Il 1964 è ancora ricordato per lo Show Business americano come un Venerdì 13, poiché lo sbarco negli States dei Beatles provocò un vero terremoto discografico, mettendo a dura prova le certezze degli americani che allora si sentivano i padroni incontrastati delle classifiche mondiali.
Naturalmente in passato era già accaduto che qualche “disco straniero” riuscisse ad entrare nelle classifiche di Cash Box e Billboard – le due riviste musicali più lette e consultate in assoluto -, come esempio “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno, che laggiù fu ribattezzato “Mr. Volare“, ma tutto sommato erano dei successi casuali.
Mai prima di allora, però, era accaduto che un artista britannico, in questo caso i Beatles, piazzasse ben OTTO 45 giri nella Top 100 della classifica generale di tutto l’anno: al primo posto si piazzò “I want to hold your hand”, al secondo posto “She love you”, al tredicesimo posto “A hard day’s night”, al quattordicesimo posto “Love me do”, al sedicesimo posto “Please Please me”, al quarantesimo posto “Twist and Shout”, al cinquantaduesimo posto “Can’t buy me love”, al cinquantacinquesimo posto “Do you want to know a secret”.
La Capitol, che allora distribuiva i Beatles in America, fece una promozione pesantissima. I Beatles parteciparono due volte all’Ed Sullivan Show battendo ogni record di ascolto e si esibirono dal vivo a New York, Washington e Miami.
Come ho già scritto sopra, per la discografia statunitense fu un vero shock sotto tutti i punti di vista: artistico, finanziario e morale. Gli articoli e i servizi televisivi, a proposito di questo evento, si sprecarono, e credo che esista anche un libro che ne parli dettagliatamente.
Del resto, prima di loro, ci aveva provato Clift Richard, che aveva ricevuto solo schiaffi in faccia, tanto che John Lennon, il più dubbioso dei quattro, prima della partenza, aveva appunto ricordato a tutti che il loro connazionale in America si era “schiantato”.
Non si può non ricordare, comunque, il ruolo fondamentale che ebbe Brian Epstein nel tracciare la strategia per lo sbarco, un po’ come se fosse stato il “D-Day”. E fu grazie a questo successo indescrivibile che nacque quella che fu chiamata “Beatlesmania“, e se ancora oggi ricordate ad un discografico americano quel fatidico 1964 lo vedrete sbiancare in faccia.
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