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lunedì, Marzo 27, 2023

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DECALOGO DEL POLITICALLY CORRECT A SANREMO

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Se un giorno vi capitasse di fare un monologo al Festival di Sanremo, dovreste concentrarvi sulla contemporaneità. 

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Il festival, nolente o dolente, ha sempre cercato di rappresentare gli stili di vita, le mode, i modi e i temi nelle sue varie epoche. La contestazione “pacifista” negli anni sessanta, il “riflusso” negli anni ottanta, la “decadenza musicale” nell’epoca digitale e così via, ma sempre con un filo conduttore comune stilistico: il trash.

Da alcuni anni però va di moda il “trash” travestito da politically correct, che non riguarda solo le canzoni, bensì i monologhi, gli act teatrali (si fa per dire) che lanciano “messaggi” al popolo nazional popolare. Cosi’, dato che i cantanti contano sempre di meno, si invitano altri personaggi, dai capi di Stato come Gorbaciov nell’edizione Fazio, agli influencer del web (Ferragni), passando per qualche premio Oscar (Benigni). Ovviamente tutti pagati a peso d’oro. Per far parlare un comune cittadino che ha qualcosa di serio da dire, c’è voluta una delegazione di operai che hanno letto sul palco dell’Ariston una lettera di rivendicazione sui loro diritti, con il consenso di Pippo Baudo. Per il resto chiusura totale, a parte “Cavallo Pazzo” che si infilò sul palco gridando “Questo Festival è truccato”. Dato che le contestazioni e le trasgressioni, casuali o organizzate, vedi la querelle Morgan-Bugo e il recentissimo caso di Blanco, vengono sonoramente fischiate dal pubblico, si è pensato di virare sui buoni sentimenti, sulla solidarietà, sui diritti civili, in puro stile Deamicisiano.

Ricordo la Rula Jebral nel 2020, in cui raccontava di essere cresciuta in un orfanotrofio “nel quale si raccontavano favole di figlie sfortunate che toglievano il sonno”. Monologo coraggioso e sicuramente intenso ma che su quel palco, mischiate a canzoni melense e strappalacrime, non faceva poi così tanta differenza.

Nell’ultima edizione abbiamo visto Benigni nel solito elogio della Costituzione (roba già vista abbondantemente, quindi una cover) con tanto di presenza del presidente Mattarella e una lunghissima lettera scritta e letta dalla Ferragni sulla condizione femminile. Tutto giusto, tutto condivisibile, tutto estremamente politically correct, compreso il vestito appositamente trasparente che incarnava perfettamente la frase iniziale della Ferragni . “Non vergognatevi mai del corpo di una donna….”. Ci mancherebbe, siamo tutti d’accordo, ma se il regista avesse inquadrato nelle prime file le varie signore con le labbra a canotto, tutte sosia di Donatella Versace o della Madonna attuale, forse l’effetto sarebbe stato diverso. Ma come cantava De Gregori, non si giudica un giocatore da questi particolari. Quindi è bene premunirsi per il futuro con un piccolo decalogo sulle vostre possibili apparizioni sul palco dell’Ariston.

  1. Scegliete un abito molto particolare. Se il tema scelto è l’ambiente e la salvezza del Pianeta indossate una maschera anti-gas, avendo però cura di inserire il microfono all’interno della maschera sennò nessuno vi sentirà. Potreste abbinarlo con un bel sacco nero nero da condominio per la raccolta differenziata. Il nero va sempre di moda. Evitate riferimenti a Chernobyl o Fukushima perché sono troppo lontani. Meglio virare su casi nazionali, magari sui cinghiali a spasso per Roma che fanno sempre molto effetto. La narrazione deve partire da un episodio personale, vissuto, credibile. Ecco magari l’incontro con un cinghiale sul pianerottolo di casa mentre sta divorando il vostro tappetino con su scritto “Welcome”.

  2. Se il tema è la difficile condizione femminile evitate di citare Silvio Berlusconi perché sennò vi scippa lo spazio. Basta una sua barzelletta su Rosy Bindi o la promessa di un pullman di lucciole ai giocatori del Monza, per rubarvi la scena. In questo caso meglio riferirsi a un caso internazionale, tipo le Pussy Riot imprigionate da Putin in Siberia o un caso di molestie sessuali negli Hollywood Studios a Los Angeles. Lì andate sul sicuro e i casi sono numerosi. In caso perdeste il filo del monologo, potreste collegarvi in diretta satellitare con Asia Argento che ne sa.

  3. Se il tema è la povertà, evitate di cadere sul clichè africano o del Bangladesh. Troppo scontato. Dato che i tempi cambiano basterebbe leggere le certificazioni d’imposta di un qualsiasi artigiano o addetto al call center o la busta paga di un giovane assunto a un Mac Donald’s dopo aver fatto 2 anni da ryder.

  4. Se il tema è il salutismo, la corretta alimentazione o gli allevamenti intensivi nel mondo del junkie food, state attenti che il vostro monologo non vada in onda subito dopo la pubblicità, perché è possibile che compaia uno chef stellato che promuove uno stinco di maiale surgelato. Magari abbiate l’accortezza di accompagnare il vostro monologo masticando un gambo di sedano e di indossare un abito nero, perché sfila sempre.

  5. Se il tema è l’identità di genere evitate di litigare nel backstage a microfono aperto con Malgioglio o con Vladimir Luxuria perché potreste non essere credibili.

  6. Durante il monologo prendetevi tutto il tempo possibile perché se dura poco non se lo caga nessuno. Tenete un tono di voce fermo e sicuro, ma ogni tanto fate una pausa come se aveste un groppo alla gola. Favorisce l’emotività del pubblico in sala e del telespettatore, se nel frattempo non si è addormentato sul divano.

  7. Nei momenti più toccanti, affidate al direttore d’orchestra un sottofondo musicale particolarmente intensivo, ma badate che sia acustico, niente chitarre elettriche o batteria, meglio un violoncello o un oboe. Scegliete un direttore d’orchestra particolare, meglio se donna o gay. In qualsiasi caso abbiate l’accortezza di segnalare che quando il regista lo inquadrerà, dovrà baciarsi il palmo della mano e soffiarci sopra per inviare un bacio ideale ai telespettatori e alla mamma.

  8. Se qualcuno del pubblico dovesse manifestare insofferenza fischiando o russando pesantemente, rivolgete uno sguardo di aiuto al conduttore che prontamente interverrà sul palco in vostro soccorso aumentando sensibilmente l’audience. Amadeus è perfetto in questo ruolo.

  9. Procedure legali. Il vostro monologo dovrà essere approvato dai dirigenti Rai e dal direttore artistico, per cui lasciate qualche puntino sospeso in modo da dar loro la possibilità di un suggerimento, di una piccola aggiunta, evitando così la possibile censura. Questa tattica funziona sempre. Quando il dirigente Rai si sente co-autore è sempre contento anche perché sa benissimo che ogni canzone del festival è firmata da 6/7 improbabili autori aggiunti per guadagnare la SIAE.

10. Quando avete finito il monologo, cercate di essere visibilmente             commossi. Ringraziate il pubblico, possibilmente a mani giunte, Accennate a un inchino e baciate il conduttore mentre sparge elogi alla performance.

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