Sulle orme di Fabio Fazio, Amadeus molla la RAI e va alla Nove da Discovery, che grazie alla Warner ha un bel tesoretto da investire nella televisione generalista.
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Già perché questo si tratta, della tv generalista, che è uguale a sé stessa, dovunque sia emessa e prodotta. Cambiano i broadcast ma il prodotto è lo stesso. Cambiano i tavoli ma la minestra è sempre quella della nonna, preferibilmente riscaldata.
Il passaggio di Amadeus indebolisce la RAI ma paradossalmente, a lungo periodo, indebolirà anche la 9, che si appresta a divenire una rete copia e incolla delle Reti generaliste RAI e Mediaset, ossia una rete senza una identità editoriale precisa, destinata a un target anziano, poco appetibile alle aziende, perché non ha un futuro e consuma di meno.
Ma sono anni che la televisione generalista produce format per anziani. I giovani, l’hanno capito già alla fine degli anni novanta, allontanandosi dalla tv per buttarsi sulla rete e sui social più idonei alla loro fruizione.
L’unico editore che è stato molto accorto e prudente a non buttarsi nel calderone generalista di intrattenimento puro, è stato Urbano Cairo che ha trasformato LA 7 in una rete di informazione destinata a un target medio alto ben preciso. Di programmi di intrattenimento su La7 c’è solo Propaganda, che peraltro si allinea ai contenuti della rete, essendo un format di satira politica e di costume. Può piacere o meno. Ma è indubbio che LA7 è l’unica rete che ha una sua forte identità.
La tv generalista l’identità non ce l’ha per definizione. Assomiglia a quei rotocalchi che si leggono dai parrucchieri. Di tutto un po’, anzi di tutto un poco, nel senso dei contenuti. La minestra ha sempre gli stessi ingredienti, ospiti, quiz, un po’ di gossip, canzonette, risatine e ammiccamenti e una valanga di quelle che il Chiambretti di una volta, aveva codificato in Markette.
In questo senso anche la politica di Sky Uno, che ha sposato il concetto generalista fino ad acquisire format che erano già stati emessi dalle reti competitor, come ad esempio X Factor o Pechino Express, non ha poi così pagato in termini di ascolti e di identità editoriale, come sperato.
Insomma, si ha la percezione che la tv generalista è sempre più simile al calcio mercato. Si acquistano top player a fine carriera e a scadenza di contratto e allenatori in attesa, nella speranza di vincere tutto, cosa che poi non accade, perché il gioco all’italiana è sempre quello da decenni. Vedi la Juve di Allegri, una squadra senza identità.
Ovviamente Discovery nel breve periodo aumenterà gli ascolti e di conseguenza la sua concessionaria di pubblicità otterrà maggior introiti rispetto alla concorrenza, ma siamo sicuri che a forza di prendere dagli altri ciò che già esiste, anziché investire su nuovi format e nuovi volti, possa funzionare? O si dà per scontato che una rete generalista debba esistere solo se offre contenuti e programmi già abbondantemente visti e rivisti altrove? Il copia e incolla alla fine paga davvero?
Per quanto riguarda la RAI, il problema è ancora più intricato. Il calcio mercato dei conduttori è già ristretto di suo e sostituire Amadeus non è facile, dato che l’età media dei conduttori si allinea a quella dei suoi telespettatori. L’unica possibilità che ha è invertire la tendenza. Sperimentare, dar spazio ai nuovi autori come accaduto in passato con Arbore, Boncompagni e tanti altri. Distinguere tra autori e conduttori e rivolgersi a un pubblico più eterogeneo con un’offerta più vasta anche nel settore tematico, come lo sport o gli eventi internazionali. Attualmente le reti RAI, hanno un target che va dai 60 ai 75 anni. Se Amadeus rappresenta il futuro, buonanotte ai suonatori.
In pratica, il mestiere dell’editore oggi esiste ancora? Sembra proprio di no. Nessuno, di quelli rimasti, si è accorto o fa finta di non saperlo, che il pubblico televisivo è calato inesorabilmente. Un po’ come è accaduto nella politica, quando si è capito dai dati elettorali degli ultimi dieci anni, che il partito di maggioranza è quello astensionista. Oggi c’è più gente che non guarda la tv generalista rispetto a quelli che la guardano ancora. Il passaggio di Amedeus dalla RAI A Discovery confermerà il dato. Un mercato che offre gli stessi prodotti agli stessi utenti è destinato a fallire. Il mondo sta altrove.
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