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venerdì, Luglio 26, 2024

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Guerra tra la SIAE e META

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In questi giorni, nel mondo musicale, si parla del mancato accordo fra la SIAE e il gruppo META, azienda a cui fanno capo social network come Facebook e Instagram.

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Ecco cosa sta succedendo: da circa una settimana, da giovedì 16 marzo, non è possibile utilizzare la musica del catalogo Siae (la Società Italiana degli Autori e degli Editori) che contiene circa il 99% del repertorio della musica italiana, nelle storie e nei reel di Facebook e Instagram, e nel feed di Instagram, a causa di un mancato accordo fra le due società, contratto già scaduto lo scorso primo gennaio.

Questa la posizione di Meta che dal suo canto, visto il mancato accordo, ha tolto la possibilità agli utenti di tutta Europa di usufruire del repertorio della musica italiana:

«La tutela dei diritti d’autore di compositori e artisti è per noi una priorità assoluta e per questo motivo abbiamo rimosso i brani del repertorio Siae all’interno della nostra libreria musicale. Abbiamo accordi di licenza in oltre centocinquanta paesi nel mondo e continueremo a impegnarci per raggiungere un accordo con Siae che soddisfi tutte le parti».

Se queste sono le parole del colosso che fa capo a Mark Zuckerberg, dall’altra parte la Siae non accetta di firmare un contratto che non reputa trasparente e condiviso con l’effettivo valore del repertorio. La cosa che più spiazza la SIAE è che la decisione presa da META di rimuovere il catalogo italiano è stata presa di colpo, nonostante la negoziazione fosse ancora in corso.

In merito alla questione si è anche espresso il Ministro della Cultura, ex direttore del Tg2, Gennaro Sangiuliano che ha dichiarato: «I colossi transnazionali devono rispettare l’identità e la sovranità legislativa degli Stati ma soprattutto il lavoro di ingegno delle persone, che è una delle più alte espressioni dell’umanità e della cultura di una Nazione. Dobbiamo difendere le opere di ingegno degli autori italiani».

Queste le parole del direttore generale della SIAE Matteo Fedeli: «META Non ci hanno fornito nessun dato che ci permettesse di capire bene il perimetro della negoziazione, c’è stata una mancanza totale di trasparenza. Quando parliamo di piattaforme complicate come Facebook e Instagram, dotate di più impieghi (come post, storie e reel), il fatto di non avere idea di quanto advertising ci sia su una piattaforma, quanto ci sia di video e di musica, significa fare una negoziazione alla cieca. Tutto si è interrotto perché a un certo punto Meta ha posto un’ultima offerta, la cosiddetta “take or leave”, arrivata quando ancora eravamo a una distanza importante uno dall’altro. Praticamente un’imposizione, non una negoziazione».

La SIAE dal canto suo vuole conoscere il fatturato di META e il valore aggiunto acquisito grazie all’uso della musica italiana per poter stabilire il giusto prezzo per l’accordo, metodo già seguito per trovare un accordo con YouTube di Google e Tik Tok, che fa capo ad una società cinese.

Al termine Fedeli aggiunge: «Il nostro obiettivo è garantire a tutta l’industria musicale di non perdere in termini di valore aggiunto. Ma anche per quanto riguarda il consumatore finale ci rendiamo conto che veder sparire i propri beniamini dalla sera alla mattina non è bello. Anche un consumatore finale si deve rendere conto che c’è qualcuno che vive sui diritti d’autore».

Una diatriba non facile da risolvere vista la posizione ferma dei due gruppi, da una parte quella (insopportabile, nda) del colosso americano che usa in tutti i modi la sua forza per portare a casa il risultato, dall’altra quella della società italiana che protegge artisti e autori in un periodo non facile per la discografia che tenta di trovare un accordo equo per tutelare i suoi iscritti. In questo momento ne escono sconfitti la musica italiana e i suoi estimatori privati del diritto di poterla utilizzare.

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