Ci sono brani, nella storia della musica, che inizialmente sono passati quasi inosservati o che hanno avuto un successo decisamente inferiore a quello riscontrato, per ragioni diverse, solo in un secondo tempo.
Immediatamente mi vengono in mente due brani che portano la firma del nostro “patron”, nonché caro amico, Alberto Salerno:
Il primo è Soleado (leggi Nostro Articolo sulla storia di Soleado), portato al successo dall’autore della parte musicale Ciro Dammicco con i suoi Daniel Sentacruz Ensemble nel 1974.
Il brano era la rielaborazione di “Le rose blu”, una canzone che Dammicco aveva composto due anni prima in collaborazione con Dario Baldan Bembo, con un testo (sostituito in Soleado dal vocalizzo “oh, oh, oh, oh”) scritto appunto da Alberto Salerno.
La canzone era passata totalmente inosservata al grande pubblico, ma grazie ad un’intuizione di Vince Tempera venne parzialmente ripresa (solo la strofa) due anni dopo per farne un brano corale che ottenne un grande successo in Italia ed all’estero, vendendo 5 milioni di dischi.
Ma un successo ancor più grande lo ottenne in seguito all’interpreazione in lingua inglese, con un testo natalizio (When a Child is born), da parte di diversi rinomati interpreti internazionali, diventando a tutt’oggi una classica Christmas Coral.
L’altro brano a firma di Alberto Salerno è l’ormai mitico “Io vagabondo” su musica di Damiano Dattoli, presentato dai Nomadi nel 1972 alla manifestazione “Un Disco per l’Estate” ottenendo un discreto successo di pubblico con la vendita, all’epoca, di circa trecentomila milione copie.
Ma sarebbe probabilmente rimasto legato solo ai ricordi di quell’estate se, vent’anni dopo, Fiorello non l’avesse riproposta nel suo fortunato programma televisivo itinerante per le piazze italiane, Karaoke, facendolo diventare un riconosciuto classico transgenerazionale.
Ma queste cose non succedono solo in Italia, anzi…
Gli Iveys erano un gruppo formatosi nel 1961 a Swansea (Galles). Verso la fine degli anni ’60 vennero notati da George Harrison che li scritturò per la nascente etichetta Apple, cambiando il nome del gruppo in Badfingers.
Nel 1970 pubblicarono un primo album (Magic Christian Music) che conteneva tre brani, tra cui “Come and get it” composto da Paul McCartney, inclusi nella colonna sonora del film Magic Christian con Peter Sellers e Ringo Starr; nello stesso anno diedero alle stampe un secondo album (No dice), prodotto da Geoff Emerick e Mal Evans sempre per la Apple, il cui lato A
si chiudeva con il brano “Without you” scritto da Peter Ham e Tom Evans, rispettivamente chitarrista e bassista oltre che voci del gruppo.
Il brano non venne pubblicato come singolo e sarebbe probabilmente rimasto sepolto nell’album se l’anno seguente non fosse stato casualmente ascoltato durante una festa da Harry Nilsson, il quale in un primo momento pensò si trattasse di una canzone dei Beatles.
Dopo aver realizzato che non lo era, decise di farne una cover, una fortunata cover che divenne un successo mondiale tradotto anche in italiano col titolo “Per chi” interpretato dai Gens.
Nel 1994, in seguito alla morte di Harry Nilsson, Mariah Carey ne fece un’altrettanto o forse ancor più fortunata versione, ottenendo a sua volta un successo planetario di cui purtroppo non godettero gli autori, morti entrambi suicidi nel 1975 e nel 1983.
Altro caso di successo a scoppio ritardato fu quello di “In a broken dream“.
Python Lee Jackson era il nome di un gruppo australiano attivo tra il 1965 ed il 1969, anno in cui si trasferirono in Inghilterra per un breve soggiorno durante il quale registrarono questo brano avvalendosi della partecipazione vocale di un giovane Rod Stewart che venne pagato, per questa sua prestazione, con un set di fodere per sedili d’auto.
Il singolo venne pubblicato, senza apprezzabile esito, nel 1970 e poco dopo il gruppo si sciolse, mentre Rod Stewart diede inizio alla sua sfolgorante carriera solistica.
Nell’agosto del 1972, in seguito al successo del suo secondo singolo “You wear it well”, il produttore Miki Dallon decise sfruttare la crescente popolarità di Rod Stewart ripubblicando il singolo dei Python Lee Jackson “In a broken dream” che divenne un successo mondiale.
Non so a quanti possa essere familiare il nome di Gordon Haskell, compagno di scuola dello storico leader dei King Crimson, Robert Fripp dal quale venne reclutato nel 1970 per sostituire nel gruppo il fuoriuscente Greg Lake, già in procinto di dar vita al super gruppo con Keith Emerson e Carl Palmer.
La sua interpretazione vocale di “Cadence and cascade” nell’album “In the wake of Poseidon” venne preferita a quella pur ottima di Greg Lake, che aveva accettato di cantare i brani dell’album in cambio dell’impianto di amplificazione dei Crimson.
Nel successivo album “Lizard” suonò il basso e cantò tutti i brani ad eccezione di “Prince Rupert Awakes”, affidata all’ospite Jon Anderson degli Yes, ma alla fine delle registrazioni abbandonò il gruppo per divergenze musicali.
Iniziò per lui una sfortunata carriera solistica che lo portò a peregrinare in Danimarca (“suonando ogni notte per gli ubriachi in piccoli pubs” come racconta lui stesso) e in Sud Africa (dove ottenne anche un certo successo col singolo “Almost certainly” che arrivò al primo posto delle classifiche locali, vanificato però dal fallimento della casa discografica).
Nel 2001, finalmente, la fortuna si accorge di lui ed il suo brano “How wonderful you are” tratto dall’album “Harry’s Bar” diventa il brano più richiesto dell’emittente BBC Radio 2, superando classici quali “Hey Jude” dei Beatles e “My way” di Frank Sinatra.
Anche il Festival di Sanremo è stato vetrina per una serie di brani che lì per lì passarono quasi o totalmente inosservati, divenuti in seguito dei grandi successi.
Soprattutto l’edizione del 1968 è ricca di esempi:
Al 6º posto si classificò “Quando m’innamoro” di Pace-Panzeri-Livraghi, interpretata da Anna Identici e dai Sandpipers.
Piazzamento abbastanza lusinghiero, ma nulla in confronto al successo internazionale ottenuto grazie all’interpretazione di Engelbert Humperdinck con la versione in lingua inglese “A man without love“.
Un po’ più in basso, all’11º posto, troviamo “Gli occhi miei” di Mogol-Donida, interpretata da Dino e Wilma Goich.
Il brano è divenuto in seguito uno dei cavalli di battaglia di Tom Jones col titolo “Help yourself“.
14ª ed ultima classificata della serata finale “La voce del silenzio” di Limiti-Mogol-Isola, affidata a Tony Del Monaco…
…ed alla stupenda voce di Dionne Warwick, credo uno dei brani italiani che vanta il più alto numero di covers in assoluto.
“La vita” di Amurri-Canfora, presentata da Elio Gandolfi e Shirley Bassey, fu addirittura esclusa dalla serata finale, ma divenne in seguito un cavallo di battaglia della cantante britannica che lo fece conoscere in tutto il mondo col titolo “This is my life“.
L’edizione del 1973 vide penultima classificata ed esclusa dalla serata finale “Vado via” di Drupi che dopo alcune settimane entò nei primi 20 posti delle classifiche francesi ed inglesi.
L’edizione 1983 è ricordata per la penultima piazza ottenuta da “Vita spericolata” di Vasco Rossi e tutti sanno come andò in seguito, ma merita di essere menzionata anche “1950” di Gaio Chiocchio-Amedeo Minghi.
Esclusa dalla serata finale ed ultima assoluta della manifestazione, che venne in seguito riscattata e valorizzata dall’ottima interpretazione di Gianni Morandi.
Venendo a tempi più recenti, nell’edizione 2003 vinta da Alexia col brano “Per dire no” firmato dalla stessa assieme ad Alberto Salerno, il brano “Oceano” scritto da Mauro Malavasi, Leo ed Andrea Zandri, presentato da Lisa, si classificó al sesto posto senza riscuotere un gran successo di vendite in Italia, ma si piazzò assai bene in quelle francesi ed ancor meglio in quelle americane quando Josh Groban lo inserì nel suo secondo album “Closer”, facendone il singolo di traino, raggiungendo i primi posti in classifica con la vendita di 6.000.000 di copie.
Per concludere, sono certo che tutti abbiamo ballato almeno una volta nella vita sulle note di “Macarena“.
Questo brano venne registrato dal duo hispano Los Del Rio nel 1992 e pubblicato l’anno seguente.
Ma fu nel 1996, grazie al remix dei Bayside Boys, che divenne il successo planetario che tutti, volenti o nolenti, conosciamo.
Mi chiedo inoltre, nonostante le numerose cover precedenti, quante persone si ricorderebbero del brano “Unchained Melody“…
… se non fosse stato inserito nella colonna sonora del film “Ghost” con Patrick Swayze e Demi Moore, grazie al quale è entrato nella memoria collettiva di intere generazioni.
Morale della disquisizione o, se preferite, succo del discorso:
Se avete un brano che ritenete valido, nel quale credete fermamente ed in maniera obiettiva, non tenetelo chiuso nel cassetto, ma cercate di promuoverlo e farlo ascoltare, dopo averlo opportunamente depositato per tutelare i vostri diritti d’autore.
Le strade del successo sono imprevedibili e misteriose, ma difficlmente passano attraverso i cassetti chiusi.
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