Quando una insegnante di greco e filosofia come me ascolta un brano come “Occidentali’s Karma” non prova “un’emozione da poco”. Mentre ammira il sorriso accattivante di Francesco Gabbani che balla e interpreta magistralmente un brano che oscilla tra Shakespeare e Morris, non può che pensare a come i suoi allievi potrebbero avere un amore più grande per la filosofia, ballando sulle note di una canzone che si preannuncia subito come hit.
Il brano che ha vinto a Sanremo non è solo uno spaccato lucido dei nostri tempi, è un acquarello che attinge ai colori della filosofia di Oriente e Occidente di ogni epoca, denunciando la superficialità con cui spesso ci si avvicina alla meditazione.
Nasce così il desiderio di chiedere all’autore Fabio Ilacqua la genesi di questo brano e lui, appena tornato a casa dal Festival, racconta con gioia la nascita di quel testo che descrive un nuovo Sanremo… quello filosofico. Ma già “Amen” aveva spalancato le porte alla forza dirompente di Francesco Gabbani.
Questo quanto detto da Fabio Ilacqua circa il testo di “Occidentali’s Karma”:
Buongiorno Simona,
intanto la ringrazio per l’attenzione che ha voluto prestare al testo di Occidentali’s Karma.
La genesi di questo brano è stata lunga e laboriosa. La stesura dei primi appunti risale ad un anno fa. Come mi è capitato spesso di dire sono piuttosto monotematico.
Quello che scrivo ruota tendenzialmente intorno alla condizione umana. Occidentali’s Karma è uno sguardo sull’uomo contemporaneo, uomo che, come diceva Pasolini, è figlio di uno sviluppo tecnologico ma non di un parallelo progresso umano. Lo dimostra la massificazione della sottocultura, la scomparsa dell’individuo in favore di un’omologazione che rende tutto identico a se stesso, flessibile e dominato dalla paura. È il mondo liquido di Bauman. Un mondo dove il tempo viene cancellato, dove tutto dev’essere “qui ed ora” non nel senso induista del termine ma in quello capitalistico. L’uomo produce merce fino a quando non diventa merce esso stesso.
Nella scrittura privilegio l’utilizzo di immagini perchè non necessitano di media, di un codice da interpretare, come accade nella scrittura, e quindi sono più dirette e, se possibile, più forti. Vi sono nel brano una serie di riferimenti che, estrapolati dal loro contesto originario, acquistano un nuovo significato, una nuova lettura.
Il protagonista, come dicevo, è l’uomo contemporaneo che è tanto simile all’uomo di cui parla Quasimodo in “Uomo del mio tempo”, solo che al posto della pietra e della fionda stringe in mano gli oggetti dell’omologazione di massa. È la scimmia travestita da uomo: la scimmia nuda. Qui il riferimento è al noto antropologo Desmond Morris e al suo libro più importante.
Come dicevo all’inizio, la stesura definitiva del brano è figlia di una lunga lavorazione, di un continuo lavoro di lima. Mi piace l’idea che un testo non sia poi così diverso da un manufatto e cerco di levigarlo fino a quando non prende la forma precisa dell’idea che ho in testa.
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