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La musica coperta da copyright sbarca, non senza polemiche, su Facebook

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Facebook, lo storico social di Zuckerberg, sta da tempo inglobando sempre nuovi settori, dai messaggi ai video fino all’ecommerce. Ora punta al mondo musicale.

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Il social per antonomasia, che nel 2018 festeggia i suoi primi 14 anni, è infatti diventato qualcosa di molto più ricco rispetto a quel che era originariamente: da network creato per entrare semplicemente in contatto con gli amici, il gioiello di Mark è adesso una piattaforma con cui si può fare quasi tutto. Comprare e vendere oggetti, per esempio, in virtù della funzione MarketPlace; condividere e guardare video in tempo reale grazie a Watch; ascoltare podcast con Live Audio.

Notizia recente è la definizione di svariate partnership riguardanti la musica: si tratta di accordi siglati dal social con case discografiche come Universal e Sony cui andrà presto a sommarsi – si vocifera – quello con Warner. Tutte scuderie che gestiscono anche molti dei cantanti appena visti sul palco di Sanremo, da Ornella Vanoni a Ron, da Noemi a Lo Stato sociale fino allo stesso direttore artistico del Festival, Claudio Baglioni.

Ufficialmente il fine delle trattative è far sì che gli utenti di Facebook possano pubblicare e condividere musiche e canzoni coperte da copyright. Considerando però che a capo della squadra che si occupa della strategia musicale c’è Tamara Hrivnak, che Zuckerberg ha «rubato» a YouTube per metterla a capo della Global Music Strategy di Facebook, dietro gli accordi in corso potrebbe celarsi la volontà di rendere il social un diretto concorrente della notissima piattaforma dei video online.

Il terreno di gioco è quello del tempo libero da sottrarre ai rispettivi utenti, che – stando a uno studio pubblicato dall’agenzia marketing Mediakix la scorsa primavera – si attesta sui 40 minuti al giorno. Sebbene il calo del numero totale di ore spese da chi è connesso su Facebook, a livello mondiale, nell’ultima parte del 2017 si aggiri sul 5%, ovvero 2 minuti a testa, per Zuckerberg dev’essere suonato un campanello d’allarme.

Figlie di quest’ottica le due notizie importantissime e assai controverse annunciate ad inizio anno: la lotta alle fake news affidata agli stessi utenti, cui spetta decidere cosa sia attendibile o meno, e soprattutto la modifica dell’algoritmo, che promette agli iscritti al social di vedere più post degli amici e familiari e meno post sponsorizzati e notizie delle fan page (con gli opportuni distinguo). L’idea di ridurre lo spazio dedicato alle (troppe) pubblicità ha gettato nel panico gli investitori, che temono la perdita delle entrate pubblicitarie; rischio per il momento scongiurato, se è vero che nell’ultima trimestrale Facebook ha ampiamente battuto le previsioni fatturando ben 12,97 miliardi di dollari.

Più cose si possono fare su Facebook, più tempo vi si passa incollati. Nell’evoluzione del re dei social che va in questa direzione, la questione dei diritti musicali è per forza di cose centrale. Ascoltare per intero i brani di Apple Music è già possibile via Messenger, all’interno delle conversazioni; non è da escludere che in un futuro non troppo lontano Zuckerberg riesca a farli trasmettere direttamente da Facebook.

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