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BEATLES: It Was 50 Years Ago Today – “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” compie 50 anni

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di Claudio Ramponi

Beatles, un mito che continua… oggi è il #SgtPepperDay.

Oggi, 1º giugno 2017, cade l’anniversario dei 50 anni dalla pubblicazione di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, storico album dei Beatles (leggi articolo sulla riedizione dell’album per i 50 anni dall’uscita) su cui è già stato scritto di tutto ed il contrario di tutto:

Album psichedelico, primo album di rock progressivo, pietra miliare del rock, miglior album in assoluto tra quelli dei Fab Four, ultimo vero lavoro di gruppo, fine di un’epoca, inizio di un’epoca

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Analizzando punto per punto, sicuramente un album psichedelico (dopo i primi accenni già presenti in “Revolver” dell’anno precedente, soprattutto nella “Tomorrow never knows” di John Lennon), influenzato dalle tendenze provenienti dagli USA (Byrds, Electric Prunes, Jefferson Airplane, Grateful Dead) ed in linea con i tempi che vedevano nel Regno Unito la successiva pubblicazione di album quali “The Piper at the Gates of Dawn” dei Pink Floyd (5 agosto), ma anche “The thoughts of Emerlist Davjack” dei Nice, che secondo chi scrive è il primo vero album di rock progressivo, ma nel quale sono presenti evidenti influenze psichedeliche grazie all’apporto dal chitarrista David O’ List.

Di sicuro la Swinging London di quegli anni era una fucina di nuove idee, sperimentazioni sonore e non solo, spesso frutto dell’uso/abuso di sostanze allucinogene ed i nostri sicuramente non facevano eccezione.
Sul fatto che sia una pietra miliare del rock penso non ci siano dubbi, ma per questioni affettive e di gusto personale ritengo Rubber Soul ed Abbey Road i loro migliori album in assoluto, mentre quasi certamente è vero che fu l’ultimo album in cui collaborarono attivamente tutti e quattro in perfetta sintonia.

[soliloquy id=”24031″]

Fine di un’epoca ed inizio di un’altra…

Nei primi album il compito dei tecnici degli Studi EMI in Abbey Road, capitanati dal produttore George Martin, era quello di catturare il loro live sound per imprigionarlo nei solchi di un disco e quindi renderlo disponibile al grande pubblico, ma a partire da Rubber Soul (1965) i Beatles cominciarono a prendere il controllo della sala di registrazione alla ricerca dei suoni che avevano in testa, spronando i tecnici a violare ogni regola fino allora osservata, mettendone a dura prova la pazienza pur di essere accontentati e, ciononostante, mai pienamente soddisfatti (soprattutto John).

Con Revolver (1966), stimolati anche dalla competizione transoceanica con i Beach Boys, aumentarono a dismisura le ore passate in studio alla ricerca di sonorità ed arrangiamenti sempre più elaborati ed innovativi, ma anche più difficilmente riproducibili dal vivo, una delle ragioni che li portò a prendere la decisione, dopo il concerto del 29 agosto al Candlestick Park di San Francisco, di dare un taglio ai sempre più stressanti tour con esibizioni in cui a malapena riuscivano ad ascoltarsi, sommersi dalle urla dei fans deliranti.

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Photo © Apple Corps

Per cui, dopo alcuni mesi di distacco (praticamente la prima pausa nella loro attività dall’inizio del 1963), il 24 di novembre del 1966 rientrano negli studi di Abbey Road per le registrazioni del nuovo album (Revolver era stato pubblicato il 5 agosto dello stesso anno).
Il progetto iniziale prevedeva una serie di brani ispirati ai loro ricordi di gioventú a Liverpool, ma il primo brano su cui cominciarono a lavorare, Strawberry Fields Forever di John, sarebbe stato “bruciato” assieme all’altro capolavoro, Penny Lane di Paul, in seguito alle pressanti richieste di nuovo materiale da parte della EMI, per uno strepitoso singolo a doppia facciata A.

Questo per rispettare il programma di lavoro, impostato nel 1963 da Brian Epstein, secondo cui venivano esclusi dagli album i brani già pubblicati come singoli (quell’anno era già saltata la parte del piano che prevedeva la pubblicazione di due album all’anno, tamponata alla bell’e meglio con una raccolta di brani, molti dei quali precedentemente pubblicati solo su 45 giri ed altri che avrebbero potuto esserlo, intitolata  A Collection of Beatles Oldies But Goldies).

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Di fatto il primo brano registrato che venne poi pubblicato sul nuovo album Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band fu When I’m Sixty-Four, una composizione giovanile di Paul che i Beatles (o meglio il solo Paul al piano) suonavano già ai tempi del Cavern quando saltava il contatore del precario impianto elettrico del locale situato in un umido scantinato. Il brano venne ripescato perchè nel giugno dello stesso anno il padre di Paul aveva compiuto 64 anni.

Liquidato il singolo Strawberry Fields Forever/Penny Lane (che nonostante l’eccelsa qualità non riuscí a raggiungere il primo posto delle classifiche inglesi, saldamente mantenuto da Engelbert Humperdinck con  Release me) il 19 gennaio 1967 si diede inizio all’effettiva lavorazione di Sgt. Pepper’s col brano che chiude l’album e che dello stesso album è una sorta di Post Scriptum:

A Day In The Life

In effetti l’idea del concept album in cui i nostri simulano di essere “La Banda dei Cuori Solitari del Sergente Pepper” venne concretizzata solo in seguito, ma non si poteva certo escludere dall’album questo capolavoro, la cui realizzazione richiese uno sforzo creativo ed un esborso finanziario (fra ore di registrazione e cachet degli orchestrali per il crescendo di intermezzo e finale) quasi pari a quello dell’intero album.

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Il brano è di fatto un collage di due distinte idee: John aveva scritto la strofa, ma gli mancava la parte centrale che venne fornita da Paul; trattandosi però di due cose completamente diverse c’era bisogno di un collegamento ed inizialmente sul nastro vennero registrate le battute vuote con un conteggio da 1 a 24 effettuato dalla voce del roadie Mal Evans arricchita da una robusta quantità di eco ed una nota di pianoforte crescente a marcare l’inizio di ogni battuta. Il trillo di una sveglia marcava la fine dello spazio vuoto che venne poi riempito col poderoso crescendo orchestrale ed il tutto rimase nella registrazione finale.
L’accordo finale di MI maggiore fu ottenuto con tre pianoforti a coda martellati contemporaneamente da John, Paul, Ringo e Mal Evans, registrati con una forte compressione e con il tecnico Geoff Emerick a manipolare i cursori della console per catturare la coda del suono ottenuto fino al completo decadimento.

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The Beatles – A Day In The Life

Il 1º febbraio 1967 prese definitivamente forma il progetto del concept album il cui titolo fino a quel momento della lavorazione era stato il provvisorio One down, six to go (Uno andato, sei da fare), un ironico riferimento al nuovo contratto appena firmato con la EMI che prevedeva appunto la realizzazione di 7 album.

Paul aveva portato in studio un nuovo brano, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, e suggerì che avrebbero potuto simulare di essere la banda del Sergente Pepper ed allestire il resto dell’album come parte di uno spettacolo della stessa banda.

Oltre a dare il titolo all’album ne è anche il brano d’apertura e viene ripreso, appena prima di A Day In The Life, con un arrangiamento più veloce, iniziando un tono sotto con successiva modulazione per tornare al tono originale ed un testo leggermente diverso con cui la Banda del Sergente Pepper si congeda dagli spettatori augurandosi che lo spettacolo sia stato di loro gradimento.

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È un rock potente che condensa in due soli minuti (apertura) ed un minuto e 19 secondi (reprise) idee compositive e sonorità che ad altri sarebbero bastate per un intero album; la vigorosa strofa affidata alla ruggente voce di Paul che si arrampica fino al SIb, il ritornello armonizzato a tre voci, il bridge con gli ottoni seguito dall’inciso cantato da John e quindi nuovamente la strofa con la roboante presentazione di Billy Shears (Ringo Starr) per fondersi con la successiva With a little help from my friends.

Fece scalpore la versione di questo brano presentata da Jimi Hendrix appena tre giorni dopo la pubblicazione dell’album durante un suo concerto al Saville Theatre di Londra (all’epoca gestito da Brian Epstein) con i Beatles presenti in sala. C’è chi ne parla come di un omaggio, chi come di una provocazione. Paul McCartney, pur riconoscendo che Jimi era una caro bravo ragazzo, propende per la seconda ipotesi. In effetti la versione di Jimi ripropone la sola strofa, ma alla sua maniera, tirando fuori dalla sua chitarra sonorità mai sentite prima d’allora che avrebbero cambiato il corso della musica rock e rivoluzionato il modo di suonare la chitarra.

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jimi hendrix – sgt peppers lonely hearts club band – VIDEO RARO

Le sedute di registrazione proseguirono fino al 3 di aprile e quelle di missaggio e montaggio dei brani fino al 20 dello stesso mese, in modo da poter dare alle stampe il disco per la pubblicazione che avvenne il 1º giugno.

L’ordine in cui i brani vennero registrati fu il seguente (data inizio registrazioni):

8 febbraio – Good Morning, Good Morning. Brano di John il cui titolo fu ispirato dalla pubblicità televisiva di una celebre marca di fiocchi d’avena.

9 febbraio – Fixing a Hole. Fu la prima occasione in cui i Beatles registrarono ufficialmente per la EMI al di fuori degli Abbey Road Studios, che quella sera erano occupati. Dovettero pertanto ripiegare sul Regent Sound di Tottenham Court Road, uno studio indipendente poco distante.
Il brano venne comunque successivamente ultimato in Abbey Road.

10 febbraio – registrazione del crescendo orchestrale per A day in the life con un’orchestra di 40 elementi e la presenza come ospiti di Mick Jagger, Marianne Faithful, Keith Richards, Mike Nesmith (The Monkees), Donovan, Ron Richards (il produttore degli Hollies).

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Alla fine, congedata l’orchestra, Beatles ed ospiti provarono a registrare tutti insieme un “ohmmmmm” a bocca chiusa da usare come coda del brano, idea in seguito rimpiazzata dall’accordo di pianoforte come già descritto sopra.

17 febbraio – Being for the Benefit of Mr. Kite. Brano di John il cui testo fu ricavato quasi interamente dal manifesto pubblicitario di un circo di Rockdale, Lancashire risalente al 1843 che John aveva comprato durante una pausa delle riprese per il filmato di Strawberry Fields Forever a Sevenoaks nel Kent.

23 febbraio – Lovely Rita. Brano di Paul che secondo alcune fonti sarebbe dedicato ad una vigilessa addetta ai parcheggi che avrebbe multato lo stesso Paul per divieto di sosta. Pregevole il solo di piano in stile honky-tonk ad opera di George Martin.

28 febbraio – Lucy in the Sky with Diamonds. Brano di John ispirato da un disegno del figlio Julian, come spesso dichiarato dallo stesso John. Ciononostante in molti continuano tuttora a volerci vedere un’allusione all’LSD. Certamente il brano è tra i più psichedelici della loro intera produzione, sia per quanto riguarda i suoni che i testi.

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9 marzo –
Getting better. Brano di Paul che secondo alcuni sedicenti esperti di musica sarebbe uguale a Fixing a hole. Mi chiedo cosa fumino questi individui…

15 marzo – Within you, without you, registrazione cui partecipò il solo George accompagnato da musicisti indiani provenienti dall’Asina Music Circle di Fitzalan Road, Finchley, a nord di Londra.
Nessun altro Beatle partecipò nemmeno alle successive sedute di registrazione per questo brano.

17 marzo – She’s leaving home. Brano principalmente di Paul, cui John contribuí con l’idea del coro greco aggiungendovi la propria voce ed il gioco di parole fra “buy” e “bye bye”.
Gli altri Beatles non parteciparono in alcun modo, anzi anni dopo George disse di non ricordarsi affatto di questo brano, probabilmente perché negli stessi giorni stava lavorando al suo Within you, without you.

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George Martin

Fu anche la prima volta che George Martin non scrisse l’arrangiamento per archi in quanto temporaneamente occupato con altri artisti che seguiva oltre ai Beatles.
Paul, impaziente di portare avanti il lavoro, si rivolse allora a Mike Leander che fece peraltro un ottimo lavoro, però Martin non la prese affatto bene.

29 marzo – With a little help from my friends. Fino a questo momento della lavorazione nessun brano cantato da Ringo era stato ancora registrato, mentre una regola non scritta prevedeva almeno un brano affidato alla sua voce per ogni album. Anche se registrato per ultimo (a parte la successiva reprise della title track che richiese una seduta ad hoc) il suo spazio nell’album era comunque già previsto come si può desumere dai nastri originali che già prevedevano i collegamenti tra il brano precedente (il coro “Billy Shears” in coda alla title track è in realtà l’intro di questo brano) e quello successivo.

1º aprile – Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (reprise)

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Bisogna considerare che all’epoca gli Abbey Road Studios, per quanto prestigiosi ed altamente professionali, disponevano di attrezzature a sole 4 piste e ció comportava frequenti premissagi e riversamenti di più piste su di una sola per liberare spazio ed aggiungere nuove sovraincisioni, con un limitato numero di riversamenti possibili e comunque con una perdita di qualità.

In seguito, col passare degli anni e con l’aumento delle piste a 8, 12, 24, 36 e 48, le registrazioni sarebbero state sempre più accurate e precise (basti pensare che oggigiorno la sola batteria occupa perlomeno 5 piste), con possibilità di correzioni e rimaneggiamenti sui minimi particolari, ma ció non fa che accrescere ancor più il valore di questo album e di tutta la produzione dei Beatles (soltanto per l’album Abbey Road del 1969, l’ultimo da loro registrato, ebbero finalmente a disposizione un’attrezzatura ad 8 piste).

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Lato A

Lato B

 

 

 

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