di Michele Caccamo
Le loro armonie sono arterie della vita: ora migliaia di filamenti bianchi, che si intrecciano per le strade, ora panni a tinte accese e vive, tessuti per un’avventura umanitaria.
Hanno suoni che arrivano pungenti, estesi come fossero bandiere tra i confini. La loro musica è una storia composita, compatta, resistente; retta da pietre forti, ornata da gesti teneri. E ci arriva la fragranza degli agrumi, il profumo dei mercati colpiti dal sole.
La voce leggera di Alessandra è una particella rigeneratrice per l’anima. Circoscrive le case, abbraccia gli altari, sostiene e protegge gli uomini. È una culla di cultura arte e sapienza.
Non avevo mai ascoltato brani così obbedienti alla Bellezza, così superiori nella ricerca musicale, nelle contaminazioni dei linguaggi e dei fonemi. Ogni passo è un’occasione educativa. Si salta per tetti o per onde di mare. Si naufraga per deserti. Nei versi delle loro canzoni appaiono tutti i volti delle comunità indifese, che siano turche siciliane marocchine o che siano più decisamente arabe.
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La chitarra di Andrea che arpeggia è un appello per gli angeli: sembra voler chiedere perdono a Dio per la nostra vita malata: i missili le guerre la fame, lo sbando della civiltà. Sembra voler dire: “noi siamo una porzione dell’Intero, organizziamoci in Amore, decliniamo l’appartenenza; scalciamo il freddo dalle vie dagli animi dai sassi. Poniamo su questa terra un velo di umanità, civile, colta, solidale e giusta. Creiamo una rete a maglie larghe, affinché vi passi luce aria aromi e sole.”
È regolare la loro denuncia, un panneggio sacro teso come esempio di richiamo: perché dovremo anche uscire da questa maledizione in cui ci siamo cacciati e portarci con energia verso l’evoluzione spirituale; perché dovremo far mancare alla disumanità la nostra forza, essere combattivi e indisciplinati contro le malefatte dei distruttori.
Il cuore dell’Uomo, sembra vogliano dirci, è un affaccio, una porta del mare; è la frontiera il centro la periferia, il passo svelto verso l’identità spirituale.
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Sorprendenti i battiti degli accordi: quando definiti e reali quando mescolati a sonorità oniriche. Ogni loro pezzo è un viaggio imprevedibile. Si passa dalla soavità alla rudezza: dalla pietra al cotone dal marmo al miele. Un trasporto che celebra le differenze umane, e Alessandra ne festeggia i particolari con alti e bassi nel tono.
Eccoli, vogliono dire i Rebis, tutti riuniti gli Uomini, eccoli in un’unica atmosfera d’Amore. Folli se ancora non ci credete e continuate piuttosto a seguire la polvere del progresso. Ecco servite a voi le nostre gocce d’olio, sono quanto di più miracoloso abbia la Meraviglia. Tenetele nel petto, come cura divinatoria.
I Rebis, con la loro musica, intendono ripetere l’esperienza dei Purissimi: riportare la vita al primo Incanto e senza la sporcizia delle nostre menti. Un atto di purificazione che passa attraverso la musica o meglio la loro intonazione con l’universo supremo, magnificente. Che adesso si ascolta si sente.
VIDEO-Da una antica canzone greco‐turca “Űskűdar’a‐Apó Xenó Topó” – “La goccia d’olio”, colonna sonora di una favola bilingue (arabo‐italiano) per bambini, scritta da Anna Kamen’tov
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Sito dei REBIS—>QUI
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