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Sanremo 2020: rivoluzione femminile a colpi di hashtag

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Non è più una novità oramai, e ce ne ha dato l’ennesima conferma Sanremo ancor prima di iniziare: l’era dei social ha completamente modificato non solo il nostro modo di comunicare, ma anche quello di combattere per i diritti.

Se il loro intento originario era quello di accorciare le distanze tra le persone, col tempo non hanno fatto altro che ingigantirle. Fino a qualche anno fa infatti, era usanza comune sollevare la cornetta del telefono ad orari ritenuti consoni per sentire i propri amici e parenti, informarsi sul loro stato di salute, organizzare appuntamenti, fare gli auguri per le ricorrenze e, in via eccezionale, porgere le proprie condoglianze accompagnandole solitamente ad un telegramma.

Oggi tutto questo avviene attraverso l’efferatezza di uno schermo dentro pagine personali o pubbliche, nelle quali chiunque può commentare e polemizzare su ogni cosa in base ad uno stato emotivo, senza regole né rispetto verso chi, di fatto, risulta essere il più delle volte un estraneo, trasformando i social in una vera e propria toilette mentale in cui non viene risparmiato nessuno.

Per il suo 70° compleanno, Sanremo ha pensato di creare, giustappunto, un’imponente ondata di polemica, e lo ha fatto sfruttando un tema che sino ad ora sembrava essere l’ultimo dei problemi per gli italiani: la violenza sulle donne. Secondo l’Istat, l’Italia ha contato 2 milioni e 435 mila donne vittime di violenza solo negli ultimi cinque anni, eppure quasi nessuno prima di questo Festival si era mai risentito ed indignato tanto.

Al contrario, sui social le donne vittime venivano prontamente etichettate come false, rovina famiglie, arrampicatrici sociali -vedi il fenomeno Me too– e schernite dalla massa di fallocentrici vomitanti, tant’è che Milano ha esposto in Piazza XXV Aprile un’installazione visibile fino al 5 Febbraio nella quale sono stati trascritti solo alcuni dei numerosissimi insulti rivolti alle donne nel web, per sensibilizzare più visitatori possibili su un argomento che pare ancora essere lontanissimo dal nostro attuale livello culturale.

Eppure qualcosa è finalmente scattato; nella terra del qui tutto è bello, dell’arte, della musica neomelodica e dei biglietti d’amore dentro ai cioccolatini, c’è stata una frattura tra ciò che doveva essere rigorosamente tenuto nascosto nelle mura di casa e ciò che invece corrisponde alla realtà: la violenza sulle donne esiste, e bisogna combatterla senza vergogna.

Il primo crac lo abbiamo udito il 14 Gennaio durante la conferenza stampa di Amadeus, il quale, dopo essersi opportunamente circondato di bellissime donne in stile harem, ha esternato un’affermazione rivolta ad una delle sue “vallette” che aveva tutta l’aria di essere una pietra scagliata a dovere: “averla scelta per la bellezza ma anche per la capacità di stare accanto a un grande uomo, stando un passo indietro”.

Il boato è stato epico, l’occhio di bue puntato su di lui che è stato prontamente accusato di sessismo, a quel punto non restava che sganciare l’altra bomba: Junior Cally.

Nessuno sapeva chi fosse, nessuno conosceva le sue canzoni, il cantante mascherato (titolo anche del noto programma Rai) arriva a Sanremo proprio grazie ad Amadeus che lo sceglie come concorrente per il Festival della Canzone Italiana, quello nel quale devi necessariamente parlare d’amore e far commuovere il pubblico altrimenti sei fuori contesto. Sul web si comincia a parlare dell’artista e i social vengono inondati di link e post contenenti le frasi di alcuni suoi testi “violenti”, l’indignazione italiana raggiunge un livello tale da mettere a repentaglio la partecipazione di diversi ospiti e decidere di boicottare in ogni modo questa edizione, perché nel nostro Bel Paese la violenza sentita quotidianamente al Tg non spaventa quanto quella raccontata sopra uno spartito musicale.

Viene così organizzata una petizione e inventato l’hashtag #IoNonGuardoSanremo, improvvisamente quelli del “queste cose si denunciano nelle sedi opportune e non in tv o nei social” si riscoprono paladini virtuali di una battaglia a cui hanno sempre levato la suoneria per non venire disturbati, generando una guerra stile “assalto” appresa da nostalgici esponenti politici, contro un artista che ha espresso in maniera inusuale un argomento presente nelle case della maggior parte di noi, ma che non siamo obbligati a seguire.

Tutti, nessuno escluso, hanno detto la loro su Sanremo 2020, Amadeus e Junior Cally.

Il gioco è fatto, tanta pubblicità gratuita ed un grande scossone a quei tappeti italiani con la polvere nascosta là sotto per troppo tempo.

Ora ci si aspetta che la stessa rivoluzione avvenga all’interno delle nostre case e “nelle sedi opportune” ogni qualvolta si verifichi un simile reato, perché se bastasse un hashtag per fermare la violenza, nessuna vittima avrebbe più paura di parlare.

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