Le canzoni sono spesso preveggenti, come nel caso della “Terra dei cachi” degli Elii. Questo strareferendum è finalmente finito. La campagna mediatica è stata sfinente, più che esaustiva, esausta.
I social ci hanno reso più Guelfi e Ghibellini del solito. Un Paese spaccato in due, dove il termine “spacca” non ha affatto il significato da terminologia del tutor. Nessuno ha spaccato, tanto meno il “governanti” o l’opposizione, che sono stati in televisione più volte dello spot di Banderas. Tutta questa tv referendaria ha portato un quasi 60% di italiani alle urne, probabilmente intossicati o forse consapevoli dell’ultimo sacrificio da compiere, quindi in qualche modo “liberati”.
I più masochisti si sono sorbiti pure la notte post voto, con tanto di exit pool e commenti talmente prevedibili da far rimpiangere l’originalità dei comici che usano le battute tormentone da qualche decade.
Ora sono di turno le analisi dei soliti noti ma in fondo Elio aveva già previsto tutto : “Italia si, Italia no, se famo dù spaghi”. Alla fine sul tavolo oltre i rottami, le cartelle di Equitalia, e gli strepiti latini dei nostri opinionisti, finiscono gli spaghetti, fumanti come i nostri attributi sotto il tavolo.
Non so voi, ma l’immagine del Paese che esce da questo delirio referendario, è di una tristezza infinita. Non tanto per il risultato delle urne. Ci sta che vince per forza qualcuno mentre l’altro perde. E’ il conto della democrazia. La tristezza sono i contenuti dei talk show a cui abbiamo assistito, dalle incomprensibili comma bis di Gustavo Zagrebelsky alle matite di Piero Pelù.
Se si comprassero i diritti di tutte le trasmissioni sul referendum si potrebbe fare il palinsesto di un anno su un canale digitale. Ovviamente il target sarebbe un popolo di masochisti puri, che secondo un recente sondaggio, risulta il più numeroso nella storia della seconda repubblica. In effetti gli ascolti televisivi di questa infinita maratona referendaria hanno premiato quasi tutti, da Giletti alla Gruber tanto per toccare il punto G. Quindi la domanda sorge e scalpita spontanea:
“A chi ha giovato questa overdose?”. Non certo ai telespettatori. Forse a qualche vip in declino, che mettendosi in mostra con il referendum, ha guadagnato qualche fans in più. Un nome? Forse la Ferilli. Eravamo abituati a vederla giubilare sugli artigiani di qualità da qualche anno, che non gli sembrava vero parlare della Costituzione davanti a un pubblico di umani.
Si è rivisto in tv persino Roberto D’Agostino, con tanto di anelli, tattoo e collanine da far sembrare Fedez il figlio di Mastrolindo.
I Social hanno persino peggiorato la situazione. Ho persino letto un post dove una tale chiedeva al Codacons e al Garante di fare un’indagine sugli spot pubblicitari perché si abusava della parola SI, come la Carta SI. Come se il SI fosse un copyright.
Chissà forse la povera signora è stata talmente intossicata da questo semestre referendario, da aver rifiutato persino il matrimonio delle figlia. Non avrebbe retto a un altro fatidico Si.
Tornando alle canzoni ho visto postate su facebook intere playlist di canzoni il cui titolo conteneva la parola NO. “C’è chi dice no” di Vasco Rossi la più gettonata. Di contro Il target più anziano ha preferito “Yeahhhhhh” dei Primitives : “I tuoi occhi sono fari abbaglianti / per me che ci sono davanti”. E ti credo… dopo otto ore filate di talk show sul referendum, gli occhi diventano a palla come quelli di Marty Feldman.
Bene, ora è finita… possiamo metterci a tavola e farci dù spaghi, almeno fino alla prossima campagna elettorale.
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