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sabato, Luglio 27, 2024

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Attacco all’umanità nel cuore dell’Europa

di Tiziana Pavone

Mentre la Tour Eiffel spegne le luci in un triste venerdì del 13 novembre, la Francia in stato di emergenza chiude ogni frontiera in terra e in cielo – con un piano di emergenza che non si vedeva dal 1944 perchè sotto shock per l’attentato terroristico che ieri sera ha tolto la vita a 158 vittime. Noi che abbiamo un’idea di vita ispirata all’arte, ora non possiamo che “svegliarci” per guardare non troppo da lontano un mondo che si divide sempre più tra nord e sud per dichiararsi guerra.

Non siamo esperti statisti o strateghi. Non possiamo fare troppe analisi. Ascolteremo le analisi in televisione. Qualcuno ci metterà paura, dichiarando che adesso tocca a Roma, e anche a Londra e poi a Washington. Qualche altro ci farà discutere sui prossimi assetti geopolitici e militari dell’Europa e del mondo islamico, mentre la Turchia parla all’Europa, alle porte del G20 (Hollande non parteciperà).

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In molti sui social commentano taggando la parola guerra. Negli ultimi giorni a voler leggere qualche titolo, sembra che gli accadimenti strategici abbiano messo l’acceleratore. Mentre si chiude anche il tunnel del Monte Bianco, che collega Italia e Francia, gira in rete la notizia secondo cui la Russia smetterà di utilizzare Windows, Linux o Mac OS, e installerà sui propri computer un software sviluppato all’interno della Federazione per circoscrivere e proteggere tutti i dati della popolazione russa.

Blindare la rete serve in caso di attacco bellico e sabotaggio alle comunicazioni globali. E’ recente notizia di cronaca anche l’attacco sul Sinai a un aereo di linea russo. Ancora una volta c’è da taggare la parola guerra. Ci chiediamo a cosa serva la cultura, l’arte universale degli spiriti elevati, se nel 2015 siamo ridotti a respirare i linguaggi della violenza estrema. Pare che l’umanità sia scomparsa da questo pianeta.
Eppure in tanti ci professiamo poeti, artisti, scrittori. Evidentemente l’ego ci ha divorati a tal punto che ci crediamo di essere importanti, tanto da non dover prendere posizioni chiare per non comprometterci.

Perchè non veicoliamo sui nostri testi la rivoluzione culturale? Ci sentiamo sicuri nella fortezza europea, mentre l’Europa alza la bandiera dell’integrazione multietnica. Una carta, l’integrazione, che oggi ci porta a chiudere le frontiere. Prima con lo “scoglio Ventimiglia”, poi col terrorismo forse passato dai Balcani senza troppa pubblicità.

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Ieri la comunità ebraica si è sentita minacciata ed è scattata l’allerta a livelli massimi in tutta Italia, per l’ebreo accoltellato a Milano. I telegiornali ci hanno fatto vedere l’attacco americano con un drone, che avrebbe ucciso il boia dell’Isis, famoso in tutto il mondo per aver sgozzato occidentali davanti alle telecamere. Questa guerra è anche mediatica. La violenza dilagante sta portando la popolazione verso una mentalità xenofoba. Ma sarà difficile individuale nel caos i nuovi nemici. C’è da chiedersi se anche l’arte non sia stata etichettata in modo politico o religioso.
Le risposte che trovo nella storia mi dicono che si, l’arte è stata strumentalizzata. E’ di destra o di sinistra. E l’arte povera o l’arte sacra. Chissà da che parte ci faranno cadere.

Noi che eleviamo l’arte anche solo cercandola, la teniamo al di sopra della politica, sotto il cappello di Liberté, Égalité, Fraternité. Noi che aspettiamo il Giubileo della Misericordia, che inizierà il prossimo 8 dicembre. E che temiamo per la vita dell’unico individuo rimasto a parlare di umanità: il Papa. Talmente unico che ieri sera persino Crozza travestito da Papa ha preso a schiaffoni prelati e suore, mentre in scenografia ardeva il Vaticano.

La cultura, il modo di vivere dell’umanità è stata divisa in zone. Anche se abbiamo tutti lo stesso bisogno di essere amati, tocca pregare di non capitare nelle capitali d’Europa. O nelle uniche zone dove può vivere il popolo indifeso: la strada, lo stadio. Magari dove si gioca una amichevole Francia-Germania. Non solo strada, non solo sport. I boulevard dei cafè chantant, i luoghi teatrali dove ancora si fa musica. Eravamo tutti Charlie. Siamo tutti Francia. Saremo tutti Europa?

Tifosi allo Stade de France, Parigi, 13 novembre 2015. (AP Photo/Christophe Ena)
Tifosi allo Stade de France, Parigi, 13 novembre 2015.
(AP Photo/Christophe Ena)

Forse saremo ancora colpiti, in barba alle misure di sicurezza da protocollo. In luoghi dove si tenta di capirsi con la musica. In luoghi dove si prega un Dio. In luoghi che ieri ospitavano maggioranze, oggi sono minoranze.

L’unico linguaggio che si fa capire da tutti, la musica, ieri al Bataclan è morto col suo pubblico. La musica aveva il compito di unire le culture. Anche se nel locale del cuore della vecchia Europa il concerto era quello di un gruppo rock metal californiano.

Sono tutti salvi i ragazzi di una scuola di Bergamo, che ieri si sono trovati a cenare nel cuore dell’attacco terroristico. Torneranno. E io vorrei invitarli a ispirarsi sempre all’arte. Sostenuta da valori nobili. “Non lasciatevi rubare la speranza”, recita Papa Francesco chiedendo sempre di pregare per lui.

 

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