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venerdì, Luglio 26, 2024

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Achille Lauro ha reso giustizia alle donne più delle stesse donne all’Ariston

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Achille Lauro, paladino della femminilità, ha reso giustizia a noi donne molto di più di quanto hanno fatto le stesse donne sul palco dell’Ariston.

Mala tempora currunt sed peiora parantur” diceva saggiamente Marco Tullio Cicerone. E in effetti è così. Se ci guardiamo intorno, se leggiamo le cronache, se ascoltiamo i Tg non possiamo che renderci conto di quanto la nostra società si stia imbarbarendo. E a passo di un gambero che sembra avere innestato il turbo, ci ritroviamo contornati da persone che per ignoranza, cattiveria, inadeguatezza sociale, fanno riemergere cose che pensavamo di esserci lasciati alle spalle, dalla segnalazione dell’abitazione di un “giudeo”, allo squadrismo contro una persona di colore o un omosessuale.

Ciò premesso, poiché qui si parla principalmente di musica, sento di dover fare un plauso ad Achille Lauro che con il suo strepitoso abbigliamento firmato Gucci ha saputo sparigliare le carte del Festival di Sanremo 2020 creando stupore, aspettative e lanciando un messaggio chiarissimo sui suoi stessi social:

“Oltre il maschile e il femminile. Oltre gli schemi omologanti di una sessualità politicamente corretta. Oltre la divisione binaria, metto solo un filo di rossetto”. (Instragam – achilleidol) 

Sin dalla prima esibizione si sono scatenati commenti omofobi contro le scelte di Lauro. Criticatissima, infatti, è stata la sua prima performance ispirata all’arte italiana e alla quinta delle 28 scene del ciclo di affreschi delle Storie di San Francesco che si trovano nella Basilica Superiore di Assisi, dove il Santo rinuncia ai propri abiti come metafora del rifiuto della propria ricchezza materiale, per votarsi alla compassione e alla fede. Achille è entrato in scena scalzo, indossando un prezioso mantello che poi ha lasciato cadere.

achille lauro

Superato il primo momento di stupore di fronte ad un gesto decisamente disinibito che lo ha visto rimanere con addosso solo una tutina trasparente di strass realizzata per lui (insieme al resto degli outifit sanremesi) dallo stilista Nicolò Cerioni con la complicità di Alessandro Michele per Gucci, ecco scatenarsi l’inferno. Tra le prime battute sui social, da parte di uomini e purtroppo anche di donne, ha dominato quella sul pene, presunto piccolo, innescando una banale quanto inutile e oserei dire obsoleta questione di misure. Un sessismo becero che riguarda da sempre le donne, ma che evidentemente non risparmia neppure gli uomini.

Sera dopo sera, Lauro ci ha visivamente allietati con riferimenti iconografici pittorici e veri capolavori di abbigliamento.

Nella serata dei duetti, emulando David Bowie al quale ha reso omaggio vestendo i panni di Ziggy Stardust, il cantante ha creato intorno a sé un’atmosfera magica, ben supportata dalla bellissima e intonatissima Annalisa. Una scelta meravigliosa che ha dato molto più valore al tema dell’uguaglianza uomo-donna e alla libertà di vivere la propria sessualità rispetto alle tante, troppe chiacchiere e contestazioni che si sono fatte prima e durante la kermesse.

© MARINA MAZZOLI

Infatti, dopo le gaffe di Amadeus tra l’infelice frase del “passo indietro” a suo parere doveroso da parte delle compagne degli uomini di successo e l’invito a partecipare al Festival di Junior Cally, salito ai disonori delle cronache per una volgare e violenta canzone contro le donne, l’unico uomo che è riuscito con la sua intersessualità a spazzare via ogni ipocrisia è stato proprio il giovane Achille, che non è un gran cantante (lo abbiamo sentito tutti) ma è sicuramente in grado, nel bene e nel male, di suscitare reazioni.

sanremo

Rotto il ghiaccio, dopo la prima serata choc, da Achille Lauro ci si è aspettato l’incanto e l’incanto è arrivato con due precisi omaggi: uno alla Marchesa Luisa Casati Stampa, vissuta a cavallo tra ‘800 e ‘900, grande donna, mecenate romana e musa ispiratrice di molti artisti tra cui Gabriele D’Annunzio, per approdare a Elisabetta I Tudor d’Inghilterra, “vergine sposa della patria del popolo, dell’arte e difensore della libertà” (Instagram – achilleidol) che protesse scrittori come William Shakespeare, Christopher Marlow, Francis Bacon e che indossava abiti imponenti per non apparire mai inferiore ai suoi cortigiani maschi.

Achille Lauro
© MARINA MAZZOLI

Con queste scelte Achille Lauro ha levato con delicatezza la sua elegante spada contro il conformismo, i preconcetti e gli stereotipi di genere retrogradi e anacronistici. C’è chi ha urlato allo scandalo, tra questi i politici Maurizio Gasparri e Simone Pillon, irritati dal fatto che il rapper romano (oggi convertito al pop) stesse portando sul palco di Sanremo e nelle case degli italiani la filosofia e il glamour genderless.

Per chi come me ha avuto la fortuna di vivere in un tempo in cui nessuno giudicava David Bowie per il suo abbigliamento e l’ambiguità della sua sessualità e dove tutti amavano Boy George, George Michael, Freddy Mercury, Elton John con il loro trucco, i loro abiti e le loro eccentricità, lo “scandalo” suscitato da Lauro mi ha catapultato senza preavviso in un’altra epoca, quella dell’oscurantismo, dell’Inquisizione, della caccia alle streghe. Il culmine lo si è raggiunto l’ultima sera quando è scoccato il bacio sulle labbra del suo complice e produttore Boss Doms, che ha sempre accompagnato l’artista sul palco. Un epilogo che ha scatenato definitivamente l’ira degli odiatori.

Achille Lauro

Leggendo le frasi offensive a loro rivolte mi è venuto in mente quando, nel 2018, si erano sprecate numerose battute omofobe sul duo Ermal Meta e Fabrizio Moro, autori della canzone Non Mi avete Fatto Niente, vincitrice di quell’edizione, “colpevoli” di essersi sfiorati con le mani durante l’esibizione, un gesto di evidente amicizia risultato imperdonabile e fastidioso agli occhi dei tanti benpensanti da tastiera che costrinsero Meta, a proposito di un suo presunto flirt con Moro, a dichiarare: “Ci vogliamo bene, ma non così tanto (…) ho ironizzato su dei disegni scherzosi senza sentirmi offeso. L’omosessualità non è qualcosa da cui difendersi. È solo che mi piacciono le donne, così come piacciono al buon Fabrizio”.

Ecco, questa è l’Italia del terzo millennio, un’Italia che se da una parte fa vincere Sanremo ad una canzone che tratta un tema importante come quello del terrorismo, dall’altra costringe un artista a dare spiegazioni sulla propria sessualità. Un brutto clima che nell’edizione 2020 Achille Lauro ha preso di petto intitolando la sua canzone “Me ne Frego” e cercando di andare oltre i giudizi dei benpensanti. E proprio per mettere a tacere questi ultimi che in un altro post su Instragram Achille ha precisato:

Cinquantenni disgustosi, maschi omofobi. Ho avuto a che fare per anni con ‘sta gente volgare per via dei miei giri. Sono cresciuto con ‘sto schifo. L’aria densa di finto testosterone, il linguaggio tribale costruito, anaffettivo nei confronti del femminile e in generale l’immagine di donna oggetto (…) Sono allergico ai modi maschili ignoranti con cui sono cresciuto. Allora indossare capi di abbigliamento femminili, oltre che il trucco. La confusione di generi è il mio modo di dissentire e ribadire il mio anarchismo, di rifiutare le convenzioni da cui poi si generano discriminazione a violenza.

Sono fatto così, mi metto quel che voglio e mi piace: la pelliccia, la pochette, gli occhiali glitterati sono da femmina? Allora sono una femmina. Tutto qui? Io voglio essere mortalmente contagiato dalla femminilità, che per me significa delicatezza, eleganza, candore. Ogni tanto qualcuno mi dice: ma che ti è successo? Io rispondo: sono diventato una signorina”.

Achille

Con queste parole il giovane Lauro – paladino della femminilità – ha reso giustizia a noi donne in misura decisamente superiore rispetto a quel che han fatto o tentato di fare le tante bellezze invitate sul palco di Sanremo 2020 da Amadeus, eccetto Rula Jebreal che ha portato una testimonianza autentica, drammatica, sofferta e vera. Alla luce di questi risultati, al trasgressivo artista vorrei dare un semplice consiglio: non puntare tutto sull’immagine e sui costosissimi outfit firmati da Gucci o da qualsiasi altro stilista perché un cantante ha anche bisogno di una voce, di capacità interpretativa, di una buona e chiara dizione.

Spero che il tempo di studiare Lauro De Marinis (questo il suo vero nome) lo trovi e, passata l’ubriacatura e il successo sanremese, inizi seriamente a farlo per diventare un vero e apprezzato cantante. Quattro mise mozzafiato non fanno un artista, né un’icona pop. Chi ce l’ha fatta, prima di lui, ha indossato gli abiti insieme al proprio talento. Mi auguro sinceramente che Achille riesca nel suo progetto. Abbiamo bisogno di giovani con la sua sensibilità, il suo amore per le donne e il suo coraggio.

achille lauro

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