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THE BEATLES STORY Parte 6sta – Extra 30.01.1969 The Rooftop Concert, l’ultimo concerto (a sorpresa)

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Continua la fantastica storia dei Beatles con la quinta parte (leggi il racconto della 5nta parte).

Dopo aver dato alle stampe il White Album, pubblicato il 22 novembre 1968, i Beatles si rimisero al lavoro per un nuovo progetto.

Le tensioni apparse durante la registrazione del precedente album, dovute alla sempre più invadente presenza in studio di Yoko Ono, ai diversi punti di vista sulla gestione delle finanze del gruppo in seguito alla morte di Brian Epstein e non ultima la sempre più forte competitività compositiva tra John e Paul in cui si era inserita l’accresciuta e consapevole vena creativa di George, avevano però minato i rapporti tra i membri del gruppo.

Con John più intento a coltivare la relazione con Yoko, nella quale aveva trovato anche stimoli verso tendenze artistiche alternative assai distanti da quelle cui i fans erano abituati, e George Martin quasi spodestato dal suo ruolo di produttore, fu Paul a prendere in mano le redini del gruppo, suggerendo e convincendo gli altri ad un ritorno alle origini, abbandonando trucchi e artifizi dello studio di registrazione, cui erano ricorsi negli ultimi album a partire da Revolver, a favore di una musica rigorosamente suonata dal vivo.

Scartata a priori l’ipotesi di un tour o di un megaconcerto per via dei traumatizzanti eventi dell’ultimo tour mondiale del 1966 (eccessive misure di sicurezza che li videro praticamente segregati in albergo in Giappone, contrastate da nessuna misura di sicurezza in occasione della tappa alle Filippine, durante la quale si erano resi colpevoli di aver snobbato un invito della moglie del Presidente Marcos che scatenò una rappresaglia nei loro confronti: vennero aggrediti, strattonati e malmenati da una folla inferocita all’aeroporto e quindi tenuti in ostaggio per alcune ore dalle autorità aeroportuali con un pretestuoso inghippo burocratico creato ad hoc; per finire con le minacce di morte ricevute durante il successivo tour negli Stati Uniti in seguito all’intervista rilasciata sei mesi prima all’amica giornalista Maureen Cleave da John Lennon in cui sosteneva, in un contesto assai più ampio e con tutt’altro significato, volutamente non riportato integralmente dalla rivista americana Datebook, che i Beatles erano più popolari di Gesú Cristo. Il progetto che incontrò il maggior riscontro, anche se non con grande entusiasmo soprattutto da parte di John, fu quello di uno show televisivo della durata di un’ora in cui avrebbero suonato 8 brani dal vivo di fronte a un pubblico selezionato, come già nel video promozionale di “Hey Jude” al David Frost Show l’anno precedente.

Tra i vari scenari proposti ci furono un mulino in disuso sulle rive Tamigi o a bordo di una nave o un palco in mezzo al deserto del Sahara. La proposta considerata più probabile fu quella di un anfiteatro romano in Tunisia, con inizio all’alba davanti agli spalti vuoti a mano a mano riempiti da un pubblico di ogni etnia, colore e credo, ma nessuna di queste ambientazioni incontrò l’unanime accordo dei Quattro. Fu Dennis O’Dell, il produttore incaricato per lo show televisivo, a suggerire di iniziare comunque le prove presso gli Studi Twickenham, ove dal 6 febbraio avrebbero dovuto iniziare le riprese del film Magic Christian, prodotto dallo steso O’Dell, in cui Ringo era stato scritturato come attore al fianco di Peter Sellers.

Cosí il 2 gennaio 1969  i Beatles si trasferirono armi e bagagli nei freddi studi situati a ovest di Londra decidendo di documentare le prove dello show davanti alle telecamere accese, ma vuoi per il clima glaciale, vuoi per le tensioni non ancora sopite sorte durante le interminabili sessioni per il White Album, vuoi per l’atteggiamento di Paul che per spronare gli apatici compagni si era arrogato il ruolo di leader-produttore dettando le direttive che avrebbe dovuto seguire il gruppo, venerdì 10 gennaio, in seguito a una discussione con Paul che non era soddisfatto di una sua esecuzione alla chitarra e quindi un alterco con John, George decise di abbandonare il progetto, andandosene senza che nessuno cercasse di fermarlo.

Mercoledí 15 gennaio George tornò per una lunga riunione coi partners in cui annunciò di voler lasciare il gruppo, disposto a rimanere solo a determinate condizioni:
abbandonare il progetto del concerto dal vivo e usare le canzoni destinate allo show televisivo per l’incisione di un nuovo album.

Fu cosí che i Beatles decisero di abbandonare i Freddi Twickenham Studios e trasferirsi nel nuovo studio allestito dal loro recente amico Alexis Mardas nello scantinato della sede della Apple Corps in Savile Row. Ben presto però si resero conto che le meraviglie promesse dal visionario millantatore soprannominato Magic Alex (uno studio a 72 piste, invisibili barriere magnetiche che avrebbero sostituito gli ingombranti pannelli isolanti e altre diavolerie) erano frutto della sua fantasia e, dopo una registrazione di prova dal risultato avvilente, George Martin fu costretto a chiedere in prestito agli Abbey Road Studios due consolle a 4 piste per poter utilizzare il registratore Studer a 8 piste recentemente acquistato dalla Apple.

A questo punto venne presa la decisione che  le immagine registrate fino a quel momento e da quel momento in poi venissero destinate a un lungometraggio intitolato, come pure l’album in progetto, GET BACK.

In quei giorni George incontrò Billy Preston che era di passaggio a Londra e lo invitò a partecipare alle sessioni di registrazione nello studio Apple di Savile Row. La sua presenza si rivelò benefica riuscendo a stemperare le tensioni in memoria dei tempi felici in cui si erano conosciuti quando lui militava nella band di Little Richard condividendo il cartellone con i Beatles agli inizi della loro sfolgorante carriera, in piena sintonia col progetto di ritorno alle origini (Get Back).

I quattro riuscirono a mettere da parte gli screzi e dedicarsi a ció che era stato per anni il loro punto di forza e formidabile collante: fare musica.

Il 22 gennaio iniziarono le sedute di registrazione e i nastri furono lasciati perennemente in funzione, catturando interminabili sessions che alternavano improvvisazioni, rivisitazioni di classici  rock ‘n’ roll e rhythm & blues del loro repertorio dei tempi di Amburgo ai brani originariamente destinati allo show televisivo e abbozzi di brani che sarebbero in seguito comparsi sull’album Abbey Road o su futuri album solisti dei Quattro.

Ritrovata l’atmosfera ideale anche George si lasciò convincere all’idea di un concerto a sorpresa sul tetto della palazzina della Apple al numero 3 di Savile Row.

Il 30 gennaio 1969, all’ora di pranzo di una fredda e grigia giornata londinese, i Beatles con Billy Preston al piano Rhodes salirono sul tetto per la loro ultima apparizione dal vivo, paralizzando il traffico nelle vie sottostanti. Il concerto durò 42 minuti, di cui solo circa la metà inseriti nel film pubblicato in seguito col titolo LET IT BE per la regia di Michael Lindsay-Hogg, e venne bruscamente interrotto dall’intervento della Polizia durante il bis del brano Get Back mentre Paul cambia ironicamente il testo dell’intermezzo parlato in “Avete suonato un’altra volta sui tetti e lo sapete che alla mamma non piace, ora vi farà arrestare”, il tutto documentato dalle telecamere in azione e tramandato ai posteri.

Alla fine John Lennon ringraziò l’occasionale pubblico a nome del gruppo augurandosi ironicamente di aver superato l’audizione.

beatles

I brani eseguiti nell’ordine dai Beatles:

  1. Get Back (prova sound-check)
  2. Get Back (versione completa, nel film appare una versione mix di queste prime due)
  3. Don’t let me down
  4. I’ve got a feeling
  5. The One after 909
  6. Dig a Pony
  7. I’ve got a feeling (versione alternativa non presente nel film)
  8. Don’t let me down (versione alternativa non presente nel film)
  9. Get Back (versione interrotta dall’intervento della Polizia)

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