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“LA MUSICA SI FA INSIEME” DICE BOSSO, MA SANREMO LO DIMENTICA E DIMENTICA GLI AUTORI

di Mariafrancesca Mary Troisi

Sanremo 2016 è iniziato con una carrellata – omaggio alle 65 canzoni che hanno vinto negli scorsi anni. Si parte dal 1951 con Nilla Pizzi e “Grazie dei fiori”, fino ad arrivare ai vincitori del 2015, “Il Volo” con “Grande amore”.

Gli interpreti e il titolo della canzone vincitrice sono di anno in anno fedelmente riportati.
E gli autori? Coloro che creano la canzone – scrivendo testo e musica?

Gli autori ancora una volta non sono minimamente menzionati.

Tale questione la solleva nuovamente Roberto Razzini (managing director di Warner Chappell Music Italiana, Presidente F.E.M., e Membro del Consiglio di Sorveglianza SIAE) durante la prima serata del festival, ponendo la sua attenzione sul tema autori – compositori, e la loro mancata visibilità.

Come sottolinea ancora Razzini, sul sito ufficiale di Sanremo 2016, accanto alle note biografiche degli artisti in gara -con relativo brano proposto, gli autori non sono citati
A loro tocca una fuggevole lettura/apparizione durante la gara. E poi nuovamente l’oblio.
Razzini è particolarmente sensibile alla tematica, ma sembra uno dei pochi a detenere tale sensibilità.

Degli autori non frega niente a nessuno. Meno che mai al Festival della Canzone Italiana (fa un po’ ridere la cosa eh?), che un minimo di riconoscimento in più dovrebbe attribuirglielo. Non pensate?

Almeno da quest’anno grazie all’intervento della Siae (come già indicato in un precedente articolo) ci sarà il premio per il miglior testo e la miglior musica.
Ma è ancora poco, perché con tale omissione si continua a offuscare il lavoro di chi lavora dietro le quinte, senza attribuirgli il giusto merito e valore.

L’autore in fondo è come un artigiano, che con parole e musica modella la sua creatura, passo dopo passo. E poi come il più generoso dei padri la consegna in mani estranee (l’interprete), per permettergli di spiccare il volo.

Curioso poi notare che delle 65 canzoni vincitrici del Festival, la prima che ricordi a memoria risale al 1958, ed è una di quelle canzoni che ha fatto non solo la storia della musica italiana, ma l’ha portata in lungo e in largo per il mondo.

Chi non ha mai cantato i celebri versi:”Volare oh oh cantare oh oh oh oh”? Pensare che nel 1958 mia mamma era poco più di una bambina e io sarei nata solo una trentina di anni dopo.
Sono ancora tante le canzoni vincitrici nate prima di me che conosco perfettamente.

Tra le più recenti, che potrei cantare a occhi chiusi al karaoke, sfidandovi senza paura fino all’ultima nota, ci sono: “Come saprei” di Giorgia, “Senza pietà” di Anna Oxa, “Luce” (Tramonti a nord est), di Elisa, e “Per dire di no”, Alexia. Risalgono, in ordine menzionato, al 1995, 1999, 2001 e 2003. (Le canzoni della Oxa e di Alexia anni dopo scopro che le ha scritte – insieme ad altre vere e proprie perle – un “certo” Alberto Salerno).

Ci fu in seguito un amore a prima vista per “Angelo” di Francesco Renga, era il 2005, (l’anno dopo c’era il “piccione” di Povia. L’ho rimosso dalla memoria!) e un ulteriore colpo di fulmine per Marco Mengoni e “L’essenziale”, nel 2013.

E nel mezzo? A parte qualche altra rara eccezione che qui non riporto per non dilungarmi, con le altre non potrei mai sfidarvi a karaoke, perché non le ricordo perfettamente. Anzi alcune le ho proprio dimenticate. Come se non avessero lasciato alcuna traccia in me.

E credo sia la cosa peggiore che possa capitare a una canzone. Non lasciare traccia.

Le canzoni (belle) segnano i momenti della nostra vita. Li scandiscono meglio di qualsiasi orologio, del passare incerto degli anni. Al di là di chi le canta e quante volte siano passate in radio.

Sono un libro sempre aperto sui ricordi. E quando lasciano traccia seguono la scia delle nostre emozioni, pescando di tanto in tanto un momento lontano. E riportandolo a galla. Senza chiederci il permesso.

E a proposito di lasciare traccia, di dispensare emozioni, quelle emozioni che vengono da “dentro”, partendo dalla bocca dello stomaco e sfociando in lacrime di commozione, c’è stato un Artista (la A maiuscola è d’obbligo) che ha reso possibile tutto questo. Non è un Artista in gara, né un superospite strapagato.

Anzi è un Artista sconosciuto ai più, almeno fino a ieri sera. Ezio Bosso ha portato la sua voglia di vivere sul palco dell’Ariston, regalandoci parole così vere e così semplici, ma che nessuno sembra capace di pronunciare mai. E la stessa delicatezza l’ha usata per suonare . Pochi minuti di pura magia. E quando un Artista è capace di farti emozionare, con quello e dice e che fa, è arrivato al suo scopo.

Bosso ci ha dimostrato come si fa musica. Cosa significa farla davvero.
Vorrei più artisti come Bosso da ammirare e meno artisti da un like e via. Grazie Bosso per aver lasciato la tua traccia. L’unica (finora) del Festival.

 

 

 

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