di Elisa Enrile
Ed ecco che ci risiamo, è successo un’altra volta: l’anno nuovo ha fatto irruzione quando nessuno di noi era veramente pronto ad accoglierlo, ancora leggermente appesantiti dai panettoni in eccesso, imbambolati da quella atmosfera che solo il Natale riesce a dare, cullati dall’illusione che il tempo delle vacanze era ancora lungo, capodanno una meta distante, l’epifania un miraggio.
E invece no, ci hanno fregato ancora una volta. Un brindisi, una canzone del buon Gigi di troppo, numeri urlati ad alta voce come se li stessimo giocando al lotto e via, È NATO, È NATO! Senza che ce ne accorgessimo il 2016 ha spodestato l’anno passato in un attimo. Se devo essere sincera mi va bene così.
Sono poche le cose che vorrei tenere per me di questo 2015 che, se mi fosse chiesto di scegliere, definirei violento. Cosa ci ha portato l’anno passato? Crisi.
Crisi a casa nostra, crisi nel lavoro, crisi in famiglia… crisi nella vita di quel profugo che ha dovuto abbandonare tutto obbligato a preferire un posto su un gommone o nel cofano di un’ auto alla propria patria. Crisi della morale, crisi di società, crisi di civiltà… crisi per chi si sente in dovere di dare un giudizio etico sulla faccenda, di trovare la bella e la bestia in ogni persona che incontra ed esprime la propria opinione. Crisi di fede, crisi di onnipotenza, crisi di fiducia… crisi negli occhi pieni di lacrime di quel padre che ha dovuto mettere un fiore e accendere un cero per la vita del figlio, volata via in un locale riempito di note e urla… crisi in quelle strade polverose e sanguinanti nelle città dai nomi esotici che troppo spesso vengono dimenticate.
Cos’è che ci ha donato questo 2015, quindi? Non si parla di una promozione, di un bel voto all’università, di un nuovo amore, di un figlio. Sono tutte cose che fanno piacere, che riescono a donare un sorriso, la serenità, la FELICITA’. Ma in quale mondo e in quale modo vivremo quella soddisfazione, quell’amore, quella nuova vita?
Anche se non ha intaccato la nostra piccola bolla personale, anche se non siamo noi l’uomo che ha dovuto abbandonare tutto, che ha perso il lavoro, che ha perso un figlio, che ha perso la vita, possiamo davvero rimanere con gli occhi nel nostro piatto e fare un bilancio positivo dell’ennesimo anno di buio?
Chissà come sarà questo 2016. Iniziato con un botto tale da far tremare mezza Corea, con un’aria leggermente rarefatta dalle polvere sottili e i soliti atti di violenza.
Tutti si informano, ascoltano telegiornali e leggono notizie, tutti si indignano e si spaventano davanti ad un meccanismo che sembra sia diventato più grande di noi, incontrollabile e pronto a trascinarci nel baratro, dritto fino al punto di non ritorno.
Ma poi in un attimo tutto passa. Giri canale, qualcuno polemizza sull’ultimo film di Checco Zalone, a proposito cosa ci sarà stasera in TV? Uhh mamma hanno fatto vedere la pubblicità delle nuove sottilette le prendiamo domani? Sì lo so, prima porto fuori il cane ma poi devo andare ad allenamento, la spazzatura la butti tu…
Non potrebbe essere altrimenti, il nostro quotidiano è il nostro scudo, tutti abbiamo i nostri piccoli problemi a cui badare.
Arriverà secondo me il giorno in cui il problema di uno sarà il problema di tutti e non sarà più possibile girare lo sguardo dall’altra parte.
La cooperazione, la comprensione e la capacità di perdonare lubrificheranno gli ingranaggi ormai arrugginiti da tempo.
E allora sì che si potrà festeggiare un capodanno come si deve.
Le bollicine le offro io.
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