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mercoledì, Maggio 22, 2024

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I vangeli di Gragnaniello

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Quando avremo dirimpetto la morte non ci basterà chiedere di poter tornare. E non ci serviranno gli intingoli che avevamo preparato per l’amore, i capogiri che ci servivano per ingannarla. Saremo visti maligni, uomini della vergogna. E verremo messi in alto, sui lampioni e sugli alberi, sulle campane e sulle bandiere, staremo come pegni muti del disonore. Quando ci diranno che il nostro dolore è irrisolvibile sentiremo Dio caderci addosso.

E allora alzeremo le mani, e dichiareremo la nostra intenzione di arrenderci, e ci lasceremo prendere dalla bella infinità di una bocca, dalla luce solare che fa scintillare l’amore.

Saremo avvisati da un vento scortese, quello che chiamano ‘o vient’ ‘e terra, quello che spinge i piedi in fuori verso la libertà, che poi non giova a nessuno rimanere nella tristezza e nel tormento che sappiamo.

E capiremo che siamo ‘mmano ‘o tiempo, messi nel sedile posteriore della nostra stessa vita; che ogni mattino c’è una linea tortuosa che ci si piazza davanti, quasi per scommessa. Che se solo qualcuno riuscisse a bucare quelle nuvole tremende che abbiamo sulla testa gocciolerebbe un’enormità d’Amore; che si potrebbe riempire il mare da occidente a oriente, ogni nostra vena, e la lucentezza dei nostri cuori non avrebbe alcun raffronto con i diamanti.

E ognuno chiederà all’altro addò si stat? Sono entrati nelle nostre case come un gelido inverno, e avevano un’impugnatura d’ossa umane e croci sulle cime dei pali. Ci hanno scesi nell’angustia, nel buio: per farci perdere la guida di Cristo. Sapevano che siamo figli fragili e insicuri, che balbettiamo a ogni paura. Hanno separato i vocaboli di tutto il mondo per non farci incontrare, per non farci organizzare.

È per questo che oggi il nostro povero munno ha il fiato strozzato e il cappio al collo; ha un giardino nell’inferno, e le persone hanno al cuore i catenacci dei diavoli e una mente che si rigenera nell’ingiustizia, nella prevaricazione d’a delinquenza.

Che poi ci sembra addirittura straordinario pensare di poter essere come molle nel fuoco dell’incanto sentimentale; che ci si possa immaginare come il fiore e l’acqua, come due sposi con gli abiti migliori a un passo dalla promessa eterna; come due innamorati che hanno gli occhi dolci e sperano di farsi felici e continuano a ripetersi si tu me cunusciss’ e a piangere perché hanno paura.

Con Lo chiamavano vient’ ’e terra Gragnaniello si è mosso così, tra le righe di un vangelo laico, attraverso le infamie le prepotenze le debolezze le avidità, e ci ha ricondotti alla guerra per darci ancora una possibilità resuscitante.

Gragnaniello

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