Premetto che non sono un vecchio babbione. Adoro lavorare con i giovani e li seguo sforzandomi di imparare qualcosa di nuovo da loro. Non frequento i miei coetanei perché non sopporto le nostalgie. Il passato è passato per definizione e non torna. Ho imparato nel tempo a distinguere la memoria dalla nostalgia. Certo però che se tornasse un po’ di buona musica sarebbe bello per tutti, giovani e babbioni. Non è il caso del noto concertone del primo maggio, a cui bisognerebbe avere il pudore di togliere l’accrescitivo e chiamarlo semplicemente concerto o meglio ancora, festa di piazza.
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Mi sono messo davanti al televisore con tutte le buone intenzioni nella speranza di vedere e di ascoltare qualcosa di musicalmente interessante, ma quando è troppo è troppo e dopo un’ora ho desistito. Mi sono sintonizzato all’inizio dell’esibizione di tal Rancore. Rancore si presenta tosto, non con l’aria di uno che urla “su le mani” per forza, ma poi canta una canzone che come melodia e arrangiamento sembra una canzone dei Ricchi e Poveri. Imbarazzante. A vederlo ha circa vent’anni o poco più ma a sentirlo ne dimostra settanta.
Dopo di lui sale una band dal nome suggestivo: Psicologi. Praticamente identici a mille altri. L’attitudine è la stessa. Carattere zero. Tutto molliccio e solito birignao simil rappa dei poveri. Sembra un’esibizione da festa di fine liceo in una birreria per festeggiare il diploma. La cosa sorprendente è che nelle prime file un sacco di ragazzi conoscono il testo della canzone esangue e la cantano in coro. Beata gioventù.
Subito dopo, sale un certo Venerus. La band è vestita nello stile demenziale degli anni ottanta. Un po’ di trovarobato etnico a caso. Uno indossa un cappello che sembra un copri lampadina di un abajour. Il “front man” invita il pubblico a cantare in coro una canzone di Bob Marley. Figuriamoci se la conoscono. Il repertorio di Bob Marley non è mica conosciuto come quello dei Psicologi. Infatti nessuno la canta anche perché l’esecuzione dei Venerus ha la stessa potenza e forza di un gattino che non mangia da sette giorni. Rispetto per i Venerus che almeno ci hanno provato, però ragazzi, almeno provatela bene prima di suonarla su un palco.
Subito dopo entrano i Coma Cose, tutti vestiti di giallo canarino. Sono carini, teneri, semplici. Peccato cantino una canzone il cui testo recita:
“Che schifo avere vent’anni/ ma quanto è bello avere paura/Fammi fare i soldi come i rapper/che così dividiamo”.
Se questi sono i rapper che fanno i soldi, buonanotte ai suonatori disoccupati.
Resisto. Mi chiedo, speriamo che il prossimo sia meglio. Macchè. Qui si tocca il culmine. Ambra lo presenta come se fosse il salvatore della Patria.
Il palco gira e un tal Valerio Lundini accompagnato da un gruppo che prende il nome della Zanicchi, che però non è la loro nonna. Qui si mette in scena una canzone per la pace e contro la guerra. Uno pensa a “War is over” di Lennon, ma sbaglia clamorosamente. Il brano è un inedito (o sarà stato pubblicato? E da quale sordo?) il cui testo recita:
“Solo la musica ci può salvare da un imminente scoppio di un conflitto nucleare”.
Beata l’ingenuità. Chissà se Putin ascolta la musica? Fin qui nulla di grave, ma un certo punto il Lundini interrompe l’esecuzione e dice al pubblico, recitando peggio di un comico di Colorado, che al telefono in diretta c’è qualcuno che ha una notizia importante. Sembra vero, invece si sente una voce registrata di un finto Putin che dice in russo, tradotto da Lundini che notoriamente parla perfettamente il russo, che dopo aver ascoltato la sua canzone ha deciso di fare la pace con l’Ucraina. Tripudio. La guerra in Ucraina viene ridotta a una gag da avanspettacolo da Bagaglino. Inorridisco.
E’ troppo. Prendo il telecomando per cambiare canale, ma la gasatissima Ambra presenta Le Vibrazioni. Band che finalmente conosco e anche bene. Fanno un buon rock. Hanno esperienza e Sarcina è un ottimo front man. La differenza con chi li ha preceduti si sente ed è anche fin troppo esagerata, direi persino colossale. A confronto, Le Vibrazioni sembrano i Foo Fighters. Il suono finalmente arriva. Si sente tutto e bene e il pubblico risponde con un boato. Era ora.
A questo punto, prima di spegnere il telecomando dato che Ambra annuncia la pubblicità, mi chiedo se non fosse stato meglio per gli organizzatori e per il pubblico, invitare al primo maggio non 40 gruppi o solisti scarsi, ma magari la metà e bravi. Capisco la necessità e la grazia di promuovere band semisconosciute da un grande palco in una manifestazione storica. Ma se non sanno suonare e rappresentano una musica dilettantesca, perché farlo? Il fatto che siano giovani è sufficiente per mandarli allo sbaraglio? Non credo. Perchè il Concerto del primo maggio deve ridursi a una riedizione postuma di Ariccia o di Castrocaro?
Il torto di questa “direzione artistica” che mette in scena un cast disordinato, confuso e inascoltabile composto da dilettanti allo sbaraglio, è che fa apparire X Factor una sorta di Italian Music Hall of Fame. Persino il teatro Ariston a confronto del palco del primo maggio, diventa una sorta di Carnegie Hall. Non bastano i proclami sulla Pace e sull’Ambiente, peraltro presentati con una banalità imbarazzante, a giustificare un panorama musicale così sciatto e inutile. Con questo tipo di mediocrità, tutto, contenuti politici e sociali compresi, si svaluta inesorabilmente. Viva qui, viva là, come siamo belli, giovani e pacifisti, ma chi se ne frega se la musica fa cagare.
Lo confesso, non ho resistito. Ho spento la tv. Come avrei potuto sorbirmi altre tre ore del “concertone” con queste premesse? E’ stata l’ennesima occasione persa e mi è dispiaciuto perché con la buona musica ci sono nato, cresciuto e invecchiato. Nessuno pretende che nascano i nuovi Beatles in Italia, ma santissimo cielo ragazzi, imparate almeno a suonare e a cantare come i Maneskin. Mollate sto birignao semi rapper e mostrateci il vostro talento, se ne avete, altrimenti iscrivetevi a una scuola di musica e di composizione e tornate quando sarete pronti. Fatelo sul serio e non tanto per voi stessi, quanto per la vostra generazione, e vi ameremo per sempre. Grazie.
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