato io ho cercato di portare avanti i Nomadi con l’idea che più prolungo il viaggio e più Augusto vive; è chiaro che amo quello che sto facendo, ci ho sempre creduto, anche se continuare dopo una defezione simile comportava enormi rischi e tutto poteva finire in una bolla di sapone, ma spesso la fortuna aiuta gli audaci, e io sono andato dritto con tenacia, perché il mio mestiere, la mia professione, è fare musica e quindi continuo a farla.

Facevi riferimento ai Pooh: loro si sono gestiti bene, anche se rispetto ai Nomadi hanno avuto la fortuna di rimanere per molto tempo gli stessi, ma è evidente la gestione di tipo aziendale, che in qualche modo è quella che ho sempre perseguito anche io.

Potevo fare meglio? Forse, impossibile stabilirlo, ma se sono ancora qui significa che tra tanti errori ho realizzato anche cose positive, assieme ai miei compagni di viaggio che credono in ciò che si fa, con una buona dose di divertimento, ma sempre privilegiando il gioco in team. Che cosa accade quando va via il bomber in una squadra di calcio? Si smette o si va avanti con un sostituto? La gente probabilmente non ricorda chi fosse Cinico Angelini, grande direttore d’orchestra: il suo progetto era “Angelini e 8 strumenti”, e gli otto strumenti cambiavano in continuazione… diversi gli ingredienti ma immutato l’obiettivo. Così è per i Nomadi… se uno li ama veramente e crede nella loro essenza, li deve ritrovare sul palco indipendentemente dal nome dei componenti e devo dire che sino ad oggi tutti si sono comportati così. Convivere e condividere deve essere l’obiettivo, andando avanti nel ricordo di chi non c’è più, nonostante dolori e delusioni. Chi è passato da queste parti ha sempre lasciato un segno e ha dato qualcosa per alimentare la storia dei Nomadi, sicuramente invidiabile. C’è poi chi dal gruppo se ne va spontaneamente e poi scopre che non è così facile e automatico quello che viene definito “successo”, l’importante è capire che nessuno è indispensabile.

Come dicevamo prima i live sono il vostro pane, e non mi pare facciate distinzioni tra grande teatro e fiera di paese… l’importante è portare la vostra musica ovunque, giustificando appieno il vostro nome…

Il mio credo è sempre stato quello di portare la musica in ogni luogo, nella piazza, nel teatro, nel campo sportivo… la musica è vita, è arte, arriva al cuore delle persone, fa sognare.

Vista la tua lunga carriera… ricordi qualche tuo errore pesante? 

Ne avrò fatti tantissimi,  ma se faccio una cosa è perché ci credo e forse è più giusto dire che… si poteva agire meglio. Io sono abbastanza istintivo e prendo decisioni in modo rapido e a volte potrebbero risultare superficiali, ma questa è la natura, pregi e difetti di chi agisce subito dopo aver pensato.

Esiste qualche punto di riferimento musicale che ti ha accompagnato per tutta la vita? 

Ho iniziato a studiare musica a otto anni, non avevo la televisione in casa, la radio non si ascoltava con continuità perché consumava corrente e non mi sono mai rifatto a nessun artista in particolare, ma la musica mi piace tutta, dalla classica al jazz, sino al liscio… l’importante è che sia fatta bene e penso che ci sia da imparare da tutti, e così cerco di carpire delle cose dai tanti musicisti che ascolto, e non importa se sono lontani dal professionismo, perché chi fa musica, a qualsiasi livello, ha dentro delle cose che altri non hanno, e trasmette emozioni e a suo modo insegna. Già il fatto stesso di scegliere di suonare uno strumento la dice lunga. Pensa a chi è obbligato, magari dai genitori, a intraprendere questa strada che non è sua… sarà per lui tempo perso, e sarà doloroso e frustrante.

Vorrei farti una domanda per ricordare Augusto. Recentemente ho ascoltato una vostra antica performance dove proponevate “Looking For Someone”, tratto da “Trespass”, il secondo album dei Genesis, e mi sembra che foste pienamente a vostro agio e che anche la parte vocale fosse convincente, nonostante una musica lontana dal vostro standard… 

Bella domanda, bei ricordi: a noi i Genesis piacevano, soprattutto Augusto ne era innamorato, ma questo la dice lunga sulla nostra versatilità, dimostrata dal passare da una canzone come “Dio è morto” ad una musica strutturalmente complessa come quella dei Genesis, e c’era da esserne orgogliosi se si riusciva a farla bene. Augusto cantava con lo stesso amore “Mi sono innamorato di te” di Tenco e il brano che tu hai citato. Noi non eravamo specializzati in un genere preciso, e venendo dalle balere in voga negli anni ‘60 facevamo le cover, da Peppino di Capri a Gino Paoli, tutte quelle che avevano successo in quel momento storico.


Quando poi avete iniziato con brani di vostra produzione avete toccato temi sociali importanti…
 

Sai, quando abbiamo avuto l’opportunità di avere un contratto discografico, e ci hanno comunicato che saremmo andati al Cantagiro, ci siamo guardati in faccia e ci siamo chiesti cosa avremmo cantato, come avremmo fatto a fare emergere la nostra identità senza rischiare di proporre la fotocopia di qualcosa di già esistente, e a quel punto abbiamo avuto la fortuna di incontrare Francesco Guccini, che ci ha dato l’opportunità di cantare canzoni come “Noi non ci saremo” e “Dio e morto”, anche se era chiaro che non avremmo venduto milioni di 45 giri, ma questa non era per noi una priorità. La popolarità a quei tempi arrivava attraverso le cover più in voga, ma noi facemmo sempre scelte diverse, come nel caso di “Come potete giudicare”, che era un brano di Sonny Bono, ma non di successo. Altra cosa era, ad esempio, “Bang Bang”, riproposta dall’Equipe 84, che era una hit mondiale. Ci è capitato di inserire nei nostri album brani di Elton John o di Bob Dylan, ma non erano mai pezzi ad alta visibilità, solo che li sentivamo adatti alla nostra musica, al nostro modo di proporla e alla voce di Augusto.

Come è avvenuto successivamente l’incontro con Alberto Salerno e “Io vagabondo”? 

L’incontro è stato molto bello: eravamo in una sala di incisione di Carlo Alberto Rossi e mi pare ci fosse anche Franco Daldello o Dattoli; dopo aver sentito il pezzo lo provinammo subito e lo portammo alla EMI dicendo che l’avremmo voluto proporre, e la risposta fu: “Se vi piace fatelo pure!”. Altri tempi! La collaborazione poi è proseguita con nuove canzoni; certo è che “Io vagabondo”, nell’immaginario collettivo, è una canzone che potevano fare solo i Nomadi, per il carisma che aveva Augusto… lui era un vagabondo in tutti i sensi. Così è nata una bella unione artistica e umana. Nel nostro nuovo lavoro ci sarà un altro testo di Alberto, un album che verrà inciso molto presto.

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Come lo vedi il futuro musicale dei Nomadi? 

Lo vedo benissimo, siamo in salute e lasciami essere per un attimo presuntuoso, vedo che siamo tutti carichi e vogliosi di suonare, poi il successo assoluto non ha importanza, ma occorre fare questo mestiere divertendosi e noi abbiamo la fortuna di poter vivere attraverso una passione che è diventata una professione, una fortuna che auguro a tutti. Quando penso ai Nomadi vedo sempre rosa e positivo.

Lanciamo un messaggio ai fan? 

Certo, dico ai fan di avere fiducia in noi, e spero che abbiano capito – e che capiranno nei mesi che verranno – il nostro attuale cambiamento di rotta e le modalità adottate, senza… avercela troppo con me! Sarà come sempre il tempo a fornire gli equilibri e a stabilire torti e ragioni, e poi se le cose si fanno in modo onesto la coscienza risulta essere a posto, e questa è la cosa più importante. In fondo la nostra storia è da prendere ad esempio: non siamo mai stati i primi ma nemmeno gli ultimi!

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