di Tiziana Pavone
La Famosa Città della Musica gode di molti appuntamenti organizzati dal Club Tenco. Associazione che al suo interno integra un gruppo di cittadini attivi forti di grandi esperienze professionali, insieme ai professionisti dello spettacolo di caratura nazionale ed internazionale, e a svariati partners pubblici e privati (come il Comune, il Casinò, il Royal Hotel, la SIAE, la Coop Liguria). Un bel concentrato di saperi che da cinquant’anni alimenta il tempio indiscusso della musica d’autore per eccellenza: il Premio Tenco.

Il 2017 porta ricche novità. Intanto si è appena concluso l’appuntamento primaverile, che quest’anno si è accavallato al vicino Festival della Parola di Chiavari, regalando alla Liguria due grandi anticipi di bella stagione.
La Rassegna “Complice la Musica” alla seconda edizione, prende il titolo da un libro della poetessa, scrittrice e intellettuale Fernanda Pivano. Il sottotitolo non poteva che essere Musiche da New York: “La sua grande capacità di divulgare la letteratura americana ha declinato l’idea di una serata che avesse come filo conduttore l’influenza della musica d’oltreoceano su quella italiana”, spiega il Club.

La Pivano, una delle figure di spicco della cultura del Novecento italiano, con la sua tenacia, ha infatti traghettato in Italia l’importante corrente filosofica della Beat Generation. Là dentro c’erano davvero tutti i miti d’oltreoceano emersi tra i ’50 e i ’60. E chi ha oggi sessant’anni sa di che parlo.
Di giganti avanguardisti che movimentavano il Greenwich Village, il quartiere newyorkese di artisti come il filosofo Allen Ginsberg, il visionario anticonformista Andy Warhol, il Premio Nobel Bob Dylan (Talkin’ New York), che là ha abbracciato il folk di Woody Guthrie.

La Pivano era legata a tutti loro. Ai suoi esordi come traduttrice, per farci conoscere Addio alle Armi di Hemingway, fu imprigionata dai nazisti a vent’anni! Finita la guerra fu chiamata dallo stesso scrittore e così iniziò la sua svolta. Sapeva che la canzone può essere letteratura. E l’accademia di Stoccolma solo adesso le ha dato ragione. Nel conoscere la sua biografia, non è difficile immaginare perché venga ben celebrato il centenario della sua nascita. E perchè, a cinquant’anni dall’uscita di Howl, nel 2005 si aggiudicò il Premio Tenco.

Il 7 maggio scorso, al Teatro Ariston, tra gli artisti che l’avevano conosciuta in America, a omaggiarla c’era Patti Smith. Quella di Sanremo è la seconda tappa del suo minitour italiano. La poetessa che aveva rappresentato Dylan alla scorsa cerimonia del Premio Nobel, e che quattro giorni fa a Parma aveva ricevuto la laurea honoris causa in Lettere Classiche e Moderne (come da nostro articolo precedente). Loro due si erano già incontrate a Sanremo nel 2003. Fernanda le consegnò il prestigioso Premio che due anni dopo toccò ricevere a lei. Il Premio Tenco viene confuso erroneamente con la Targa omonima. Ma è legato alla carriera globale della persona (non ai dischi italiani di stagione). Ai suoi meriti di operatore culturale internazionale, capace di incidere sulle coscienze.

Fernanda e Patti nel 2003. Insieme abbracciarono lo striscione arcobaleno della pace. Patti portò una poesia, The Clouds of Sanremo. Questa volta lei, in Italia con sette date, ha letto il mantra in calce al testo sacro della Beat Generation, Howl (L’Urlo), pietra miliare del ’55 in difesa dei diritti civili. Libro che tra l’altro costò a Ferlinghetti, l’editore di Ginsberg, qualche rogna per aver pubblicato pagine considerate oscene (ne uscì poi da trionfante difensore della libertà di stampa).
La sacerdotessa del rock ha dunque attinto da quel libro, per dare la benedizione a Fernanda. Poi al fianco dei suoi due figli, una tastierista, l’altro chitarrista integrati nella band, ha dato il via al concerto, e cantato in ordine di scaletta:
Ghost Dance (danza ispirata al genocidio dei nativi d’America); Redondo Beach;
Dancing Barefoot;
Hard Rain;
Perfect Day;
Because the Night;
Gloria;
People Have the Power.
Di Hard Rain, canzone di Bob Dylan che aveva già cantato durante la cerimonia del Nobel, ha detto che da quando l’ha sentita la prima volta, quarantacinque anni fa, non ha potuto evitare di cantarla continuamente. E, avendo eliminato una decina di anni, si corregge subito, incredula che sia passato così tanto tempo: “solo cinquantacinque anni, wow!” Forse è per non tradirsi con la memoria, che esegue la canzone leggendola. Non sbaglierà più, come era accaduto in Svezia. A fine esecuzione, lancia il foglio ai piedi e conclude l’ultimo verso ad occhi chiusi.
Perfect Day invece la dedica all’accoglienza ricevuta a Sanremo: “è stata una giornata perfetta.” Il pubblico vuole sentire Gloria e c’è qualcuno che schiamazza e applaude spaiato.

Lei si affianca al figlio chitarrista, per capire. Lui scimmiotta l’euforia che ha colpito momentaneamente la sala. Lei comincia il trittico dall’amore protettivo di Because the Night, e invita tutti ad alzarsi per raggiungerla a bordo palco.
Gloria scatena la furia ballerina del pubblico redento. E’ pareggio di ogni conto. Balla. Batte le mani. Si porta verso i fan.
People Have the Power in chiusura, restituisce potere al popolo. Forse è per questo che non fa il bis. Ma bisogna accontentarsi. E’ già un miracolo che non sia uscita prima del tempo dal palco, come temeva il suo staff, preoccupato per la presenza dei fotografi che lei aveva chiesto di tenere a distanza. I fan hanno avuto la meglio. Davanti ci sono stati loro e tutti i cellulari.
Emozioni pure, per tutto ciò che ha rappresentato, scritto e toccato con mano questa grande testimone di un’epoca indimenticabile.
Anche gli artisti italiani sul palco hanno portato carisma. Dal genovese Vittorio De Scalzi dei New Trolls, più intimista, in apertura rassegna. Al cantautore Giorgio Conte, che ha dato la sua voce a una ballad composta da Sergio Secondiano Sacchi per rievocare il Cotton Club, leggendario locale newyorkese dell’era proibizionista.
Mauro Ermanno Giovanardi, bella voce profonda e suadente, conobbe Fernanda perchè gli fu presentata dal discografico imperiese Stefano Senardi. Produttore, e solista dopo aver lasciato i La Crus, in sala ammette di essere fuggito in gioventù per vedere a Bologna il concerto di Patti Smith. Questa volta si è esibito subito dopo di lei. Non è la sua prima volta al Club: con il suo album “Maledetto colui che è solo”, quattro anni fa aveva vinto la Targa Tenco come miglior interprete. Frequenta il Tenco dal ’95.

Fin qui, tutti amici di vecchia data della Pivano.
A chiudere il set, Dargen D’Amico. Si autodefinisce un “cantautorep”. Con lui il Tenco si apre a liriche differenti rispetto alla matrice più letteraria e poetica tipicamente riconducibile alla canzone d’autore tradizionale.
Come è stata l’idea di ospitare per la prima volta sul palco il fenomeno rap?
Durante gli incontri pomeridiani, fra altro arricchiti da tavole rotonde con Mario De Luigi di Musica&Dischi, il veterano Antonio Silva, gli organizzatori Graziella Corrent, Francesco Maccario unitamente ad altri soci storici, il Responsabile Artistico del Club, Sergio Sacchi, aveva annunciato il perché di questi set diversificati: “Abbiamo voluto raccontare la musica di New York attraverso quattro epoche e generi musicali: gli anni ’20 del jazz, i ’70, i cantautori. E poi il rap, che rappresenta l’ultimo significativo stile musicale e culturale importato dalla Grande Mela“.

“Complice la musica – Musiche da New York”, è stato solo il primo di una serie di appuntamenti che il Tenco riserverà quest’anno alle culture musicali delle città di mare. Un tema che verrà ripreso nella prossima Rassegna della Canzone d’Autore, in programma a ottobre.

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