Quando sento parlare di “rock” come pratica e movimento rivoluzionario mi viene da sorridere.
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Certo per alcuni artisti lo è stato: John Lennon, Who, Jimi Hendrix tanto per citare qualche nobile esempio. Ma non lo è stato per tantissimi rockers asserviti al potere, perché una cosa è certa: se si tira in ballo la rivoluzione, significa essere contro il potere.
Cosa che al contrario non è stato per il re del rock’n’roll: Elvis Presley, che andò a trovare Richard Nixon per chiedergli di essere arruolato come spia anti-comunista con tanto di distintivo ufficiale a lui consegnato in segreto dalla Casa Bianca. Elvis poi finì la sua carriera nei Casinò di Las Vegas gestiti dalla mafia italo-americana. Razzisti che si rifiutavano di assumere un afroamericano persino per le pulizie.
Non è stato così per gente come Gene Simmons dei Kiss schierato da sempre con la destra di Trump. Non lo è stato per Kid Rock, antipacifista e reazionario conclamato. Non lo è stato nemmeno con i Rolling Stones che ad Altmon assoldarono i fascisti Hell’s Angels come security dove fu ucciso un afro americano. Per non parlare delle tante rock band sudiste, razziste e omofobe. Sono innumerevoli i casi di tante rock star europee come il norvegese Burzum che in galera scrisse persino un saggio sul nazismo omaggiando Hitler. E che dire di Gary Glitter, fascista e stupratore di minorenni asiatiche?
Altre rock star come Bono degli U2 sono diventate così ricche da non sapere nemmeno che i loro capitali finanziari, gestiti dai loro staff venivano investiti nell’industria degli armamenti o nelle compagnie petrolifere che a loro volta finanziavano guerre e colpi di Stato. Da una parte si chiedeva di “cancellare il debito dei Paesi africani” dall’altra si finanziava l’industria bellica. Questo accade a capitalisti, forse, “inconsapevoli” ma tutt’altro che rivoluzionari, non importa se facciano miliardi fabbricando microchip o canzoni e megaconcerti rock.
Ultimamente si è parlato di rivoluzione rock anche per la vittoria dei Maneskin all’Eurofestival Contest Song. Davvero ridicolo. Il rock è musica mainstream da settant’anni. Niente di nuovo sotto il sole, al massimo può sembrare controtendenza in un periodo in cui nel mercato discografico domina la trap e il pop, ma nulla di più.
Tutto questo però fa emergere un problema più importante. Si è persa le virtù di leggere e studiare la storia, analizzandola da posteri con il senno di poi magari riflettendo con un pensiero laico e privo di schemi ideologici. Sinceramente non so quando un torso nudo e sudato di un frontman rock sia più rivoluzionario dello sbattimento di un culo femminile in un clip di un rapper. Sinceramente credo non lo siano entrambi. Sono solo forme di edonismo trash popolare che con la cultura rivoluzionaria c’entrano come il caffè con le vongole. Si è anche perso il buon uso di comprendere i testi del rock dimenticando di contestualizzarli nella loro epoca .
Un piccolo esempio, valido ieri ma anche oggi. Nel 1968, anno rivoluzionario per eccellenza, i Beatles in “Revolution” cantavano:
You say you′ll change the Constitution
Dici che cambierai la costituzione
Well, you know
Beh, sai
We all want to change your head
Tutti noi vogliamo cambiare la tua testa
You tell me it’s the institution
Mi dici che è l’istituzione
Well, you know
Beh, sai
You′d better free your mind instead
Faresti meglio a liberare la tua mente, invece
But if you go carrying pictures of Chairman Mao
Ma se vai in giro portandoti dietro ritratti del Presidente Mao
You ain’t going to make it with anyone anyhow
Non ce la farai con nessuno in nessun modo
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