Il Festival di Sanremo è finito, ed è finito lo stesso giorno in cui, quest’anno, è iniziato. L’ho già scritto su Huffpost, ma passata la nottata vorrei aggiungere altro.
Sanremo è un concetto snaturato. Prendi una gara di canzoni inedite, togli la gara, mettici i preascolti ed ecco che Sanremo si svuota di significato e diventa una trasmissione televisiva degna di capodanno. E si sa, a capodanno si esagera, si fa festa, si tira tardi, e ci veste in modo stravagante.
La gara non l’ha uccisa solo la spoilerata di Sky ma anche il fatto che siano andati avanti come nulla fosse sapendo che ormai tutti sapevano; cinquanta minuti di riempimento a che pro? Per mettere Diodato nella condizione di dover fingere un’emozione o una sorpresa in mondovisione? Forse per quello era bianco cadaverico. In imbarazzo forse, per come avrebbe potuto reggere la verità di un annuncio del vincitore, nella totale finzione?
La gara (lo dice la Treccani) è un “confronto competitivo fra due o più persone che cercano di superarsi a vicenda per conseguire un primato e per ottenere un premio”.
Se da una gara di canzoni togli la gara per le canzoni: la competizione dove si sposta?
Sulla spettacolarizzazione di tutto il resto, se levi la sostanza resta l’apparenza. Dunque, Sanremo appare come una gara ma non lo è.
Parliamoci chiaro: Fiorello non ha colpe, se non quella di essersi imbarcato su un bastimento con la fiducia (nemmeno tanta e si vedeva) di poter controllare il percorso in navigazione.
Continuando a sottolineare tutto (e tutto in “ismo” senza davvero inventare molto) Fiorello non ha fatto altro che confermare l’incaglio. Per eccesso di pescagione, volendo tutti e di più, facendo tutto e di più, il bastimento si è in fine arenato in una secca.
Sanremo va rivisto: alleggerito, accorciato, meno serate, meno ospiti, più concorrenti. Più gara!
Oppure meglio fermarsi e dire che Sanremo è fuori da questo tempo, o ammettere che è solo un varietà in mondovisione.
Sanremo ci è apparso come una pennellata di bizzarrie, eccentricità, fantasie e capricci, di cantanti che fanno un nuovo mestiere un poco strano: cantano senza voce e senza orecchio.
Una volta in queste condizioni nemmeno al coro della parrocchia.
Per molti cantanti che non hanno un approccio sacro a quel palco, altri meriterebbero più rispetto.
Su tutti Tosca, con la sua eleganza, la sua professionalità.
Tosca non ha perso, è solo andata a messa in una chiesa sconsacrata.
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