di Alberto Salerno
È ancora una volta Facebook che mi offre lo spunto di parlare dei classici rosiconi, termine orribile, ma che rende bene l’idea di quelli che davanti al successo altrui non fanno che sputare veleno.
In realtà io non sono esente dal criticare sovente quello che ascolto, perchè occupandomi di musica mi riesce difficile non dare pareri. I miei però non sono sempre pareri negativi, e sono felice quando mi ritrovo a elogiare qualcuno, soprattutto giovani che hanno scritto belle cose, prodotto bei dischi.
Comunque mi riferisco, ancora una volta, alla ridda di critiche che sono piovute addosso, nei social, su Zalone e il suo film, che, ripeto, non ho visto, ma che è super premiato dal pubblico delle sale. Io mi sono solo permesso di percepire in Checco Zalone qualcosa che non mi è piaciuto durante le interviste con Giletti e Fazio, ma lui come attore mi piace, mi ha sempre fatto ridere, anche se non è Alberto Sordi come attore o Ettore Scola come regista.
Dunque perché rompere così le palle su un successo conclamato? Sarà stato super promozionato? Ok, e allora?
Dopo tutto questo lungo discorso sento la necessità di affrontarne un altro, e cioè quello che riguarda i famosi critici, generalmente giornalisti snob e sofisticati, che nella musica una volta abbondavano. Del resto io, in 45 anni di carriera, non ho mai ricevuto un premio della critica per un testo scritto da me. Forse perché non ho mai fatto parte della parrocchietta, forse perché non me lo sono meritato. Però sono sopravvissuto lo stesso.
Dunque, cari rosiconi, statemi bene, che anche senza premi si vive bene lo stesso.
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