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sabato, Luglio 27, 2024

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DA NILLA PIZZI A BLANCO – Storia floreale di Sanremo

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Quando la tv era in bianco e nero Nilla Pizzi cantò a Sanremo “Grazie dei fior”, che sembrava uno spot dei fiorai della città.

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Fu un grande successo. Poi ci furono i Giganti in epoca beat che cantarono “Mettete dei fiori nei vostri cannoni”. In epoca trash Enrico Beruschi cantò “Sarà un fiore” che si riferiva a ben altro con sottinteso sessuale.

Nel 1988 anche il sottoscritto con i Figli di Bubba, non esitò a lanciare un mazzo di fiori nelle prime file in platea. Il mazzo estratto da una valigia, come a significare che eravamo lì per caso, pronti a ripartire subito dopo, cadde sulla testa di un signore vestito come un invitato a un matrimonio a Nashville. Ricordo che il tizio lo prese tra le braccia come un bouquet lanciato da una sposa e se lo tenne tra le gambe fino a mezzanotte inoltrata. Spassoso.

In epoca digitale ecco la performance di Blanco che ha preso a calci i fiori distruggendo tutto l’addobbo floreale, facendo passare la performance dei Placebo a livello di una performance dello Zecchino d’oro. Il simpatico ragazzo ha confessato ad Amadeus che anche senza il difetto dell’audio, avrebbe ugualmente preso a calci i fiori. Sublime.
Attenzione però… Blanco ha citato persino Orietta Berti in “Io tu e le rose” dato che nel suo ultimo videoclip del brano in questione, canta immerso nelle rose che poi distrugge. Sarà un caso? Macché puro marketing, forse era tutto programmato.

Sui social i soliti babbioni offesi dal suo gesto, hanno commentato manco fossero al raduno a Rimini di Comunione e Liberazione. Tra questi ho riconosciuto amici che spargevano lodi agli Who che fracassavano chitarre e batterie sul palco, a Jimi Hendrix che incendiava la sua Fender e ad altre diavolerie rock.

Ora il paragone con Blanco, mi rendo conto, è più blasfemo di una canzone di Marilyn Manson, ma sinceramente non comprendo tutta questa finta indignazione, considerando il loro background da ex figli dei fiori.

Evidentemente il Festival riesce a rendere tutti buoni più che a Natale. Diciamoci la verità, per una volta almeno nella vita, ognuno di noi sogna di salire su quel palco e metterlo a soqquadro, magari per scherzo, ma poi si accende il televisore e la melassa zuccherosa del Festival, ci trasforma come il pubblico presente all’Ariston.

Gente che spende più di quattromila euro in una settimana tra acquisto dei biglietti, hotel, ristoranti, vestiti da sera, senza contare le perdite al Casinò. Tutti addobbati a festa con vestiti orribili confezionati da sarti miopi. Il pubblico dell’Ariston rappresenta il peggior gusto possibile. Non si vede un giovane neanche con il biglietto gratuito in tasca.

Questa gente è cresciuta contando i fagioli della Carrà, abbonandosi a Tv Sorrisi e Canzoni, votando la Democrazia Cristiana, facendo la fila per ore al freddo davanti a un hotel, per chiedere un autografo ai Jalisse. Tutti figli del nazional popolare d’origine protetta.

Si siedono adoranti sulle poltroncine dell’Ariston, spennati come polli d’allevamento, guardano il palco come se fosse la Cappella Sistina e si commuovono per canzonette strappalacrime firmate da 7 persone.

Applaudono tutti, basta che i cantanti ringrazino il conduttore, il pubblico e l’orchestra. Se poi si esibiscono i Pooh in un interminabile medley dei loro hit, ecco che si alzano dalla sedia e si sbracciano come tarantolati in trance, felici come se avessero vinto la lotteria di Capodanno. Meraviglioso.

In confronto a Sanremo, l’Eurofestival sembra una fotografia di David Lachapelle, pura Pop Art iperrealista. Sono pronto a scommettere che stamattina metà platea dell’Ariston ha scritto al Codacons per querelare Blanco ed estrometterlo dalla Rai per almeno dieci anni.

Certo prendere a calci i fiori, non è una bella cosa, ma i fiori a Sanremo non sono fiori normali, sono simboli, icone, raffigurazioni religiose di un evento mistico che da 73 anni provoca autentiche processioni di fedeli che partono da ogni punto cardinale del Paese.

Fedeli che immaginano statuette piangenti raffiguranti la Pausini mentre canta “Strani amori”. Ovvio che a costoro Blanco è apparso come un anarchico sovversivo, un pericolo pubblico numero uno, un cantante da scomunicare.

Dopo tutto questo clamore, Blanco ha solo due scelte: o ripartire subito da Sanremo per tornarsene a casa, ascoltando in macchina una canzone dei Black Sabbath o tornare di nuovo sul palco genuflettendosi e chiedendo perdono, magari cantando in duetto con Gianni Morandi “In ginocchio da te”. Immagino che accadrà.

Chiudo con un simpatico aneddoto. Stamattina il fiorista sotto casa mia ha appeso un cartello in vetrina con la scritta: “Per cortesia non prendete a calci i miei fiori, non sono di Sanremo”. Un genio.

PS. Mentre pubblicavamo questo articolo sono arrivate le scuse ufficiali di Blanco tramite un suo post su Instagram, con un biglietto scritto di suo pugno, che vi riportiamo di seguito… così il duetto con Morandi “In Ginocchio da te” ora è assicurato.


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