A leggere certi commenti degli ominidi sui social a proposito del concerto di Woody Allen e la sua orchestra al Blue Note, mi è venuto in mente Carmelo Bene al Costanzo Show quando a un polveroso critico teatrale con la giacca piena di forfora, disse:
“Scusa ma tu sei un’artista? No, allora che cazzo te ne frega dell’arte?”.
Poi mi è venuto in mente Lucio Dalla quando nei suoi concerti, smontava il clarinetto facendo l’imitazione di Braccio di Ferro emettendo dei pernacchi e dei fischi. Se avesse suonato al Blue Note, il pubblico avrebbe fischiato, anziché applaudirlo per l’irresistibile gag.
Infine mi è venuto in mente un estratto di un capitolo tratto dal libro “Citarsi addosso” di Woody Allen edito da Bompiani nel lontano 1976, che ancora conservo accuratamente.
“Le libertà civili sono molte ridotte in uno stato di polizia e non esiste la libertà di parola, anche se è permesso doppiare una canzone in playback”.
Veniamo ai fatti. Prima di recarsi a Venezia, accolto come un capo di Stato, Woody Allen e la sua orchestra si sono esibiti al Blue Note di Milano per la modica cifra di 150 euro a biglietto. Premesso che il prezzo non lo stabilisce Woody Allen ma il Blue Note, casomai l’ottantottenne Allen stabilisce il suo cachet, o meglio il suo agente per lui, nessuno obbliga gli ominidi ad andarci. Detto questo il vero scandalo, riportato anche dal Fatto Quotidiano, consisterebbe in un suo assolo al clarinetto assolutamente sopra le righe, o sotto, o di lato o meglio ancora lontanissimo dal “comune senso del pudore”.
“Questo non è jazz” è stato il commento più sereno. Nessun ominide fustigatore si è chiesto perché Allen abbia eseguito un assolo così dissonante per così dire. Ora vi pare che un uomo di 88 anni come Woody Allen decida di viaggiare per il mondo con un’orchestra di ottimi musicisti per fare una figura di m….? Dunque, una ragione c’è, ed è volutamente artistica. Allen è un attore, un regista, un drammaturgo essenzialmente comico e provocatore, a parte certi film “noire” che ha scritto e diretto. Non è un musicista convenzionale, accademico e tradizionale, né un solista virtuoso. Non lo è mai stato e non ha mai preteso di esserlo. Nel suo film “Amore e Guerra”, c’è una sequenza meravigliosa, nella quale un quartetto d’archi suona senza strumenti in totale silenzio. Appare Allen che dice una sua battuta che se ricordo bene, è più o meno questa:
“Mozart va suonato con più allegria”.
Ergo, Allen gioca allegramente con il jazz e lo swing come tante star di Hollywood fanno con il rock’n’roll, ma a differenza di quest’ultimi che spesso si prendono sul serio, Allen non lo fa, anzi accetta di ridicolizzarsi sul palco e prendersi bonariamente in giro, mentre gli altri musicisti che lo accompagnano, suonano benissimo.
Per capire lo spirito ironico e paradossale di Allen, basta vedere uno dei suoi tanti film o leggere uno dei suoi libri, come per esempio “Citarsi addosso”. Gli ominidi che vanno a vederlo al Blue Note pensando che lui sia la incarnazione di Benny Goodman, dovrebbero sinceramente starsene a casa e vedere uno dei suoi film e farsi quattro risate. Invece cosa succede? La maggioranza degli ominidi social, oltre a non essere andati al concerto, vedono il video “incriminato” in cui Allen strapazza il clarinetto, e insorgono scandalizzati. Questi ominidi sono i figli di quegli stessi ominidi contenti di ascoltare una canzone in playback perché così il cantante non stona, e che assomigliano a quelli che urlavano incazzati dalla platea quando John Cage si esibiva sul palco recitando poesie anziché suonare, o quando Paolo Castaldi al Parco Lambro di Milano nell’ultimo Festival di Re Nudo, salì sul palco per esibirsi in uno splendido assolo di puro solfeggio vocale, anziché cantare come un cantautore ribelle. Questi sono gli ominidi schiavi del mainstream, dove se provi a cambiare una regola che una, si infuriano e vanno fuori di testa.
La cosa più paradossale è che il terribile dibattito sui social si focalizza sull’inutile quanto incauta comparazione tra musicisti storici del jazz e Woody Allen, come se quest’ultimo avesse inciso dischi con Count Basie, Duke Ellington o Benny Goodman. Non gli passa nemmeno per un secondo il concetto che Woody Allen significa ben altro ed è incomparabile rispetto ai mostri sacri del jazz. Ricordo che una volta ci cascò anche Renzo Arbore, quando dopo aver duettato con lui, disse che era rimasto un po’ deluso perché aveva ben altre aspettative. Già, le aspettative. Mai farsene troppe, soprattutto quando un irresistibile ottantottenne si prende ancora per i fondelli, omaggiando invece i musicisti che suonano divinamente con lui. Di quest’ultimi, nessun ominide ha scritto una vocale che una. Eppure c’erano. Agli ominidi social dedico questa sublime battuta di Allen:
“Quando si manifesta è bene portare un cartello che dichiari la propria posizione. Alcuni chiarimenti circa la posizione: riduzione delle tasse, aumento delle tasse, ecc.”
Nella fattispecie: “Il jazz si suona così o non si suona”.
Ominidi social di tutto il mondo, disunitevi.
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