Gianna Nannini ha pubblicato un nuovo album di inediti, “Amore Gigante” (di cui abbiamo parlato in un precedente articolo) e questa recentissima uscita fornisce l’occasione per varie riflessioni riguardanti anche la scena pop italiana più in generale, ovvero la scelta dei brani, degli arrangiatori, le direzioni stilistiche, e soprattutto il famoso X factor.
Il lavoro della cantante senese presenta quindici canzoni molto diverse tra di loro, infatti nei credits e nelle varie comunicazioni ai media viene specificato che i co-autori sono tanti e gli arrangiatori tre: Michele Canova e i soliti Will Malone e Alan Moulder.
RECENSIONE
Apertura con “Cinema”, brano di grande mestiere sia riguardo la musica che al testo, con un arrangiamento molto efficace, stessa impressione per “Fenomenale”(come da nostro articolo precedente), primo singolo peraltro già molto programmato. Quest’ultimo ha qualcosa nel ritornello che ricorda lo stile di Mario Venuti, pur essendo invece opera di Davide Petrella, autore molto gettonato negli ultimi anni.
La terza canzone è la title track “Amore gigante” e si pone sulla stessa linea delle due precedenti; si tratta di composizioni e produzioni centrate perfettamente sulle esigenze commerciali attuali, ma in ogni caso non prive di valenze oggettive. I testi sono studiati, articolati e sensati, le linee melodiche sono dotate di logica e di sviluppo organico, in un tessuto armonico sicuramente non ardito ma corretto e con qualche soluzione più “colorata”, come la caduta della melodia sulla “settima maggiore” sia sul primo che sul terzo pezzo, la qual cosa era curiosamente la caratteristica peculiare di “Sei nell’anima”, co-firmata a suo tempo da Pacifico, il quale però con questi brani non c’entra niente. Appare indovinata anche la modulazione del ritornello di “Amore gigante”, partita invece con la strofa un tono sotto. Gli arrangiamenti centrano sicuramente l’obbiettivo, i prodotti devono “arrivare” senza difficoltà e sarebbe stato difficile confezionarli meglio per la bisogna.
Arrivati al quarto brano, “Pensami”, succede però qualcosa, una chitarra classica che introduce una canzone basata su accordi che si decide di ricondurre ad un “mood” ispano-latino, con arrangiamento globale che in qualche modo allude a questo mondo.
Con tutta la benevolenza possibile non si può nascondere che il risultato sia difficilmente recuperabile, il che non preclude certo la possibilità di un grande successo, dati i tempi.
I passaggi La m – Sol non necessariamente indicano che la strada giusta sia quella latina, idem per quanto riguarda quelli dominante-tonica, sia quest’ultima minore, maggiore o sostituita; evidentemente in sede di produzione si è caduti in questo solito clichè, nel disperato tentativo di dare personalità e dignità ad una composizione che nella sua stesura originaria non era esattamente una pietra miliare.
Il quinto brano, “Piccoli particolari”, ci riporta a risultati molto più efficaci: un monocorde tormentone iniziale viene ripetuto via via arricchito da suoni sint e archi contrapposti a chitarra elettrica, basso e batteria. La linea melodica viene poi riproposta un’ottava sopra e finalmente il tutto “apre” con un cambio di tonalità (dall’iniziale La m/Do a Fa) che di suo non sarebbe tanto percettibile, se non facesse irruzione un Sib Maj 7 che finalmente illumina il tutto di quel colore molto “nanniniano” a cui siamo stati abituati in tutti questi anni: melodie molto ariose eseguite ed accompagnate con un vestito tendente al rock.
La canzone successiva, “Filo filo”, rappresenta una summa di alcune caratteristiche di queste ultime due: di “Pensami” soffre la pochezza compositiva di base, di “Piccoli particolari” il grande spiegamento di forze in sede di armonizzazione e arrangiamento, in questo caso però nel disperato tentativo di recuperare qualcosa sperando che qualcuno ci caschi. Al secondo episodio di questo tipo comincia a sorgere il dubbio sul perché non si sia deciso di investire una indubbia grande maestria di produzione musicale, ed evidentemente un notevole budget, su un materiale con più potenzialità.
Il resto del CD comincia ad apparire pericolosamente coerente con questi squilibri: mentre “Senza un’ala” è suonata e arrangiata benissimo e presenta un bel testo di Isabella Santacroce su una composizione abbastanza interessante, “Una vita con te” parte con una strofa valorizzata da una bella tessitura orchestrale, salvo poi subire l’intervento di una chitarra “strumming” che fa l’effetto della panna sulla carbonara, con successivo arrivo di un ritornello che è perfettamente coerente con la china discendente già intrapresa.
“Tutta mia” si avventura sul terreno minato dell’accordo minore seguito dal maggiore una quarta sopra, l’effetto western è imparabile, ma in ogni caso lo sviluppo successivo non è migliore; “Non è vero” tenta la strada del tormentone estivo, intenzione lodevolissima ma appare comunque disdicevole sfigurare musicalmente al cospetto di “Vamos a la playa” e perle simili.
Inaspettatamente “Quasi quasi rimango”, “Sabbie mobili” e “Tutto quello che voglio” riportano il tutto ad un buon livello, sono brani cantautorali di senso compiuto sia come musica che come testo, cantati bene, arrangiati con misura e suonati con gusto, con una Gianna in gran spolvero e molto valorizzata nelle sue caratteristiche peculiari. Anche le ultime due canzoni sono assolutamente in linea con questa risalita qualitativa, “L’ultimo latin lover” è un vivace ed energico pezzo, strutturato ed efficace, “Cosa vuoi” è una bella canzone pop, ben scritta, arrangiata e suonata, appare un brano di altri tempi, prima della omologazione che si è subita negli ultimi anni.
RIFLESSIONI CONCLUSIVE SU “AMORE GIGANTE” DI GIANNA NANNINI
Il piacevole ascolto di quest’ultima parte del CD ci porta alle riflessioni di cui in premessa. La prima è che Gianna conferma ancora una volta la sua personalità ben definita, è un esempio di quell’X factor che si va cercando quasi sempre senza successo in decine di selezioni, provini, talent; molti brani di questo CD la valorizzano appieno, i primi tre addirittura riescono ad ottemperare alle (imprescindibili?…?) esigenze del momento, come suoni “giusti” e vari minutaggi altrettanto…
Viene anche da pensare che quest’alternanza degli autori e degli arrangiatori alla fin fine abbia una sua ragione di essere: Canova fornisce un tipo di produzione che negli ultimi anni appare irrinunciabile e le prime tre canzoni sono composte nel modo che in questi ultimi anni appare irrinunciabile; in compenso gli inglesi “sono” il suono della Nannini. Tutto sommato l’esigenza di confezionare efficacemente i brani sembra andata a buon fine in quasi tutti i casi, qualcosa è apparsa sfilacciata quando il materiale di base non era probabilmente all’altezza, ed in questo caso ci si chiede perché fossero necessari ben quindici pezzi.
Più in generale rimane il dubbio se effettivamente oramai in Italia non siano più possibili altre strade compositive e di arrangiamento per poter produrre qualcosa, se anche un personaggio del calibro della Nannini ha preferito dividersi tra il proprio suono e canzoni più in linea con la propria espressività, e altro rassicurante materiale invece inequivocabilmente organico all’attuale inattaccabile mainstream musicale.

TRACKLIST:
Cinema
Fenomenale
Amore gigante
Pensami
Piccoli particolare
Filo filo
Tutta mia
Non è vero
Quasi quasi rimango
Tutto quello che voglio
Senza un’ala
Una vita con te
Sabbie mobili
Cosa vuoi
L’ultimo latin lover
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