C’è ancora fuoco ai piedi del vulcano, e molti di quei dolori ancora capaci di tremare nel petto. I vicoli sono sempre più stretti che ha difficoltà a districarsi persino il vento, sono sempre più bui e tristi e oscuri. A volte sembra che anche il sole sia vuoto, e che voglia mettere paura. E allora si tengono in casa angeli di illuminazione, e statuine sacre che difficilmente hanno mai visto il cielo, e collane di aglio e corni, per tentare di scacciare le malvagità degli umani e degli infernali.
Napoli è un meraviglioso fallimento, una tortura che affonda nei secoli, una terra che non avrà mai riposo, che ha le vene ormai spezzate, uno scandalo nelle coscienze di tutti. È un male civile che continua a spaccare la gola e le ossa.
Ci vorrebbe un tiro, con precisione di freccia, al centro del cuore della Città per risvegliarla.
Gragnaniello però continua a combattere, si mette al servizio di Napoli con il suo fiore di poesia e continua a cantare di questo superiore rifugio d’amore; anche se lui nel cuore ha l’angoscia per la diserzione del coraggio.
E scrive del fondo di un mare ignaro della guerra in terra; scrive di Marialuna caduta dalle stelle perché aveva appena finito di giocare con la luce dell’universo; canta con la voce di uomo addolorato per la mancanza di pace; canta contro il destino, per esorcizzare il male; scrive e canta aspettando la libertà, o un bacio che gli tolga la sofferenza e gli faccia chiudere felice la bocca. Per poi tornare con dei movimenti musicali che sembrano di primavera, così che alla gente viene voglia di denudarsi perché non c’è più bisogno di decifrare i nomi di nessuno. Perché lui lo sa che basta cambiare i suoni i colori per far ritrovare a questo popolo la felicità.
“L’ammore è na rivoluzione” è un manifesto politico, un appello alla resistenza sociale, la richiesta urgente di allucinare la realtà. Perché bisogna evitare di rimanere uccisi, da chi sbanca tra i potenti gli indolenti i violenti gli arroganti, da quelli senza sentimento. Perché non bisogna dare tregua ai superbi ai volgari, a chi non è gentile.
Gragnaniello ci ricorda che la rivoluzione inizia dalle labbra che pronunciano parole di bellezza, che solo così si possono invadere le coscienze sporche, che solo così si può abbattere quel popolo di animali che ancora sporca questa Città. Gragnaniello davvero ci spera di vedere un giorno tutti quanti i napoletani con le mani aperte e piene di fiori e di frutti. Ci spera davvero di vedere apparire l’anima chiara stupenda e giusta e egualitaria come la misericordia.
“L’ammore è na rivoluzione” è un’opera struggente e straordinaria, con un pensiero complesso, bellissimo, luminoso e illuminante. Un’opera che guarisce dalla cecità.
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