La vita di Quincy Jones è senza dubbio un filo rosso che corre lungo le produzioni musicali più straordinarie degli ultimi 50 anni.
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Scopre la musica grazie a un pianoforte che si trova nella casa natale. La tromba regalata dal padre lo porta ad un primo incontro straordinario: quello con Ray Charles, e i due formano presto un duo. Vince una borsa di studio al Berklee College of Musica di Boston, ma la sua vera formazione avviene a seguito della band del leggendario Lionel Hampton, qui per quattro anni in tour apprende le armi del mestiere.
Si fa subito notare come compositore e arrangiatore, all’età di 22 anni è l’arrangiatore ufficiale di Sarah Vaughan, Betty Carter, Dinah Washington, Gene Krupa e dell’amico d’infanzia Ray Charles.
Lavora per il cinema e per iconiche serie tv degli anni ’90, scrive a tal proposito con la sua vena sarcastica Michele Monina: «è morto Quincy Jones ed RTL 102.5 lo ricorda come il produttore della sitcom “Willy, il principe di Bel-Air”».
Certo è che il lavoro di Quincy Jones non si può riassumere e sintetizzare, ma va visto nella sua interezza, sarebbe come ricordare per la discografia italiana Franco Migliacci come autore di “T’appartengo” e dimenticare tutto il resto!
È anche arrangiatore di Frank Sinatra, Count Basie, Miles Davis e Barbara Streisand, i suoi arrangiamenti sono ricchi e colorati. E’ Frank Sinatra che guardando una sua partitura gli dice: «troppe note!».
Le sue composizioni spaziano dal Jazz per arrivare presto anche al pop, ed è proprio con Micheal Jackson che realizza le memorabili: “Off the wall”, “Thriller”, “Bad”, molto probabilmente il periodo artistico più alto del re del pop. È il motore del progetto discografico “We are the world”, un brano realizzato a scopo benefico per raccogliere fondi per la popolazione dell’Etiopia in quel periodo afflitta da una forte carestia.
Nel 1989 dimostra con l’album “Back on the block” il legame che corre tra il Jazz, suo primo amore, la musica black e il rap. Il suo testamento è la sua musica, e di questo c’è un documentario del 2018 disponibile su Netflix che ne riassume la vita: «c’è troppo, non puoi fare, troppe cose» si lamenta l’artista al cospetto della regista, Rashida Jones, figlia di Quincy. Un documentario in cui emergono il rapporto artistico con Michael Jackson, il suo impegno per la questione razziale, ma anche tanti aspetti della sua vita privata: tre matrimoni, sette figli, i suoi eccessi con l’alcool e i problemi di salute.
È lui l’arrangiatore della colonna sonora del film “Il colore viola” di Stevan Spielberg. Tanti gli artisti che lo salutano con un post, questo forse quello più interessante di Oprah Winfrey, in queste ore in prima linea per la campagna elettorale americana a favore di Kamala Harris, queste le sue parole: «Il mio amato Q. L’amato Q del mondo. L’unico e unico Quincy Jones che mi ha “scoperto” per il film “Il colore viola” nel 1985. La mia vita è cambiata per sempre in meglio dopo averlo incontrato. Andava in giro con il cuore spalancato, trattava tutti come se fossero la persona più importante che avesse mai incontrato. Lui era la Luce. Nessuna ombra. Era amore vissuto ad alta voce in forma umana ed è stato la prima persona che abbia mai amato incondizionatamente. Ecco come ci siamo firmati tutti i nostri appunti: “Incondizionatamente… ”».
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