Bollani è un mago di emozioni che usa la sua maestria come fosse una bacchetta magica.
Le dita dominano i tasti del pianoforte, l’immaginario crea architetture musicali, il talento le arricchisce di gusto, l’intelligenza le condisce d’ironia e cultura. Le mille sfumature di Bollani prendono vita.
Un concerto di Stefano Bollani è un’esperienza straordinaria per l’unicità dell’artista e l’imprevedibilità del repertorio. Il “Piano Solo” portato in scena il 22 gennaio al Teatro Carlo Felice di Genova è stato molto più di un concerto, è stato vivere un’esperienza musicale e comunicativa.
Le capacità artistiche di Bollani vanno infatti oltre la tecnica (peraltro sublime) e spaziano dall’intrattenimento al cabaret. Definire “concerto” la sua performance è decisamente riduttivo perché lui offre di più, agisce sul pianoforte con disinvoltura e irriverenza aprendo squarci inattesi e meravigliose parentesi fatte di conoscenza, tecnica e amore per la musica, tutta, che gli permette di prendere per mano e divertire ascoltatori di qualsiasi età e cultura.
Il concerto nel tempio genovese della lirica è iniziato con alcuni brani eseguiti con il piglio serio del pianista classico, poi la scaletta ha preso vita e lo spazio dato all’improvvisazione ha creato momenti di puro piacere. Molti gli appalusi, numerose le richieste di bis che lui ha soddisfatto dicendo: “Normalmente faccio un concerto corto e mi dilungo dopo, così la stampa scrive: Bollani ha concesso un’ora di bis”.
E’ stato grazie all’incontro con i dischi di Renato Carosone che Stefano Bollani, sin da adolescente, ha deciso che sarebbe stato un guitto, un autore, un pianista, un cantante, un autore. Il jazz, dopo il diploma di Conservatorio (ai suoi tempi si suonava solo e soltanto la classica) da trasgressione segreta è diventato un amore pubblico fatto di accenti e sapienti dissonanze. Da lì la svolta: riuscire a suonare divinamente bene qualsiasi cosa senza etichette, pregiudizi, censure, facendo incursioni in vari mondi. Ed ecco che oltre alle partiture colte e alla musica classica e jazz si fanno strada nel repertorio di Bollani il ragtime, la canzone d’autore, la canzone napoletana, la bossa nova, il pop.
Quel che mi ha sedotta della performance al Carlo Felice, oltre all’indubbia qualità del musicista che mostra estrema confidenza con ogni genere musicale, sono le numerose finestre aperte sulle canzonette, alcune sue: “così mi arriva la Siae”; altre ripescate con giocosa ironia dalle tradizioni italiane degli anni ’40 e ’50.
Il repertorio offerto da Bollani è stato immenso, ricco di una trasversalità fluida e piacevolissima: classico nelle giuste dosi, divertente nella scelta delle canzoni e dei giochi di parole basati sui doppi sensi, strepitoso nelle imitazioni, in particolare quella di Paolo Conte in Copacabana, brano composto dal pianista sullo stile dell’avvocato di Asti.
Due i momenti di poesia che hanno accarezzato e commosso il pubblico genovese: le esecuzioni magistrali di Hallelujah e Life on Mars, omaggi a Leonard Cohen e David Bowie che ci hanno lasciati nel 2016. E si finisce davvero su Marte se ci si abbandona come bimbi al gioco di Bollani per scoprire che la “serietà” della musica può mescolarsi con il puro divertimento in un recital intelligente dove, con grandissima classe, si dissacrano i modi, gli stili, gli “ismi”.
La gente ha riso, ha ascoltato in silenzio, ha atteso curiosa la prossima mossa del prestigiatore degli 88 tasti. I bis si sono conclusi con un medley di brani a richiesta. Bollani, matita e foglietto bianco alla mano, ha annotato una dopo l’altra le dieci canzoni suggerite dalla platea e le ha eseguite. Tra le altre, nella scaletta del pubblico: Questo Piccolo Grande Amore, Heidi, Tico Tico, Night and Day, Era Nata a Novi, canzoncina degli anni ’40 portata al successo dalla grandissima Milly.
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