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venerdì, Luglio 26, 2024

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Innuendo e il saluto di Freddie

di Giuseppe Santoro
Questa non è una recensione vera e propria, perché a scrivere sono le emozioni.

L’ultimo vero grande disco dei Queen, Innuendo, il quattordicesimo in studio, è uscito nel 1991, anno della morte del frontman Freddie Mercury.

Credo che egli sia diventato un mito per la gente, soprattutto per i concerti nei quali ha trascinato milioni di persone e per il suo stile di vita da rockstar, da me invece è considerato una leggenda perché ha continuato a fare musica e a cantare nonostante la malattia terribile che lo stava distruggendo. La sua voce, incredibilmente, diventava sempre più alta e bella, come se riuscisse a volare addirittura oltre la morte.

La prima traccia del disco è anche quella che dà il titolo all’album, “Innuendo”. Si tratta di un ritorno con elementi moderni, ai Queen più sperimentali degli anni 70. La canzone è un crescendo di rara bellezza, che ad un certo punto sfocia nel famoso assolo di flamenco eseguito dal chitarrista degli Yes. Dura 6 minuti e 30 secondi, più della celebre “Bohemian Rapsody” alla quale somiglia per la grande varietà di stili musicali adottati.

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Giudico un capolavoro “I’m going slighty mad”, canzone glam rock molto raffinata scritta da Freddie, che forse ironizza sulle sue condizioni di salute e sulla sua paura di poter impazzire. Pare che il testo, decisamente ironico, sia nato pescando frasi a caso da un contenitore. Bisognerebbe farlo più spesso se questo è il risultato.
Il videoclip è stato girato nel Febbraio del 91, il penultimo con Mercury vivo che qui ancora riesce a muoversi, nonostante la malattia fosse già nella fase terminale.

Headlong”, è una canzone rock scritta da Brian May, con un ritornello che rimane in testa, fa il paio con la quarta traccia del Cd, “I can’t live with you”, sempre composta dal chitarrista. Quest’ultima possiede un’anima davvero potente e verrà ripubblicata in una versione ancora più rock nel 1997.

Don’t try so hard” è stata scritta da Freddie (anche se tutte le canzoni sono attribuite all’intero gruppo) ed è cantata quasi completamente in falsetto. Ad un certo punto il brano si apre e sul secondo ritornello, il cantante è accompagnato da un coro. Bellissimo l’assolo di May che rappresenta appieno tutto il significato del pezzo.

Una dichiarazione d’amore verso la propria macchina, era già stato il tema di una vecchia canzone dei Queen del 1976: “I’m in love with my car”. “Ride the wild wind”, ne è la chiara continuazione e parla di un viaggio ad alta velocità cavalcando il vento selvaggio. Scritta da Roger Taylor e strutturata su un beat continuo e veloce, dà la sensazione agli ascoltatori di essere alla guida di un bolide su quattro ruote.

All god’s people” è un pezzo gospel che doveva far parte di un progetto solista di Mercury e aveva come titolo provvisorio “Africa by night”. Ripreso dalla band e inserito in questo album, mette in mostra le grandissime doti vocali del frontman di Zanzibar.

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La canzone più dolce e malinconica è sicuramente “These are the day of our lives”, che non eccelle per la complessità della struttura, ma forse proprio per questo racconta perfettamente il sentimento nostalgico che provavano i Queen in quel periodo. Incredibile valore al brano è dato da due fattori: l’assolo di chitarra di Brian May, che appare quasi come un lamento per le condizioni precarie del grande amico e compagno di musica e il videoclip, l’ultimo girato da Freddie Mercury (scomparirà sei mesi dopo). L’immobilità alla quale era costretto durante le riprese, non hanno influito sulla grandissima espressività dell’artista, che con un ultimo sorriso, a testimonianza della sua grandezza, saluta i suoi fan con le parole “I still love you”.

La nona traccia è un pezzo scritto come un gioco e voluto fortemente nel Cd da Mercury. In “Delilah” infatti, non c’è grande valore musicale ed è soltanto una dimostrazione dell’amore che il cantante provava per i suoi gatti.

The Hitman” invece, non mi dispiace affatto e la considero davvero una bella canzone hard-rock degli anni 90. Sicuramente sottovalutata.

La penultima traccia, Bijou, è un duetto tra Mercury e May, dove non compaiono gli altri due componenti del gruppo (cosa molto rara nella produzione dei Queen). Il cantato è ridotto all’osso per lasciare spazio alla melodia magnifica suonata dalla Red Special. Un dialogo bellissimo e originale di voce e chitarra.

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Ma è con “The show must go on” che si raggiunge l’apice dell’album e forse dell’ultima parte della carriera dei Queen. Brano maestoso, conosciuto da tutti e spesso erroneamente attribuito a Mercury. In realtà è stato scritto da Brian May in suo onore e cantato dall’amico sofferente, assume un significato incredibile.
È in questa canzone che la voce di Freddie sembra superare ogni difficoltà legata all’Aids e riesce a raggiungere delle note altissime, a dispetto anche di quello che prevedeva May.
Il singolo uscì un mese e mezzo prima della morte del leader dei Queen e rimase in classifica per mesi, enfatizzando ancora di più il triste evento.

Quando si parla di Innuendo, a volte non si coglie lo sfondo e si guarda solo il primo piano, altre volte invece ci si sofferma sul contesto e non sulla qualità vera dell’album. Io credo che le due cose non si possano scindere, il messaggio che ha voluto lasciarci Freddie infatti, è proprio quello di fare quello in cui crediamo fino all’ultimo… “to the end of time”.

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