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lunedì, Dicembre 11, 2023

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Parlando di critici e la scelta di Battisti

di Alberto Salerno

Ai tempi, quando frequentavo Sanremo come autore o produttore, coinvolto professionalmente nella kermesse rivierasca, soffrivo molto quando i miei “amici” giornalisti, con alcuni dei quali condividevo il pranzo o la cena, essendo nello stesso hotel, “massacravano” o addirittura “ignoravano” la mia canzone o il mio cantante.

Benché la stampa già allora avesse un peso minimo nell’influenzare la gente, per noi addetti ai lavori aveva un’importanza vitale, ne facevamo quasi una malattia. Eppure sapevamo che le pagine interne dedicate a Sanremo le leggevamo solo noi e qualche pazzo appassionato.

Un’intervista di Fegiz o di Michele Serra si trasformavano i miraggi impossibili da raggiungere, anche perché le truppe cammellate armate di penne generalmente si dedicavano quasi esclusivamente ai grandi ospiti stranieri.

Oggi, a distanza di tanti anni, sorrido di quella mia sindrome, di quella specie di malattia che mi prendeva nei confronti dei giornalisti. Sorrido perché solo con l’età capisci che la critica può avere un suo fascino se è intelligente e costruttiva. Viceversa non solo non ha alcun fascino, ma perde di penetrazione, non fa altro che consolidare la forza di chi è stato attaccato.

Faceva bene Battisti quando si rifiutava di rilasciare interviste, scomparendo poi addirittura dalla TV. “Cosa volete sapere di me? Basta ascoltare i miei dischi per capire chi sono, il resto, le domande da casalinghe fatele a qualcun altro“.

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