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venerdì, Luglio 26, 2024

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Luca Chiaravalli e la sua dedizione verso la musica – INTERVISTA

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di Alberto Salerno

Con Luca Chiaravalli era da tempo che ci eravamo ripromessi di fare quattro chiacchiere, soprattutto dopo la sera in cui, prima dell’estate, mi portò ad ascoltare in anteprima l’album di Gabbani, di cui rimasi entusiasta, e lo scrissi pure su FB, con la mia sincerità che mi accompagna nel bene e nel male.

A metà settembre ci siamo sentiti al telefono, e fissato un appuntamento in un ristorante di Gallarate, che vanta un’eccellente cucina. A differenza di me, Luca non è un gran mangiatore, comunque ordiniamo due piatti di pasta casereccia con sugo di lepre e un buon calice di rosso.

Luca Chiaravalli

E quindi si comincia:

Ciao Luca, sei in forma… non dirmi che hai lavorato anche questa estate, perché non ci credo…

In realtà ho lavorato abbastanza, tanti progetti in cantiere.

Gabbani ha fatto davvero un botto… non solo con i due singoli, ma anche con l’album… hai qualche cifra di vendite reali? Perché ormai qui non si capisce più niente fra visualizzazioni YouTube e Spotify.

Non saprei dirti nello specifico, è ancora presto, ma sicuramente è un disco che ci ha dato e ci darà tante soddisfazioni a più livelli.

Stai vivendo un momento molto importante per la tua vita professionale? Cosa ti ha permesso di fare uno scatto di qualità?

La dedizione su tutto, trovo che sia l’ingrediente principale per raggiungere degli obiettivi in campo artistico e professionale in genere. La dedizione racchiude in sé vari elementi fondamentali quali l’amore per il proprio lavoro e per la vita in generale, il rispetto per la musica, lo studio dei classici e delle novità che escono, lo studio di uno strumento che di solito si intraprende già in tenera età (ho iniziato a studiare il pianoforte quando avevo 8 anni), restare aggiornato sulle innovazioni tecnologiche legate all’uso del computer in ambito musicale, l’ascolto dei grandi che ti hanno preceduto e dei tuoi colleghi che stimi, la pazienza e la perseveranza, la collaborazione con altri, un buon team di lavoro, avere intorno persone ed artisti che credono in te, avere una grossa capacità di tollerare le frustrazioni e i fallimenti in generale, siamo sempre sotto esame nella vita e nella nostra attività professionale più che mai. Tutto questo mi stimola molto anche se a volte ovviamente genera scoramento negli animi sensibili, soprattutto in giovane età e agli inizi di carriera. Infine le affinità anche umane con l’artista con cui stai lavorando. Per scrivere buone canzoni serve in primis vivere, suona retorico ma è così. La dedizione scaturisce in modo naturale solo se hai scelto di portare avanti il “lavoro” che ami per il quale faresti grandi sacrifici.

Sono d’accordo sul fatto che la dedizione sia fondamentale, nessun lavoro si può fare a “spizzichi e bocconi”. Forse non lo sai ma Lucio Battisti lavorava otto ore al giorno.

Senti, il mercato italiano si è molto ridotto… si riesce ancora a vivere di musica? E cosa consiglieresti a un giovane che vuole fare musica? Ci sono ancora delle buone opportunità?

Il mercato discografico non gode di ottima salute, questo è un dato di fatto ma personalmente non posso lamentarmi. Riesco a vivere bene di musica senza scendere a compromessi, è un regalo prezioso che la vita mi ha fatto, molto raro, sono fortunato per questo. Ai giovani direi che si può ancora vivere di musica in modo più che dignitoso. Ai seminari che ho tenuto recentemente ho detto sempre che se sono riuscito io a trovarmi una condizione così favorevole potrebbe farlo chiunque e non è falsa modestia, lo penso veramente. Il segreto che ho sperimentato sulla mia pelle l’ho detto nella domanda precedente. Anche il web aiuta a divulgare qualcosa di bello, sta a noi scrivere e produrre musica di qualità e idee interessanti ed accattivanti che catturino l’attenzione della gente. Una bella canzone è fatta di idee.

Per cui, tutto sta nella qualità delle proposte artistiche. Comunque sta di fatto che per molti sconosciuti è quasi impossibile riuscire a far sentire le proprie canzoni… come sai, noi con l’Officina (Officina della Musica e della Parole ndr) tentiamo di creare un ponte di collegamento. Ma andiamo avanti… la formula Gabbani la trovo molto interessante, da quello che ho capito hai condiviso con Francesco, suo fratello e Ilacqua tutto il lavoro, canzoni, suoni e arrangiamenti… è così? E se si, la replicheresti con altri?

Spesso quando seguo un artista e penso al suo disco cerco di creare un team adatto alla tipologia dell’artista stesso che sto producendo, cerco autori con cui scrivere che penso possano creare canzoni su misura come fa un sarto. Nel progetto Gabbani è stato il caso a metterci insieme, anzi Dino Stewart della BMG (uomo alquanto lungimirante). Con Fabio Ilacqua siamo amici fraterni da più di vent’anni ma non avevamo mai lavorato insieme a qualcosa, ci confrontavamo solamente sulle nostre creazioni nei nostri incontri amichevoli, puoi intuire la nostra gioia nel trovarci insieme a lavorare con tanto amore ad un nuovo progetto. La forza di questo team “Gabbanico” credo sia soprattutto il legame stretto che c’è fra noi quattro, raro da trovare nell’ambiente, siamo quattro amici prima di tutto poi abbiamo ovviamente un’affinità creativa rara, spesso nella fase di composizione e produzione quando un brano subisce degli intoppi creativi uno di noi a turno riesce miracolosamente a sbloccare la situazione con un’intuizione vincente. Ci siamo veramente divertiti a realizzare “Magellano” che abbiamo scritto e prodotto in poco più di un mese partendo certo da alcuni embrioni di canzone già preesistenti. Solo “Occidentalis Karma” ha avuto una gestazione molto lunga tra limature e parti sconfessate e riscritte di sana pianta, un brano molto pensato e “cesellato”, le altre canzoni sono state completate abbastanza in fretta per tutto il mese di marzo.

Senti… hai vinto due volte Sanremo… una doppietta abbastanza inusuale nel nostro ambiente. Come le hai vissute le due esperienze? Cosa ti è rimasto?

Gli ultimi tre festival sono stati speciali per me, il secondo posto di Nek nel 2015 considerato in seguito il vincitore morale di quell’anno e poi le due vittorie consecutive con gli Stadio e con Gabbani, entrambe inaspettate, mi hanno riempito di gioia ovviamente. Questi traguardi importanti ti lasciano dentro una bella sensazione e sono la conferma che stai avendo la giusta attitudine nei confronti del tuo lavoro cioè fare le cose che ti piacciono per metterci sempre tanta dedizione e tanto amore (vedi sopra) e dedicarti ad un artista alla volta, essere monogami come in amore appunto paga sempre. Una volta raggiunti dei traguardi o dei riconoscimenti anche importanti però mi viene subito di ripartire con nuovi progetti, è proprio vero che la goduria vera è quando stai inseguendo qualcosa ed hai una visione.

Su cosa stai lavorando ora?

Sto realizzando due versioni repack di due dischi che ho fatto e ho in mente una nuova sfida sanremese di cui preferirei non dire ancora nulla.

Che cosa vorresti fare e che non hai ancora fatto? Cosa ti manca, da un punto di vista professionale?

Ci sono molti artisti italiani e stranieri che mi piacciono con cui non ho ancora lavorato. Mi piace sognare e pensare di poter collaborare con loro. Never say never. La vita ha più fantasia di noi.

Parliamo dei tuoi hobby… cosa fai quando non lavori?

Leggo molto e sono appassionato di cinema e di corse in macchina con la musica ad altissimo volume.

Cosa leggi?

Saggistica, romanzi e biografie. Leggere molto ti agevola nella stesura dei testi tra l’altro.

Cosa ti piace ascoltare della musica del passato?

Tra gli italiani Lucio Dalla su tutti, Beatles, Ray Charles, the Police, tantissimi altri, la lista è lunga, trovo che nella musica del passato ci sia qualcosa di inarrivabile, hai notato come sia difficile pensare ad evergreen recenti. Ora si scrivono successi stagionali ma poche canzoni superano il passare del tempo. Un tempo si scriveva in modo più universale credo. Certe canzoni e certi artisti erano già così moderni ed originali. Spesso gli evergreen erano qualcosa di così particolare da sconfessare la tendenza del momento e per questo forse rimanevano impressi nell’immaginario collettivo per sempre come qualcosa di dirompente ed inusuale. Un po’ di questo azzardo ai giorni nostri si è perso, è un peccato, anche se devo dire che ancora oggi riesco a trovare della musica sorprendente e meravigliosa. Senza pensare ad artisti stranieri, Lorenzo Jovanotti ad esempio riesce sempre a sorprendermi in ogni disco che fa. Attendo trepidante il prossimo con Rubin tra l’altro. Beh tu di evergreen ne hai fatti … ti sto facendo troppi complimenti Albert non va bene. 

Non credi che stia diventando un po’ noiosa questa polemica fra i grandi successi degli anni ’70/’80 con quelli di oggi? Non credi che sarebbe ora di accettare il sistema così com’è?

Non credo ci sia una reale polemica, semplicemente l’arte in generale rispecchia i tempi in cui è estrinsecata. Ci sono tantissime canzoni perfette in giro, credo sia cambiata la fruizione della musica in generale. Qui si potrebbe aprire un dibattito molto più ampio.

Sei un rivoluzionario?

A mio modo cerco di esserlo. A volte lo sono involontariamente.

Pop per te cosa significa?

Qualcosa che colpisce interiormente un grandissimo numero di persone. Qualcosa che non è mai stato fatto e che non ci si aspettava ma che miracolosamente tocca la sensibilità collettiva.

Bene, vedo che, come me, ti sei divorato la pasta casareccia… ciao Luca! Alla prossima!

ehi Alberto la prossima volta però invitami a casa, pochi sanno che sei anche un grande cuoco. Cucina evergreen. 

Ahahahahaha

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