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sabato, Giugno 3, 2023

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Endrigo, per difetto definito Poeta

di Michele Caccamo

Una sorgente per rigenerare le anime ha necessariamente bisogno di un luogo intermedio, di un vuoto che contrasti la fisica pura.
Di una trasformazione che porti ad altre cose: una sorpresa felice, che sappia arrivare come un mattino dopo una notte di bombardamenti.

Anche Endrigo, come me, credeva che solo riuscendo a levare la stuoia orribile della nostra vita potremmo davvero combinare le stelle delle galassie; finanche a comprendere quel punto matematico in cui si incontrano i canti dell’infinito: per così contrastare le nebbie più alte, le sillabe orbe, perfino i draghi: per quanto possenti abbiano le lingue.

Endrigo nella sua denuncia non ha cantato soltanto le mappe definite della disperazione umana, ma spesso anche il solo pianto di un insetto. Era un raffinato indagatore di ogni esistente. Un nobile arco di luce. Cantava, innalzando la sua timidezza a valore sentimentale. C’era nella sua voce quella misteriosa gentilezza: necessaria quando si accarezza un animo, una speranza, una memoria.

Le canzoni di Endrigo sono ancora oggi una ruota di giostra guidata nel buio, una inconsueta cantilena infantile: il racconto dei cancelli eterni o delle ampie celle che contengono i voli. Dopo l’ascolto ci troviamo tutti aggrappati a quelle sbarre, a quelle transenne d’ostacolo, con l’esclusiva volontà di sognare ancora liberamente su quell’elementare messaggio di Bellezza.

Endrigo ha accelerato la poetica di Rodari, l’ha trasformata in preghiera. L’ha tolta dalla forma semplice della filastrocca a vantaggio di un significato intimistico, proporzionabile all’estasi. È stato il cantore della fanciullezza piuttosto che dei bambini. Ogni suo accordo scatenava un esercito di salvezza, un paradiso disegnato nell’ispirazione, una visione coloratissima.

Endrigo è stato il sonaglio della Libertà, della Giustizia. E il suo secolo lo avrebbe anche voluto liberare, dallo strazio delle guerre, dalle ingiustizie sociali. È stato un uomo alla costante ricerca della salvezza: un raggio chiaro per ogni prigioniero nelle carceri del mondo.

Avesse potuto avrebbe imbrattato una per una le bandiere di ovunque, i confini, le campane delle chiese e magari lì giunto le stanze del Papa. È stato un uomo anarchico ammazzato dai pensieri lordi.

Noi saremmo potuti diventare immortali con le sue lettere d’amore, le sue ballate, il suo cuore di bambino. Quante farfalle ha liberato e viste salire, spingersi in alto da una volta all’altra del cielo. E lui sotto a quelle mille tinte, a ridere di gusto: un Uomo felice, teneramente innamorato della vita.

Lui non ha mai voluto rifinire, coprendoli, i suoi sbagli: li schiacciava, li seppelliva, li lasciava traboccare da un quarto di buon rosso. Lo faceva convinto di appartenere alla vibrazione del sogno. Endrigo sì, è stato un’entrata per l’elevazione, una colomba finalmente autentica, un’incudine per schiacciare le ombre, i mali.

È stato un rivoluzionario incontrollabile. Per difetto definito Poeta.

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