‘L’ultima notte’ è il primo singolo estratto dal nuovo album di Marco Ligabue dal titolo evocativo ‘M.A.P.S.’, un acronimo che reso esplicito diventa ‘Manuale Alternativo Per Sentire’.
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Un lavoro discografico che è composto metaforicamente da un doppio viaggio, uno esteriore, tant’è che si intitola ‘La geografia del mondo esterno’; l’altro interiore che si intitola ‘La geografia interiore’, le due metà compongono le due facce del vinile appena pubblicato.
‘MAPS, Manuale Alternativo Per Sentire’ è un progetto discografico coerente con il gusto per il live dell’artista, ogni pezzo è nato per essere suonato, la musica di Marco è una musica che sa di live già nel disco che diventa ancora più diretta quando suona davanti al suo pubblico.
Hanno partecipato alla realizzazione del disco: Jonathan Gasparini alle chitarre; Jack Barchetta al basso; Lenny Ligabue alla batteria e al mastering; Luca Zannoni alle tastiere; Francesco Landi per Take Away Studios (produzione artistica e mastering); Maurizio Bresciani per le foto e il layout grafico.
Martedì 18 novembre sono stato all’Hard Rock cafe di Milano per farmi raccontare da Marco, prima del suo live, com’è nato questo suo ultimo lavoro discografico.
Ciao Marco, come stai? C’è una tale complessità nella percezione di questo lavoro che ti chiedo: qual è stata l’idea di partenza?
Ciao Antonino, l’idea del titolo nasce da maps, mappa, viaggio, che in qualche modo presenta il senso generale del disco. A me piace sempre dare una seconda lettura alle cose. Mi piace l’idea (in un mondo dove oggi abbiamo tutte le istruzioni per tutto, da google ai tutorial) di avere un manuale alternativo per prendersi del tempo per “sentire”. Tutto è nato dal fatto che mi sono dato questa sfida artistica, raccontare con delle canzoni i quattro elementi che ci hanno formato: fuoco, terra, acqua e aria. Non lo avevo mai fatto e mi sono chiesto: chissà se riesco a scrivere e a dare una mia interpretazione ad ogni elemento? Beh, penso di esserci riuscito. Mi hanno convinto queste quattro canzoni che nella mia testa sono diventate il lato A del disco. Con queste ho raccontato la geografia esteriore.
Ogni tuo brano ha una doppia interpretazione, mi piace tu non voglia dare soluzioni ma aprire delle strade.
Mi piace l’idea di non essere didascalico e di dare varie direzioni. Una volta che ho scritto questi quattro brani che per me, nella mia testa, io arrivo dal mondo del vinile, erano il lato A del disco, mi sono messo a lavoro per il lato B, qui ho voluto raccontare la mia geografia interiore. È stato un viaggio per andare a trovare soprattutto i posti meno abitati, quelli un po’ in disuso, la vita che vorrei vivere che non so se è questa o un’altra. Tutti posti che venivano coperti dalla polvere della quotidianità, dalla burocrazia e ho fatto questo viaggio anche interiore. Le canzoni secondo me non devono dare verità assolute ma devono aprirti, accenderti delle lampadine nuove, aprirti delle nuove direzioni e io ho cercato di farlo in ogni brano.
Quindi nel lato A troviamo i brani che hanno dato via al tuo lavoro.
Nel lato A c’è l’elemento del fuoco che se vogliamo andare su ogni singola canzone, ‘Anima in fiamme’ è nata dall’idea di dare a qual fuoco quello che è il nostro fuoco interiore, il fuoco che abbiamo dentro che, con quello che ci sta capitando in questi anni tra pandemie e covid, dazi, guerre che aumentano, sembra che il nostro fuoco interiore sia lì in attesa, come se fossimo in attesa che cambi il mondo che abbiamo intorno. In realtà la vita va avanti e quindi questo fuoco va alimentato quotidianamente e le nostre passioni, i nostri sogni della vita sono le cose principali malgrado tutto quello che abbiamo di fianco. Quindi con ‘Anima in fiamme’ vorrei si tenesse alta questa scintilla, questo fuoco.
In questo disco affronti tanti temi, tra cui anche quello ambientale.
Sì, ed è pensando al cambiamento climatico che ho pensato all’elemento, all’emergenza clima di cui parliamo sempre ma sembra che non si faccia mai abbastanza, sembra che non succeda niente di concreto. Finché non ci brucerà la terra sotto ai piedi sembra che non vogliamo fare dei veri passi e quindi con questa canzone ho voluto bussare, per prima cosa, alla mia coscienza, dico bussare perché la canzone si chiama ‘Toc toc ecologico’, quindi ho bussato a me stesso e alla coscienza di chi ascolta. Poi con ‘Il vento dell’estate’ sono andato nell’aria ma anche nella leggerezza dell’aria, del vento; e in ‘Quello che c’è’ ho toccato l’elemento acqua che è l’elemento vitale per eccellenza perché senza acqua non c’è vita. L’acqua è l’elemento essenziale.
In un lavoro così complesso ti chiedo: qual è la canzone che ha chiuso il disco?
L’ultima canzone che ho scritto per chiudere l’album è ‘Spacca il cielo’, non è l’ultima nel disco, perché per la sequenza dei brani ho cercato di dare un senso musicale, è un brano che vuole sottolineare, scavando dentro, l’importanza di avere pochi rapporti ma pazzeschi, che siano i figli, che sia la famiglia, che sia la tua compagna, il tuo compagno, che sia nelle amicizie, anche un legame di lavoro ma che sia fortissimo. Perché in questa vita si “spacca il cielo”, si spacca il mondo solamente se condividi le cose con una persona con cui ti senti veramente in sintonia, con la quale hai un rapporto magico. Con questa canzone voglio ritrovare quei rapporti che hanno quel tipo di forza.
Questa estate ci siamo sentiti per ‘Le canzoni inglesi’ che anticipava l’uscita del disco. Il secondo singolo estratto di questo album è ‘L’ultima notte’, com’è nata questa canzone?
‘L’ultima notte’ è un brano che ho voluto scrivere per rimettere l’accento sulla notte, di notte c’è sempre stato un momento magico ma l’abbiamo perso nel tempo, se tu ci fai caso mediamente in un ristorante alle nove e mezza, dieci non c’è già più nessuno. Prima nei ristoranti la gente andava alle nove e mezza, dieci. La notte per me è uno di quei momenti dove puoi amplificare le cose vere e belle della vita: che sia la tua compagna, un’amicizia, la musica, la voglia di sognare, la voglia di osare, anche di fare un po’ i matti. La notte amplifica tutto questo, volevo rimettere l’accento su questo, nella vita di tutti i giorni abbiamo burocrazia, cose frenetiche, abbiamo troppe distrazioni, pensa anche solo alle notifiche che ti distraggono dalle tue riflessioni, da quello che stai facendo. Durante il giorno abbiamo tanti freni, la notte invece è liberatoria. Ho cercato di mettere questo. Nel video sono andato a Bologna, mi piaceva anche l’idea di questa figura che insegui.
Com’è nata questa canzone? E in generale, come nascono le tue canzoni?
Tutti i brani di questo disco sono nati voce e chitarra, devo essere convinto al novantacinque per cento di melodia e testo, quando sono convinto lì, cominciamo ad andare in sala. Mi piace questo sistema qui, non mando mai il pezzo alla mia band, mi ritrovo con loro e voglio catturare il primo momento, le loro prime idee. Per me è importante capire qual è il primo istinto che ti dà quella canzone, non voglio che dopo ci siano troppi ragionamenti, mi piace che ci sia istinto musicale. Ci mettiamo lì, canto due/tre volte la canzone, si tirano giù gli accordi. Costruiamo l’ossatura del brano, batteria, basso e chitarra, poi andiamo a lavorare su mille rifiniture, mille dettagli, però mi piace che nasca così. ‘L’ultima notte’ è nata proprio con questa cassa battente, la strofa è un po’ più vuota, il ritornello si carica un po’ di più, diciamo che questa è stata la genesi del brano. Io le registro così perché mi piace ascoltarle così, il vero plus è che sono brani che tu ti ritrovi tutti live. Se vai da un grandissimo produttore che lavora solo sulle macchine, non dico che faccia un brutto arrangiamento ma poi dal vivo capita che questi brani non rendano. I pezzi che partono da basi elettroniche dopo non te le ritrovi dal vivo.

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