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THE BEATLES STORY, Parte 5nta – 1961 Vivendo Cantando

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Continua la fantastica storia dei Beatles con la quinta parte (leggi il racconto della 4rta parte).
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A partire da questo anno i Beatles non si sarebbero più guardati indietro, i tempi difficili erano ormai alle spalle e l’ascesa divenne costante, sempre più frenetica, inarrestabile.
In seguito al successo ottenuto alla Litherland Town Hall il 27 dicembre 1960, l’impresario Brian Kelly offrì loro seduta stante una scrittura per 36 esibizioni nei successivi tre mesi nel suo circuito di sale; altre scritture seguirono in un’escalation a macchia d’olio che li portarono ad esibirsi anche 2/3 volte al giorno e ben presto i Beatles si imposero come il gruppo di maggior attrazione nel Merseyside.

Chas Newby, il bassista che aveva sostituito Stuart Sutcliffe rimasto in Germania con la fidanzata Astrid Kirchherr, era tornato al college, ma non fu rimpiazzato da altri membri esterni al gruppo.

Fu Paul che decise di rilevare il ruolo di bassista dopo che George aveva declinato l’invito di John ad occuparsene.

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The Cavern Club

Il 9 febbraio i Beatles si esibirono per la prima volta con questo nome (ci avevano già suonato due volte nel 1957/58 come Quarry Men) al Cavern Club, grazie alle pressanti sollecitazioni sul proprietario Ray McFall da parte di Mona Best e Bob Wooler, che ne era diventato il Disc-Jockey ufficiale; da questa data fino al 3 agosto 1963 ci suonarono per ben 292 volte diventandone i dominatori incontrastati, consacrando il locale al ruolo di Tempio del Rock.

Il 1º aprile tornarono ad Amburgo dove li attendevano Peter Eckhorn e il Top Ten Club.

Organizzare la trasferta non fu cosa facile: su Pete e Paul gravava un provvedimento d’espulsione della durata di un anno e Mona Best dovette garantire, attraverso un intenso scambio epistolare con le autorità tedesche, sulla buona condotta dei membri del gruppo, ottenendo finalmente il condono per speciale concessione del Dipartimento degli Esteri.

Peter Eckhorn si offrì di pagare i costi del loro forzato rimpatrio, mentre George nel frattempo aveva compiuto 18 anni e poteva finalmente lavorare legalmente.

Il contratto iniziale di un mese fu prorogato due volte, per un totale di 13 settimane, fino al 1º luglio.

In questo periodo Stuart, ormai stabilitosi ad Amburgo, continuò a suonare con loro, ma saltuariamente, più propenso a seguire gli studi d’arte e la carriera di pittore e a coltivare la relazione sentimentale con Astrid Kirchherr. Una sera si presentò al Top Ten con un nuovo taglio di capelli ad opera di Astrid, provocando l’ilarità degli altri quattro, ma successivamente George accettò di sottoporsi allo stesso trattamento, mentre Paul e John non capitolarono fino al mese di ottobre, in occasione di un viaggio-vacanza di due settimane a Parigi (che i due intrapresero per festeggiare il 21º compleanno di John), dove si erano incontrati con Jurgen Vollmer, un loro fan di Amburgo amico di Stuart e Astrid, che li convinse ad abbandonare i propri ciuffi rock’n’roll a favore della nuova acconciatura che sarebbe presto diventata di moda come Mop Top o  “Caschetto alla Beatles”.

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15 ottobre 1961 – Di ritorno dalla vacanza parigina anche Paul e John decidono di adottare il taglio a caschetto.
Solo Pete Best non si adeguerà alla moda e fu questo uno dei pretesti usati per scaricarlo 10 mesi più tardi.

Le serate al Top Ten Club erano come sempre occasione di incontri con altri musicisti e spesso sfociavano in scatenate jam sessions. Uno dei frequentatori più assidui era Gianni Bonavera, sassofonista e seconda chitarra dei Rokketti, il gruppo italiano capitanato dai fratelli Mario e Santino Rocchetti che da due anni si era stabilito in Germania e che nello stesso periodo si stava esibendo nel vicino Kaffee Menke. Gianni instaurò un rapporto d’amicizia con Paul e George che più volte ricambiarono la visita andando ad ascoltarli al Kaffee Menke e successivamente al Blau Peter.

Una sera George, affascinato dal virtuosismo chitarristico di Santino (allora appena 15enne),  chiese il permesso per effettuare una registrazione della loro versione di Orange Blossom Special. Recentemente una copia del nastro originale è stata riportata alla luce grazie a una fan tedesca, rendendo possibile l’ascolto di questa preziosa testimonianza di un’epoca affascinante raccontata con dovizia di particolari nel libro di Mario Paparozzi (il bassista/cantante del gruppo) “I Rokketti: da Piazza Padella alla Reeperbahn” (Armando Curci Editore), un libro che non dovrebbe mancare nella biblioteca di ogni Beatles fan e di ogni amante della musica anni ’60.

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Oltre a esibirsi per proprio conto, i quattro di Liverpool accompagnavano anche le esibizioni di Tony Sheridan, il cantante inglese di cui erano diventati ammiratori e amici, che era stato involontariamente all’origine della loro rottura con Bruno Koschmider il precedente mese di novembre.

In Germania Sheridan aveva firmato un contratto discografico con la Polydor il cui direttore artistico era Bert Kaempfert, musicista e compositore, futuro autore di grandi successi quali Swinging Safari, Wooden Heart (Elvis Presley), Spanish eyes (Al Martino), L-O-V-E (Nat King Cole), Strangers in the night (Frank Sinatra), Almost there (Andy Williams), etc.

Kaempfert propose loro un contratto di registrazione e pubblicazione, che sottoscrissero di buon grado, come gruppo accompagnatore di Tony Sheridan.

Le registrazioni vennero effettuate verosimilmente il 22 giugno in un improvvisato studio ricavato nel salone di in un asilo e i Beatles accompagnarono Tony Sheridan in 5 brani per poi eseguirne due da soli (il vecchio charleston Ain’t she sweet con un arrangiamento twist e Cry for a Shadow, uno strumentale chitarristico sulla falsariga del gruppo di Hank Marvin che accompagnava Cliff Richard, a firma Harrison-Lennon).

Nel mese di agosto, quando i Beatles erano già tornati a Liverpool, la Polydor pubblicó su 45 giri due dei brani realizzati in quella giornata, My Bonnie e The Saints (una versione rock’n’roll di When the Saints go marching in), attribuendoli a Tony Sheridan & The Beat Brothers. Il disco raggiunse la quinta posizione nella classifica locale vendendo 100.000 copie.

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Ripresa l’intensa attività di serate nel Merseyside, forti dell’esperienza discografica in terra tedesca, i Beatles cominciavano a coltivare ambizioni sempre più grandi, ma Liverpool sembrava troppo fuori mano per poter destare qualche interesse presso le majors discografiche britanniche, prevalentemente dislocate e operanti in quel di Londra.

L’area pullulava di gruppi aderenti al nascente movimento beat, ma questo era poco o per niente coordinato e ancor meno pubblicizzato.

Bill Harry, un amico e compagno di scuola di John Lennon e Stuart Sutcliffe all’Art College, prese l’iniziativa di censire, collegare e pubblicizzare tutti questi gruppi sulle pagine di una rivista specializzata da lui stesso fondata, il Mersey Beat, che ben presto divenne la bibbia dei teenagers locali.

Naturalmente riservò un trattamento di riguardo al gruppo dell’amico John, al quale chiese di scrivere qualche articolo per la rivista.

Fu cosí che sul numero 2 di Mersey Beat, pubblicato il 20 luglio 1961, apparve per la prima volta un racconto in prosa a firma John Lennon “Being a short diversion on the dubious origins of Beatles” (“Breve disgressione sulle dubbie origini dei Beatles”), anticipando lo stile ironico e infarcito di Lennonsense del suo primo libro “In his own write” (titolo italiano “Vivendo Cantando”).

Il disco contenente “My Bonnie” e “The Saints” era stato pubblicato dalla Polydor solo in Germania, ma Stuart Sutcliffe ne aveva spedite alcune copie a Liverpool e George Harrison ne aveva data una a Bob Wooler, il disc-jockey del Cavern, che la proponeva costantemente nelle sue serate, invitando il pubblico a richiedere il disco nei negozi, sperando che qualche distributore si sarebbe deciso ad importarlo ufficialmente.

Accadde cosí che un sabato pomeriggio di ottobre, un giovanotto di nome Raymond Jones entró nel negozio di dischi gestito da Brian Epstein, rampollo 27enne di una facoltosa famiglia di origine ebrea proprietaria di una catena di negozi, richiedendo “My Bonnie” dei Beatles.

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Brian Epstein

Brian non aveva mai sentito nominare ne il disco né il gruppo, ma promise al cliente che avrebbe chiesto informazioni al fine di procurargliene una copia. Il lunedí successivo la stessa richiesta gli fu fatta da altri avventori e a quel punto decise di scoprire come mai un disco di cui non sapeva nulla e che nemmeno era presente sul Record Retailer, la rivista ufficiale con cui l’industria discografica segnalava le nuove uscite a distributori e commercianti al dettaglio, fosse tanto richiesto.

Dopo una serie di tentativi e telefonate a vuoto, quasi sul punto di rinunciare, incontrò Bill Harry che gli aveva consegnato le copie del Mersey Beat da vendere nel suo locale e gli espose il problema; con suo grande stupore venne a sapere che il gruppo non era tedesco, come aveva immaginato, ma di Liverpool e che si esibiva regolarmente al Cavern Club, poco distante dal suo negozio di Whitechapel.

Fu cosí che il 9 novembre 1961, spinto dalla curiosità, durante la pausa di mezzogiorno decise di fare una puntata fino al nº 10 di Matthew Street in compagnia del suo fido collaboratore Alistair Taylor. Scendendo i 18 scalini che portavano nell’umido scantinato, Brian s’immerse in un mondo a lui sconosciuto fino a quel momento, ma rimase affascinato da ciò che vide sul palco facendo scattare dentro di sé una molla destinata a cambiare il corso della Storia.

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