Fabrizio Giannini ad incontrarlo ci vuole pazienza, perché giustamente prima ci sono i suoi impegni, tanto che in un sms gli ho scritto “Ah Fabrì, ma intervistare Bob Dylan è più facile!”. Lui mi ha risposto con una risata e, alla fine, siamo riusciti a combinare. E così, ecco che oggi é venuto a trovarmi a casa. Preparo un caffé per entrambi, ci informiamo delle rispettive famiglie, e finalmente ci sediamo per cominciare…
Fabrizio, ti dico subito che il primo ricordo che ho di te risale al medio evo… credo ai primi anni ottanta. Mi ricordo infatti di quando avevi appena cominciato a lavorare per la CGD e facevi la promozione radio… una Volvo bianca famigliare, io e Walter Foini in macchina con te, e dietro una carrettata di 45 giri…
Caspita, ma é vero… si la macchina era mia, che bel momento mi hai ricordato… andavamo a Radio Lombardia e io avevo appena cominciato a lavorare per la CGD. Era il 1980, un anno un po’ particolare per me in tutti i sensi… a gennaio è morto mio papà, poi a marzo ho scoperto che la mia fidanzata di quel tempo era incinta e abbiamo deciso di sposarci. Mi sono diplomato, poi a settembre è nata Virginia, mia figlia…
Hai fatto un casino pazzesco… (Rido)
Direi di si! E poi il primo di ottobre ho cominciato a lavorare alla CGD occupandomi della promozione, ma limitata all’area della Lombardia…
Tuo padre era un dirigente importante della CGD.
Era responsabile del repertorio internazionale, è stato il primo a concludere accordi con le case discografiche straniere perché venissero distribuite in Italia, prima fra tutte la CBS.
Purtroppo non l’ho mai conosciuto… dicevano che era un napoletano simpaticissimo… che tipo di napoletano era?
Guarda, io credo che avesse qualcosa che mi ha tramandato, infatti un giorno una persona mi ha detto “Tu sei un milanese con il cuore napoletano” e un complimento migliore non poteva farmi. E’ una cosa molto bella, esattamente quello che sono io: metodico e preciso sotto alcuni punti di vista e con un cuore aperto, napoletano appunto…
Ma tuo padre non parlava il dialetto, come mio padre, per esempio, che non ha mai perso quelle inflessioni?
Ma no, guarda, lui viaggiando per il mondo aveva perso completamente la cadenza, era un uomo molto elegante, distinto, e di una gran simpatia. Insomma, sapeva stare al mondo.
Senti, ma quando sei stato assunto alla CGD, pensi che questo sia accaduto perché tuo padre era stato un importante dirigente? E se é così, la cosa ti ha pesato?
Hai toccato un punto molto delicato… mio padre é morto che io avevo soltanto 19 anni, ed ero nella fase della mia vita in cui facevo solo cazzate, e per come sono andate le cose dopo, mi dispiace tantissimo che non abbia potuto dimostrargli quanto poi fossi cambiato e diventato un uomo responsabile… ho un grande rammarico a questo proposito, perché lo facevo solo incazzare… inoltre, due anni prima che morisse, i miei genitori si sono separati e così l’ho conosciuto poco.
Così per te è stato difficile lavorare alla CGD…
Sì, molto difficile… anche perché era talmente recente la sua scomparsa, e talmente forte la sua personalità, che io ero sempre il figlio di Peppino Giannini… e da una parte mi faceva piacere da un’altra parte mi soffocava… e sono stati cinque anni importanti, perché ho lavorato esclusivamente nella promozione.
Chi era il tuo capo?
Il grandissimo e sempre rimpianto Antonio Nocera, che a sua volta dipendeva da Johnny Porta…
Così se rimasto cinque anni alla CGD?
Esatto, ma il desiderio di cambiare era forte, e quando ho avuto un’offerta dalla CBS, guidata allora da Lafalce, non ci ho pensato due volte… in effetti io non avrei voluto andare via, perché lì mi sentivo a casa, ma forse troppo a casa… iper protetto, volevo andare avanti con le mie gambe, mettermi alla prova…
Una scelta molto matura per la tua età di allora…
Sì, credo… vedi, alla CBS il mio cognome era sempre importante, ma non così determinante.
E cosa ti hanno fatto fare alla CBS?
Il product manager del local… ovvero del prodotto italiano… e sono stati anni molto belli, che mi hanno aiutato a crescere, a firmare i primi contratti, per esempio quello di Fiorella Mannoia. Tra l’altro poi ci furono alcuni cambiamenti, e io mi rapportavo direttamente con Lafalce.
Ma non c’era Fabrizio Intra?
(ndr Fabrizio Intra fu un valido direttore artistico che lavorò per tanti anni alla CBS, inanellando una grande serie di artisti di successo, una persona sensibile e molto simpatica, sempre sorridente)
Sì, io ho lavorato con lui per un po’ di tempo… poi Cabrini che era il direttore marketing andò alla Emi, quindi si liberò un posto al marketing e Intra lo avevano spostato lì, e allora mi venne data l’opportunità di collaborare col reparto artistico, e tutti gli A&R riportavano a Lafalce.
Quindi?
Niente, io avevo il fuoco dentro, volevo diventare il capo, avere la completa responsabilità dell’artistico… però ero ritenuto troppo giovane per quel ruolo, solo che poi mi sono ritrovato ad avere come interlocutore Claudio Buia, che era stato voluto da Lafalce, il quale gli aveva affidato la responsabilità dell’artistico… il problema era che purtroppo io non riuscivo a trovare la giusta sintonia, così ho resistito qualche mese, poi un giorno mi sono presentato a Lafalce e gli ho spiegato le mie ragioni. Lui mi ha detto solo questo: “Giannini, l’azienda ha preso una decisione, se le va bene é così, altrimenti può andare via quando vuole…”
E a questo punto? Dopo questa porta in faccia cosa hai fatto?
E’ successo che mi ha chiamato Cabrini, che appunto era alla Emi, dove poche settimane dopo ho cominciato a lavorare all’artistico sotto la direzione di Pierangelo Mauri, il quale mi lasciava parecchio spazio, e lì mi sono preso alcune soddisfazioni, come il successo di “Faccia da pirla”, cantato da un certo Charlie e poi i Ladri di Biciclette… ma la cosa bella era che Mauri mi lasciava molto libero, e questo è stato vantaggioso per entrambi…
E poi cosa è accaduto?
Eh… ero sempre lì… sentivo dentro questa voglia di spaccare tutto…
… che poi è tipica di chi vuole a tutti costi fare successo… riguarda qualsiasi tipo di lavoro, credo…
Ma certamente, quella se non ce l’hai non può mai succedere niente… ma vedi, anche alla Emi mi sentivo l’eterno secondo, e Mauri era troppo giovane perché io avessi qualche speranza di poterlo scavalcare… ma ecco che mi arriva una telefonata della Wea, che poi era la Warner, e siamo nel 1990, nella persona dell’amministratore delegato che era Marco Bignotti, segnalato da Massimo Giuliano, che allora era direttore marketing… e a questo punto, finalmente, mi offrono l’agognato ruolo di responsabile artistico e in seguito direttore. Consci che il loro repertorio era veramente ridotto all’osso, il mio compito vero era quello di fare dei successi, acquisire nuovi artisti.
Se ben ricordo sono stati per te dieci anni entusiasmanti…
Puoi dirlo, davvero entusiasmanti… a gennaio ho firmato con Ligabue, poi l’anno dopo firmo con Gino Paoli con “Eravamo quattro amici al bar”, poi Ron con “E non c’è bisogno di parole” e Finardi con un “Best Of…” e lì mi hanno fatto dirigente.
Poi succede che la Wea compra la CGD…
Esatto, proprio la CGD dove io avevo lavorato… e così la Warner diventa casa madre con sotto due label come la Wea e la CGD… e Bignotti mi fa la proposta di passare alla CGD proprio per rinforzare il repertorio local…. e per me è stato come tornare a casa… e qui un’altra botta di fortuna: firmo con la Pausini, la porto a Sanremo e vince con “La solitudine”.
Caspita, però che fiuto… altro che fortuna…
L’anno dopo firmo con Irene Grandi… e poi inizio ad assestarmi e mi promuovono direttore generale… e qui nascono nuovi problemi, perché mi trovo ad avere a che fare con il Top Management e di pubbliche relazioni internazionali, cosa che io non ho mai saputo fare, non sono il tipo. Mi avevano fatto fuori dalla parte artistica/creativa e dovevo occuparmi di cose che non mi interessavano, come di finanza, di conti e cose del genere…
Così non ti divertivi più…
No, perché non potevo più occuparmi della parte artistica… e poi a queste riunioni internazionali soffrivo, si parlava solo di budget, di soldi… e poi non ero bravo ad costruirmi delle amicizie importanti soprattutto all’estero… insomma, come direttore generale ero un disastro… ed é a questo punto che comincio a discutere con il management inglese e con Caccia Dominioni il mio presidente italiano.
Vai avanti, che credo che tu stia arrivando a punto che mi riguarda…
Già… (Ride)
Infatti succede che un giorno due signori, Alberto Salerno e Mara Maionchi mi portano Tiziano Ferro.
Lo ricordo perfettamente quel giorno…
E io no? Ma non ti ricordi che a metà di Perdono sono saltato in piedi e ho gridato:”Questo lo voglio!!!”?
Certo, che me lo ricordo, io e Mara eravamo basiti, perché tutti ci avevano sbattuto la porta in faccia… per dire la verità tranne Tino Silvestri e Quaglia che lo volevano ma non riuscirono a farsi approvare la proposta di cinque album…
La storia credo che la sappiano tutti, tranne un particolare che conosciamo solo noi due… e cioè che ti dissi che io sarei andato via dalla CGD e che avrei voluto portare Tiziano da un’altra parte, ma non potevo ancora dirti qual’era la casa discografica perché non avevo ancora chiarito cose e firmato alcun impegno.
Ci siamo fidati di te…
E di questo vi sono ancora grato, davvero.
Eri troppo convinto, e poi abbiamo avuto ragione a seguirti.
Così dopo il successo di Tiziano torna ad aleggiare la voce che io avevo solo culo, “..e che culo ha Giannini” eccetera, e la cosa davvero mi seccava… così un giorno ho chiamato Franco Cabrini, che ha sempre un po’ rivestito il ruolo del mio confidente, e lui mi ha detto una cosa che mi ha colpito, mi ha detto: “Fabrizio, fregatene, tu devi essere contento che ti dicano che sei fortunato perché uno bravo nella vita lo può diventare, fortunato no…”. In ogni modo stavo firmando con Riccardo Clary, ma ho posto una condizione, quella di accettare solo se mi faceva fare un progetto al quale tenevo tantissimo… e il progetto era appunto Tiziano Ferro. Lui è stato bravissimo, ha accettato, anche se naturalmente questa cosa non è stata messa nel contratto.
Sì, mi ricordo che ce l’avevi detto… vabbè poi le cose sono andate alla grande, sia per te che per noi, che per Tiziano… Beh, adesso dimmi invece qualcuno in cui hai creduto e non ha funzionato.
Un artista che mi piaceva e in cui credevo, magari tu nemmeno lo ricordi era Gianni Fiorellino.
Guarda che io me lo ricordo…
Era un neo melodico, che arrivava sull’onda del successo di Gigi D’Alessio, e io in lui ci credevo proprio a dei livelli pazzeschi… ero sicuro, pensavo fosse un colpo sicuro.
Parliamo della tua collaborazione con Giorgia…
Giorgia é il mio più grande dispiacere… Giorgia per me é una delle più brave cantanti italiane, forse la più brava… mi é sempre piaciuta fin dal suo debutto e l’ho seguita da discografico. Poi l’ho seguita come manager, ma non era mai capitata l’occasione di lavorare insieme fino a quando lei non litigò con il manager e mi chiamò offrendomi appunto la chance di collaborare… io ero felicissimo, perché era come coronare un sogno.
Sì, ma cosa è accaduto…
Ma non lo so nemmeno io, tutto è nato da una mia critica su un video che non mi piaceva e da lì la faccenda si è alimentata da sola fino a farla scoppiare, e all’improvviso lei non ha più voluto parlarmi, non rispondeva al telefono…
Questo episodio quando è accaduto esattamente.
Durante la promozione del secondo disco… e così il nostro rapporto professionale é terminato…
E con Eros Ramazzotti?
Intanto con Eros non ho mai lavorato artisticamente. Eros mi ha chiamato e mi ha chiesto di lavorare insieme… lui era in un momento un po’ incasinato, il rapporto con la Sony era usurato e aveva bisogno di aiuto… stava riorganizzando RadioRama e non aveva un progetto artistico… io gli detto sì, ovviamente, perché già pensavo che avrebbe potuto fare un grande disco. Così gli ho risolto i problemi di RadioRama e l’ho aiutato a fare un nuovo contratto con la Universal…
Dunque?
Ma niente… anche qui fatti strani, quando abbiamo cominciato a progettare il nuovo disco abbiamo avuto delle discussioni… che riguardavano i rapporti, gli atteggiamenti… e a questo punto lui mi ha detto… “guarda a me non piace come lavori” e io gli ho detto, ok… non c’è problema… ci siamo stretti la mano…
Senti, Fabrizio, concludiamo con due piccole domande… hai dei rimorsi?
Il rimorso é legato a come si é chiuso il rapporto con Giorgia, perché non mi ha dato l’opportunità di capire cosa fosse realmente successo; credo che nella vita I rapporti di lavoro non siano eterni, però non mi piace che resti del rancore.
E rimpianti?
Di non essere andato all’estero a farmi un’esperienza internazionale e magari oggi lavorare con qualche artista straniero.
Ok, ti ringrazio tantissimo, penso che questa tua intervista piacerà a parecchia gente… salutami Tiziano e stammi bene…
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