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Annus Horribilis per la musica: ecco chi ci ha lasciato nel 2016

Di Alessandra Zacco

Il 2016 se ne va e con i suoi maledetti 366 giorni se ne sono andati anche molti protagonisti del mondo dello spettacolo, dell’arte, della letteratura.

Limitandomi alla sfera musicale sento più che mai il bisogno di rendere omaggio ai tanti musicisti che per motivi di età, malattia, depressione, dipendenze da droga e alcol, hanno lasciato questa terra facendoci sentire un po’ più soli.

Non so se sia stato l’anno bisestile con la sua proverbiale scia di sfortuna a cancellare con un colpo di spugna vite musicalmente importanti o se sia stato molto più semplicemente il ciclo dell’esistenza che per ognuno di noi, ad un certo punto, fa scoccare la fatidica ora. Sta di fatto che la campana ha suonato e l’ha fatto troppe volte in questo 2016 chiudendo per sempre le porte a creatività senza tregua, a felicità effimere, al dolore di vivere che per molti dei cantanti che ora rimpiangiamo era reso accettabile solo e soltanto dalla musica.

Penso a David Bowie, a Prince, a Leonard Cohen artisti che da distanti posizioni geografiche e con background culturali differenti hanno segnato un solco importante nella storia della musica del Novecento e lasciato una traccia indelebile nelle nostre orecchie e nei nostri cuori, arricchendoci di cultura, di stimoli, di bellezza, di vita.

Chi non ha amato Ziggy Sturdust che ci guardava coi suoi meravigliosi occhi da alieno? Chi non ha cantato almeno una volta Star man o Rebel Rebel? Chi non ha osservato con curiosità mista a soggezione l’algido Duca Bianco o il “pirata” Halloween Jack?

E chi non ha invidiato quel raffinato cantautore canadese che ha avuto la fortuna di conoscere Suzanne, darle la mano e accarezzarle il corpo con la mente?

Chi non ha provato un brivido nell’ascoltare quell’accordo segreto del “re perplesso”, la quarta, la quinta con la caduta in minore e la risalita in maggiore che ci ha regalato una struggente Hallelujah? A proposito di questo brano, carico di riferimenti erotici e sentimenti contrastanti di sottomissione e ribellione, ecco cosa dichiarò Leonard Cohen in un’intervista al The Guardian: “Questo mondo è pieno di conflitti e di cose che non possono essere unite, ma ci sono momenti nei quali possiamo trascendere il sistema dualistico, riunirci e abbracciare tutto il disordine, questo è quello che io intendo per Hallelujah”.

E ancora: chi non ha provato una valanga di emozioni ascoltando Purple Rain: “Non intendevo causarti nessun dolore. Non intendevo causarti nessuna pena. Volevo solo vederti ridere una volta. Volevo solo vederti ridere nella pioggia viola”.

E chi non ha pianto almeno una volta pensando a un amore perduto, proprio quello unico ed insostituibile di Nothing Compares 2 U?

Cosa dire, poi, della “rivoluzione” dei Jefferson Airplain in Volunteers che quest’anno hanno detto addio a Paul Kantner voce e anima della band?

Quanti tra i meno giovani non hanno ballato in discoteca almeno una volta Fantasy o September degli amati Earth Wind & Fire con la voce di Maurice White?

Cosa dire, infine, dell’addio natalizio al maliconico George Michael, uomo dalla natura fragile che nella sua voce ha saputo unire potenza e straordinaria dolcezza e che ha accompagnato un’intera generazione, prima come cantante degli Wham! poi come solista regalandoci perle immense come le canzoni di Freddy Mercury cantate live con i Queen o i duetti magistrali con sir Elton John.

Con queste morti eccellenti non siamo solo rimasti orfani di icone da adorare, di artisti da apprezzare, ma di un tempo fertile e meraviglioso, iniziato negli anni ’50 con il rock’n roll da una parte e la black music dall’altra, dove la musica aveva molto da dire e dove le innovazioni, a volte vere e proprie rivoluzioni, facevano parte di progetti anche culturali in un divenire interessante e autentico, non trendy, non fashion, non cool, non artefatto o chirurgicamente manipolato dalle major discografiche che oggi più che mai considerano il talento un semplice prodotto di mercato.

Bowie, l’indiscusso genio londinese, ha creato mode, fatto tendenza, orientato il gusto di un’intera generazione senza mai essere pedina o burattino. Bowie ha creato Ziggy, Bowie ha battezzato se stesso il Duca Bianco, nessuno lo ha fatto per lui nel tentativo di confezionargli un’immagine da “vendere”.

Prince, quando ha capito di non poter reggere le regole dello star system,  si è chiuso negli studi di registrazione e ha prodotto nuovi dischi e nuovi artisti lottando contro i diktat della potente discografia statunitense. Controverso e spigoloso ha saputo lottare per quello in cui credeva.

Spiriti liberi in un tempo non tanto distante da noi dove l’anticonformismo era un valore.

Nell’era del “pensiero unico”, del business al centro di ogni agire umano, nulla ha sapore di novità. Tutto è già visto, tutto è scontato, stantio, i geni sono a riposo e non riusciamo più a dare spazio e voce a progetti davvero innovativi, ad artisti singolari, fuori dai soliti cliché.

I linguaggi dei tanti che ci hanno lasciato nel 2016 sono stati importanti, unici, irraggiungibili.

Emerson Lake & Palmer hanno contribuito alla storia della musica moderna creando un connubio straordinario tra classicità ed innovazione. Nulla sarà vagamente paragonabile allo show che ELP portarono all’Isola di Wight quando Keith Emerson suonò l’organo Hammond, il piano e il sintetizzatore Moog. La band eseguì la prima versione di Pictures at an Exhibition di Musorgskij che divenne un loro straordinario cavallo di battaglia.

Le sonorità west coast degli Eagles negli anni ’70  hanno accompagnato milioni di ragazzi che vedevano nel viaggio attraverso un’America tutta da scoprire il senso della vita, il raggiungimento di una meta. Sul finire degli anni ‘60 la fusione tra le due anime predominanti della musica americana, il country e il rock, era considerata un miraggio, un sogno inseguito da decine di musicisti che solo gli Eagles riuscirono a realizzare. La voce di Glenn Frey ci accompagnerà per sempre con l’indimenticabile Hotel California e tutte le canzoni che hanno reso celebre la band.

Che dire infine di A Song For You, una delle ballad più belle del secolo scritta da Leon Russel e cantata da grandi come Ray Charles, Aretha Franklin, Michael Bublè, Amy Winehouse, Herbie Hancock, Christina Aguilera.

Indimenticabile la colonna sonora di Ultimo Tango a Parigi composta da Gato Barbieri per il film di Bernardo Bertolucci.

Il bilancio di questo “Annus Horribilis” si fa sentire in tutta la sua pesantezza perché nonostante si sappia che la vita su questa terra ha un termine, nel nostro intimo pensiamo irrazionalmente che gli “idoli” siano eterni e perderli ci coglie sempre impreparati. Vorremmo rimanessero lì, inossidabili, forti, belli come le loro opere, insensibili al tempo e alle malattie. La morte di un artista amato e apprezzato ci ferisce come si trattasse di un amico. La fine di un personaggio famoso ci commuove perché al suo nome associamo i nostri ricordi, le emozioni, i periodi di vita vissuta legati a quella canzone, quel film, quel libro.

Nelle note che non finiranno mai dei tanti protagonisti della musica che ci hanno lasciato in questo 2016 sono certa che ognuno di noi ha legato un ricordo piccolo o grande: una sera d’estate col batticuore per un amore al primo bacio, una canzone alla radio mentre si studiava per la maturità, una struggente malinconia, una passeggiata sotto la luna, un ascolto in solitudine, un’estate al mare, una gita in bus, un concerto con amici. Ringrazio tutti loro per le belle canzoni, per le emozioni, per le lacrime, per il cuore leggero, per i sogni, per l’ispirazione, per gli orizzonti che ci hanno fatto scoprire.

Spero che la loro morte sia solo un incidente di percorso e che da qualche parte nell’universo sia contemplata una sorta di rinascita delle anime artistiche ed insieme possano continuare a creare per noi meravigliose melodie. Mi piace pensare che siano quelle che ogni tanto, distrattamente, sentiamo risuonare nella testa, che compaiono nei sogni. Melodie inafferrabili: a volte portate dal vento; altre volte dal mare; altre ancora dall’oro di una foglia d’autunno.

David Bowie (David Robert Jones) 69 anni – muore il 10 gennaio. Due giorni prima aveva pubblicato il nuovo album Black Star, una sorta di celebrazione della morte imminente di cui era consapevole. Da 18 mesi, infatti, lottava contro un cancro. Bowie non è stato soltanto un cantautore, un attore e un produttore discografico, è stato un visionario, un trasformista, un compositore, un ribelle che ha saputo dare colore, forma e stile alla sua rivoluzione.

Glenn Frey 67 anni – muore il 18 gennaio. La sua fama è principalmente legata al fatto che è stato uno dei fondatori degli Eagles, intramontabile gruppo musicale degli anni ’70. E’ stato il polistrumentista della band e una delle voci principali assieme a Don Henley. In qualità di componente degli Eagles ha vinto sei Grammy Awards e cinque American Music Awards. Ci ha lasciati per complicanze dell’artrite reumatoide.

Paul Kantner 74 anni –  muore il 28 gennaio. Idolo del rock, membro di Jefferson Airplane, uno dei simboli di Woodstock. Era il 1967 e i JA erano la band di maggior successo a San Francisco e nell’intero paese. Sono stati i messaggeri dell’era della psichedelia, una liberazione della mente e del corpo che ha cambiato profondamente l’arte, la politica e la spiritualità statunitensi.

Maurice White 74 anni – muore il 4 febbraio. Fondatore degli Earth, Wind & Fire soffriva del morbo di Parkinson. Gli Earth Wind & Fire hanno venduto oltre 90 milioni di dischi in tutto il mondo. Tra le hit di maggior successo Shining Star e September.

George Martin 90 anni – muore l’8 marzo. Noto come “Il quinto beatles” fu il loro storico produttore. A dare la notizia è stato Ringo Starr su Twitter: “Martin è stato il primo ad aver creduto nei Fab Four”

Keith Emerson 71 anni – muore suicida  l’11 marzo nella sua casa di Los Angeles. Fu tastierista e fondatore di Emerson Lake & Palmer.

Gianmaria Testa 57 anni – muore il 30 marzo. Cantautore di casa nostra, ebbe grande successo negli anni ’90, soprattutto in Francia. Il suo primo disco risale al 1995 mentre l’ultimo lavoro Men at work è uscito nel 2013.

Gato Barbieri 83 anni – muore il 2 aprile a New York per una polmonite.  Era nato a Rosario, Santa Fe, in Argentina. Sassofonista e compositore, Barbieri era chiamato “El Gato”, per il suo modo di passare le notti a suonare il sax tra un club e l’altro in Buenos Aires. Erano gli anni Cinquanta, “Gato” aveva 18 anni e indossava il cappello Fedora a tesa larga. Nel ’62, per Ennio Morricone, registrò l’assolo in Sapore di sale di Gino Paoli. Firmò la colonna sonora del film Ultimo Tango a Parigi di Bertolucci.

Dennis Davis 65 anni – muore il 6 aprile a New York dopo una tenace lotta contro un tumore. Fu batterista di David Bowie negli album della seconda metà degli anni ’70. Collaborò anche con George Benson, Iggy Pop, Steve Wonder.

Merle Haggard 79 anni – muore il 16 aprile nel giorno del suo compleanno. Leggendario cantante country nella sua lunga carriera, iniziata negli anni Sessanta, ha registrato 49 album. Aveva vinto tre Grammy Awards e per 38 volte le sue canzoni avevano conquistato la vetta della classifica country americana. Tra i suoi brani più famosi Okie From Muskogee. Pubblicata nel settembre del 1969, per il suo testo controverso divenne elemento di dibattito sulla guerra in Vietnam.

Prince (Roger Nelson) 57 anni – ci lascia prematuramente il 21 aprile per un’overdose di oppiacei. Musicista d’avanguardia, regista e produttore, fino a quel fatidico giorno aveva dedicato la sua vita alla musica producendo album di enorme successo come: 1999, Purple rain, Around the world in a day, Sign O’ the times, Lovesexy. Anarchico e determinato, Prince ha portato avanti una lotta estenuante contro le major discografiche in nome della sua libertà artistica. E’ stata anche una delle prime star a decidere di non divulgare la sua musica sul web.

Piero Calabrese 58 anni –  muore il 28 aprile. Compositore, produttore discografico e cantante nella band La Bottega dell’Arte ha scritto brani per Alex Baroni, Giorgia, Zero Assoluto, Marco Mengoni.

Pete Burns 57 anni – muore il 23 ottobre. Istrionico frontman della band britannica Dead or Alive, celebre interprete del tormentone del 1985  You spin me round (like a record), è stato stroncato da un arresto cardiaco. Vittima della chirurgia estetica, partecipò a uno special televisivo intitolato ‘Gli incubi della chirurgia cosmetica di Pete Burns’ in cui raccontò tutte le sue disavventure chirurgiche e i conseguenti danni permanenti sulla sua salute. Nel 2006 entrò nella casa del Grande fratello Vip inglese diventando ancora una volta un’icona molto amata.

Leonard Cohen 82 anni – muore il 10 novembre. La vita di Cohen è caratterizzata da due epoche distinte: la prima segnata dagli eccessi; la seconda vissuta sotto il segno della spiritualità. Il cantautore si era infatti allontanato dal mondo per oltre 15 anni ritirandosi in un tempio buddista sul Mount Baldy in California. Nel 2008 ha poi deciso di tornare tra i fan portando le sue ballate nei migliori teatri del pianeta. In veste di scrittore pubblicò la raccolta di poesie Flowers for Hitler e i racconti The Favourite Game e Beautiful Losers.

Leon Russell (Claude Russell Bridges) 74 anni – muore il 13 novembre a Nashville. Pianista e tastierista era nato a Tulsa, in Oklahoma. Divenne famoso negli anni ‘50 e ‘60. Russell era un polistrumentista, un produttore discografico e un compositore. È molto nota la sua collaborazione con Joe Cocker. Nel 2010 aveva realizzato l’album The union insieme a Elton John.

Sharon Jones 60 anni – muore il 18 novembre.  L’ambasciatrice del soul e funk, ribattezzata la “James Brown femminile”, se n’è andata per un tumore. Sharon Jones sale alla ribalta delle scene all’inizio del 2000 ed ebbe un ruolo di primo piano nella scena musica soul con il gruppo Dap-Kings.  Era malata da anni.

Greg Lake 69 anni – muore  l’8 dicembre. Bassista, chitarrista e musicista britannico viene considerato una leggenda del rock progressive avendo fatto parte del gruppo Emerson Lake & Palmer. Anche lui era malato da tempo.

Rick Parfitt 68 anni – muore il 24 dicembre. Considerato uno dei chitarristi più popolari della scena britannica, raggiunge il grande successo internazionale con gli Status Quo e brani quali Rain, Backwater e Whatever you want. Dal 1997 soffriva di problemi di cuore e recentemente si era ritirato dalle scene su consiglio dei medici.

George Michael 53 anni – muore il 25 dicembre. Icona Pop anni ’80, prima col duo Wham! insieme a Andrew Ridgeley e poi da solista. Ad ucciderlo un infarto nella sua casa di Londra. Per due anni si era sottratto alle morbose attenzioni dei Tabloid britannici attratti dalla sua vita sregolata. Tra i suoi successi più famosi Last Christmas e Careless Whisper

Alphonse Mouzon 68 anni – muore il 26 dicembre a Los Angeles. Qualche mese prima gli era stata diagnosticata una rara forma tumorale. Mouzon fu il primo batterista dei Weather Report, formazione che ha rivoluzionato la storia della musica, dando una forma compiuta a quel genere che oggi chiamiamo “fusion” e che all’epoca si chiamava “jazz-rock”. Prima di approdare alla band fondata da Wayne Shorter e Joe Zawinul, Mouzon aveva suonato con Gil Evans, ma l’elenco dei mostri sacri con cui Mouzon ha collaborato è sterminato: da Miles Davis (con cui suonò nella colonna sonora del film australiano Dingo del 1991) a Jaco Pastorius, da Eric Clapton a Santana, da Chick Corea a John McLaughlin, da Stevie Wonder a Herbie Hancock.

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