Dire, fare, baciare. Lo riassumo così il mio “Personale” concerto di Fiorella Mannoia al Teatro Openjobmetis di Varese. Tra una canzone e l’altra lei non ha smesso di dirci la sua visione del mondo e l’importanza di riappropiarci di valori come l’onestà, il rispetto e l’etica, indispensabili per tornare ad essere umani.
Ma occorre anche fare e non limitarsi alle chiacchiere della politica. E lei fa. Tanto e bene a favore dei centri contro la violenza femminile (“un quotidiano bollettino di guerra”), ma anche per quella Casa internazionale delle donne a Roma stuprata dall’idiozia di uno sfratto. Ecco perché dopo due ore di musica e parole non puoi fare altro che mandare un bacio grato alla vita che, “per quanto sembri incoerente e testarda, se cadi ti aspetta”. Dire, fare, baciare. Un concerto, molti concetti.

Una voce superba, il coraggio delle idee e l’affettuoso sostegno a chi quotidianamente si ritrova nelle trappole del destino. I deboli, i popoli dilaniati dalla follia delle guerre e quelli depredati e saccheggiati di tutti i Sud del mondo, i ragazzini bullizzati, le donne abusate che non riescono a liberarsi dalla sindrome delle crocerossine…
La Mannoia inizia il suo viaggio musicale con il “Il peso del coraggio” che lei definisce “una canzone necessaria in questi tempi”. Una scenografia essenziale, una band consolidata da una tournée lunghissima (“Personale Tour”, leggi nostro articolo), giochi di luce rosso acceso quando il buio ha bisogno di riprendere fiato. E lei, Fiorella, in un completo nero coi luccichini e tacchi a spillo altissimi che ti chiedi subito quanto tempo riuscirà a reggerli. E ti stupisce la sua resistenza su quei trampoli che supera di gran lunga il minimo sindacale, ballando e divorando in lungo e in largo il palco che rimanda al pubblico la sua vitalità esplosiva.

Il concerto attraversa l’intero percorso della Mannoia che non dimentica “Caffè nero bollente” che, nel 1981, la portò per la prima volta a Sanremo con un testo audace e provocatorio. “E’ la mia unica canzone rock – ci spiega divertita -, quella che fa veramente divertire la mia band”. A quel punto i tacchi volano via e lei si scatena in un coinvolgimento generale.
Un concerto lo puoi raccontare in tanti modi, ma forse il migliore è proprio non raccontarlo ma lasciarlo entrare nelle pieghe dell’anima e nei battiti del cuore. Il pubblico ascolta, studia la sua gestualità e la imita sulla poltrona. In quella voce calda in molti sentiamo il soffio della vita e ci diciamo sì, che è proprio vero “come si cambia per ricominciare”.
Fiorella ricorda la sua amicizia trentennale con Ivano Fossati, “sempre presente come autore in ogni mio disco” e lo conferma eseguendo “Penelope”, uno dei 13 brani di “Personale”, l’ultimo album. Ma c’è anche la sorpresa di “Eri piccola così” di Fred Buscaglione “perché – racconta – è stata la prima vera rockstar del nostro Paese, ma ci ha lasciato troppo presto. Noi abbiamo la brutta abitudine di non valorizzare il passato, di scrollarcelo di dosso”. Ci sono tanti applausi e anche qualche occhio lucido a confermare che “in questa lacrima infinita c’è tutto il senso della vita”.

Lei è una che combatte ed usa la rabbia con dolcezza per sottolineare nell’intensa “I treni a vapore” il verso “viaggiatori viaggianti da salvare”, chiaro riferimento alla tragedia dei migranti morti in mare, ma anche nella reinterpretazione di “Povera patria” di Franco Battiato dove alla fine lei abbraccia tutti quei popoli oppressi e “governati da pazzi” o nella sua “Imparo ad essere una donna” che chiude chiedendo agli uomini presenti di “essere un poco femministi. Non è una brutta parola, aiutateci e non lasciateci sole. Insegnate ai vostri figli che non siamo una proprietà e alle vostre figlie a riconoscere l’amore”.
Trovatelo un concerto dove il protagonista si esprime in modo così netto, chiaro e persino pericoloso, mettendoci la forza delle idee e i battiti del cuore.
Quello della Mannoia è uno spettacolo che non ha mai tempi morti ma che emoziona il pubblico al punto che si alza in piedi in una standing ovation universale dopo il regalo di “Che sia bendetta”. Nel finale arrivano anche “Sally”, “Quello che le donne non dicono” e “Il cielo d’Irlanda” che fa cantare e ballare tutti. Ma proprio tutti. Con una sorpresa insolita visto che nei concerti solitamente resta netta la “divisione” tra chi canta e chi ascolta.
Non con Fiorella che scende dal palco e attraversa cantando il teatro in un tripudio di abbracci, di mani e di selfie. Vince lei, su ogni fronte. “Sempre e per sempre”, per dirla come il “suo” De Gregori.
E ricordatevi: dire, fare, baciare.
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