Gli album innamorati sono sempre belli. Gli album che risuonano dell’innamoramento hanno il fascino della piccola rivoluzione che li ha creati, quella stessa piccola rivoluzione interiore che hai sentito anche tu quando il mondo ti ha parlato in un modo nuovo.
Calcutta mi piace per questo.
Calcutta nel suo nuovo album “Evergreen” (leggi nostro articolo) racconta quello che sente e non è mai un esercizio semplice. Così, lui sente banalmente il cuore a mille (“Paracetamolo”) o più intensamente si sente briciola sul tavolo dell’universo, oppure ancora si sente nella polpa di un kiwi dove poter eroticamente essere sepolto (“Kiwi”).
Di Calcutta penso che sia un cantautore bravo, come da tempo non ne avevamo. Essere un cantautore vuol dire che non stai facendo un album per le radio o per ballare o per le feste; lo stai facendo per il bisogno di raccontare qualcosa che non ci sta più dentro di te.
Così questo “Evergreen” te lo devi ascoltare con i suoi pezzi tutti in successione. È tutto bello? Forse no, personalmente trovo poco convincenti due episodi (la musicale “Dateo” e “Rai”), ma in fondo chi se ne importa.
Calcutta ti porta nel suo mondo, ti ci porta aprendo la porta della sua anima artistica bagnata da qualche lacrima, da spezzoni di film rimescolati in un blob dei nostri anni (“Sono tornato da New York e mi hai portato sulle scale e mi hai chiesto un orgasmo profondo forse più profondo del mondo”), da un amore a tratti commovente per ciò che è la nostra vita (“Dai non fa niente, mi richiamerai da un call center e io ti dirò uè deficiente negli occhi ho una botte che perde perché mi sono addormentato di te” in Pesto), le emozioni che ci passano dentro (“La cosa piu bella che hai è la tua saliva che sbatte i miei pensieri a riva” in Saliva), il bisogno di sentirsi allo stesso tempo amati come quando eravamo bambini ed “eravamo soli a consumare le unghie” (in “Hubner”, che poi sarebbe il calciatore del Brescia che rinunció a un contratto il Inghilterra per stare vicino alla famiglia).
Non ho detto nulla della musica, è vero: il minimalismo sonoro di Calcutta sa togliere più che aggiungere, e togliere oggi è coraggioso.
Il brano più emozionante apre l’album: “Briciole”. Che parte piano e continua piano e vocalmente si muove ricordando a tratti melodie di un’Italia che non c’è più. Ma quelle parole che ci mette Calcutta trasformano il pianoforte in una orchestra. “Se credessi a tutto quel che dici sarebbe certo un rischio rimanere qui, ma le tue parole suonano ridicole e il mondo è un tavolo e noi siamo le briciole”.
Ecco, Edoardo D’Erme, in arte Calcutta, sa raccontare quello che ti accade quando senti cambiare il tuo cuore: è questo il tratto di un artista, portare l’immateriale nella materia, dare una forma fisica all’energia, trasformare il racconto dell’anima nella storia di noi. Questo fa Calcutta, e non è importante se ne è consapevole.
Tracklist “Evergreen” – Calcutta
1)Briciole
2)Paracetamolo
3)Pesto
4)Kiwi
5)Saliva
6)Dateo
7)Hubner
8)Nuda nudissima
9)Rai
10)Orgasmo
Ricordiamo che il cantautore di Latina il 21 Luglio si esibirà allo stadio Comunale Domenico Francioni a Latina e il 6 Agosto all’Arena di Verona (leggi nostro articolo).
Facebook Comments