Se ti piace la musica leggera italiana, quella pop radio fresca e che più o meno racconta l’amore, allora il nuovo album dei Thegiornalisti fa al tuo caso.
Si intitola “LOVE” (LEGGI ARTICOLO PRECEDENTE), la copertina sembra l’insegna al neon di un locale per innamorati, ci sono dieci canzoni e almeno la metà delle quali sono potenziali tormentoni radiofonici. E ancora: i suoni sono molto ben curati, la voce ha un impasto sonoro efficace, gli arrangiamenti sono contemporanei con venature vintage che erano già nel mondo Thegiornalisti di “Completamente sold out”. La scrittura di Tommaso Paradiso, frontman, autore e di fatto un cantautore travestito da band, è una scrittura matura, scafata, c’è molto mestiere pop come si usa dire, ed è certamente una scrittura autorale di rilievo nel mondo pop italiano di questi anni (troppo spesso confuso e avaro di slogan originali).
Detto tutto ciò, “Love” non è un album straordinario. E’ troppo di testa e poco di cuore, circostanza che sembra assurda in un contesto così concentrata su parole d’amore. C’è troppo pensiero e poco istinto. Non è vero, come ho letto in giro, che Paradiso oggi scrive in modo più maturo rispetto a quel “Fuoricampo” (2014) che lo ha lanciato sotto i riflettori della grande produzione italiana. Oggi Paradiso scrive più consapevole di cosa e come fare per piacere a un pubblico più ampio. Ma le intuizioni letterarie di brani come “Promiscuità”, non ci sono più. C’è un linguaggio onestamente e sonoramente adeguato e adeguante, senza frizioni, senza mai stridere, senza più quei lampi di follia creativa che rendono diverso il pop d’autore dal pop commerciale. Sono differenze piccole, eppure capaci di illuminare paesaggi canori lontanissimi. La produzione di Dario Faini è attenta, elegante, rispettosa del recente passato di questa band romana che anche grazie alla precedente produzione di Cantaluppi ha conquistato la radiofonia.
Ora, va anche detto che in questo “Love” Tommaso Paradiso ci riporta non solo ai suoni, ma anche alle ambientazioni del pop di successo degli anni Ottanta. A volte ti viene in mente Umberto Tozzi (“New York”), a volte ti viene in mente il Vasco di Toffee (in “Love”), a volte il Venditti del Circo Massimo (in “Controllo”). A volte, ma lo dico con tenerezza, mi viene in mente quando da bambini guardavamo il Festival di Sanremo e cercavamo di indovinare le parole delle canzoni, come se alcuni versi i cantanti li improvvisassero loro stessi sul momento. Come se adesso Tommaso Paradiso giocasse a tal punto con un linguaggio facilmente accessibile a tutti da renderlo quasi prevedibile.
Da un artista capace di scrivere dei tormentoni radio straordinari, e Paradiso questo è oggi in Italia, ci si aspetterebbe nell’ambito di un album di dieci canzoni (più uno strumentale) almeno un episodio di piccola follia, intendendo come follia qualcosa che esce dalle righe, che crea l’effetto stupore, che ti venga da dire: “oh cazzo, cos’è sta cosa qui?”. Invece in “Love” non succede. E’ tutto bello patinato, lucidato e fatto bene, ti accompagna in un viaggio in auto magari in coda nel traffico (argomento al quale Paradiso è molto sensibile visto che di code al mare, di auto e sedili scrive spesso). Manca un po’ di quel disordine che pure Paradiso avrebbe nell’animo, fino a un passato recente tormentato e adesso fin troppo rappacificato, quasi normalizzato.
Dopo il successo estivo meritatissimo di “Felicità puttana”, oggettivamente un gran pezzo radio, e dopo i singoli “Questa nostra stupida canzone d’amore” (altra citazione vendittiana) e “New York”, l’album propone almeno altri due pezzi di sicuro successo: “Zero stare sereno” e poi il brano che dà il titolo all’album, “Love”.
Chiude il lavoro la canzone più intimista, “Dr. House”. Che sembrerebbe un esercizio elementare se non nascondesse una verità personale di Tommaso Paradiso: avrebbe voluto avere un padre, e lo avrebbe voluto come quel Dr. House che vedeva in televisione. Non sarà poesia, ma quando riconosci Paradiso parlare della sua vita vera, è come se qualcosa si accendesse intorno al suo processo comunicativo. E così gli perdoni la mania di farsi cento selfie al giorno, e gli vuoi anche un po’ bene.
Tracklist “LOVE” – Thegiornalisti
“Overture”,
“Zero stare sereno”,
“New York”,
“Una casa al mare”,
“Controllo”, “Love”,
“Milano Roma”,
“L’ultimo giorno della terra”,
“Questa nostra stupida canzone d’amore”,
“Felicità puttana”,
“Dr.House”.
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