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Si è chiusa la lunghissima maratona del Festival di Sanremo, la 70ma edizione, durata cinque lunghissime e interminabili serate.
Ha vinto Diodato, che ha portato a casa praticamente tutto, dal leoncino d’oro al premio Mia Martini, fino a quello della sala stampa Lucio Dalla.
Diodato è un giovane ragazzo del sud, che ha sudato tanto per arrivare dove è arrivato, sempre sincero con la sua arte e con il suo lavoro che arriva dritto dagli insegnamenti della vecchia guardia del cantautorato italiano, quello che, musicalmente parlando, si porta dietro una tradizione di un’arte ormai persa in questa epoca di rappettari e trappettari che sputano parole e rime con la velocità della luce, ma che peccano in quanto a poesia e cuore.
Ed è proprio la poesia e il cuore che abbonda nella musica e nelle parole delle canzoni di Diodato, e soprattutto nel brano che ha vinto Sanremo.
Chi scrive aveva già preannunciato una sua vittoria a Gennaio, quando ci sono stati i preascolti in anteprima dei brani sanremesi (leggi articolo). Era ovvio, ascoltando la sua canzone, con quella melodia che ti arriva al cuore, con quegli archi negli arrangiamenti che si aprono e ti avvolgono, con quelle parole del testo che fanno “rumore” nell’anima… dicevo, era ovvio ascoltandola che sarebbe arrivata lontano, tanto lontano quanto indietro, fino ad arrivare ad abbracciare maestri che la musica italiana l’hanno scritta a lettere indelebili nella storia.
Diodato ha dedicato la sua vittoria alla sua martoriata Taranto, una città che cerca riscatto a tutti i costi, tra il dolore della morte che si porta dietro giorno dopo giorno e l’esigenza di dignità e lavoro che rivendica fortemente.
Auguri davvero sinceri a Diodato e a tutto il suo staff, perchè quando succede di vedere in vetta qualcuno che merita davvero bisogna celebrare l’accaduto come fosse un momento storico…
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