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sabato, Luglio 27, 2024

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Desessualizzazione delle cantanti italiane – Parte Seconda

di Michele Monina

Ancora sulla desessualizzazione delle cantanti italiane.

Tette e culi. Provate a mettere foto di tette e culi su un qualsiasi post sui social e vedrete che impennata di visualizzazioni otterrete. Non è certo una scoperta fatta da me. Né una scoperta recente. Da sempre funziona così. Seppur appartenenti alla sfera della normalità, e volendo anche del quotidiano, tette e culi continuano a muovere il mondo.

Fermi tutti, non tacciatemi di maschilismo, perché siete fuori strada e perché questo articolo, seguito del precedente dedicato alla Desessualizzazione delle cantanti italiane, prova semplicemente a fotografare un dato di fatto, cercando ipotetiche spiegazioni, o quantomeno cercando di aprire un dibattito a riguardo.

Perché, se ne parlava appunto qui, nonostante l’indubbio potentissimo appeal che la sfera della sessualità e della sensualità ha per il mondo contemporaneo, come abbiamo visto da qualche anno a questa parte detta sfera è scomparsa dall’orizzonte delle cantanti e cantautrici italiane. E se la volta scorsa mi sono concentrato sull’estetica, parlando di look, di attitudine, concentrando quindi l’attenzione sullo sguardo, oggi vorrei spostare il discorso sulle canzoni.

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Se infatti va sottolineato un merito della deriva desessualizzata dell’estetica delle nostre cantanti (da ora in poi chiamerò così anche le cantautrici, non me ne vogliano), è proprio quello di essere assai coerente con le poetiche messe in campo dalle cantanti medesime, a sua volta del tutto desessualizzato. È come se i sentimenti, sbandierati e sviscerati in ogni loro aspetto, avessero praticato un’invasione di campo nell’immaginario delle nostre cantanti, non lasciando libero nessuno spazio per altro. Di più, è come se in questa invasione di sentimenti e sentimentalismi, il corpo delle donne fosse automaticamente uscito di scena, impresentabile e irraccontabile.

Anche qui, fermi tutti, qualcuno potrebbe cercare di spostare il discorso sui cantanti e i cantautori, probabilmente anche legittimamente, ma al momento mi sto occupando di cantanti e cantautrici italiane, non andiamo fuori tema.

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Si parlava quindi di impresentabilità e irraccontabilità. Questa è una faccenda recente, diciamo del nuovo secolo. Anche sforzandomi non mi vengono in mente brani in cui si parli di sesso, se non con intenti provocatori (e anche qui, molto raramente) e involontariamente divertenti (come in Muchacha di Anna Tatangelo). Nessuna Pensiero stupendo di Patty Pravo, per intendersi, nessuna America di Gianna Nannini, ma, per andare più verso il pop vero e proprio, neanche nessuna Nell’aria di Marcella Bella, e il discorso potrebbe andare avanti a lungo.

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Oggi si parla di cuore, certo, si parla di rapporti interpersonali, ma è come se trent’anni e passa di berlusconismo (siamo seri, il berlusconismo è cominciato con l’arrivo delle televisioni commerciali nazionali, non certo con la sua discesa in campo) e la conseguente oggettificazione della donna, si leggano le varie traiettorie legate a Noemi Letizia, alle Olgettine, a Ruby, alla D’Addario, alla Minetti, e per contro ai Se non ora quando, al Corpo delle donne della Zanardo, all’ascesa delle neo-femministe in chiave antiberlusconiana, alla De Gregorio, ecco, è come se con tutto questo anche il solo pensare di parlare di corpo femminile fosse diventato un taboo. Figuriamoci se invece che limitarsi a parlarne si pensasse di andare oltre, di giocare sulla sessualità, o anche solo di affrontarla, di mettere in scena la sensualità. No, equivarrebbe a finire dall’altra parte della barricata, essere confusa con quel mondo lì.

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Questa chiaramente è solo una ipotetica lettura di quello che, comunque, è un dato di fatto, anche le canzoni delle nostre cantanti e cantautrici sono del tutto desessualizzate. Anche quando si rifanno, più o meno smaccatamente, a matrici anglosassoni. Pensiamo a Elisa. Sostenere che, nella prima parte della sua carriera, si sia ispirata a Alanis Morrisette penso non farebbe storcere il naso a nessuno. Era lei stessa a indicarla come modello. Al punto da scegliere il suo produttore, Glenn Ballard, quando ha veramente tentato di varcare i nostri confini per testarsi sul mercato americano.

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Bene. La canzone che ha lanciato a livello internazionale Alanis Morrisette, You Outta Know, tratta dall’album del 1995 Jagged Little Pill, è un vero cazzotto in faccia. Parla sì di una storia d’amore, ma essendo la protagonista una ragazza lasciata dal suo fidanzato, chiamato Mr Doppiezza nel testo, e essendo piuttosto infuriata col suo ex e con la ragazza che lo accompagna adesso, Alanis non lesina certo frasi dure, esplicite. Su tutte, la più nota, è quella in cui si chiede se anche la sua nuova ragazza gli fa i pompini al cinema. Bene. Immaginatevi un passaggio del genere in un brano di Elisa. Provateci, se ci riuscite. Ma pensatelo anche nel brano di una qualche altra cantante o cantautrice italian uscita nel passato prossimo.

Certo, ci sono le solite pochissime eccezioni, da Ada Reina a Romina Falconi, ma stiamo parlando di artiste di nicchia. Non stiamo parlando di un brano provocatorio, citando You Outta Know, niente tipo A chi la do stasera di Nadia Cassini, di Kobra di Donatella Rettore, per capirsi, o di una Comprami di Viola Valentino. Qui si racconta in maniera piatta e piuttosto veritiera una storia d’amore andata a male, e non si può non tirare in ballo la sfera sessuale.

Romina Falconi
Romina Falconi

Cioè, perché Gianluca Grignani può permettersi di cantare “Ti raserò l’aiuola, quando ritorni da scuola” e non possiamo neanche prendere in considerazione un’ipotetico corrispettivo femminile. Perché, sempre per giocare, i rapper maschi possono fare continui riferimenti al sesso, alle sgrille, per usare un termine orribile evocato dai Club Dogo, e Baby K, che avrebbe non solo le qualità artistiche, ma anche la giusta fisicità per farlo, non finisce per essere il corrispettivo rap di una cantante pop?

Cioè, non ci saranno anche in Italia donne interessate a parlare di Eros, non nel senso di Ramazzotti? Perché una Madonna, quando si trovava sui boulevard losangeleni a fare l’autostop completamente nuda non è che stava semplicemente mettendo in atto una clamorosamente provocazione, stava dicendo a un pubblico mainstream che sì, anche le donne vogliono poter parlare di erotismo, di sesso, e va detto che il messaggio è arrivato bello chiaro.

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Se davvero è una reazione all’uso del femminile fatto durante l’epoca berlusconiana, quello che sta vivendo ora, beh, forse sarebbe il caso di scrollarsi di dosso questa zavorra e ricominciare a raccontare il femminile a 360°.

Chiudo questo discorso, consapevole che il discorso è troppo ampio anche per due articoli, e che forse sarebbe il caso, anzi, è il caso di coinvolgere le dirette interessate.
Come diceva Corrado, non finisce qui.

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