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venerdì, Marzo 24, 2023

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I Kings of Convenience al Monfortinjazz Festival a Monforte d’Alba

di Adrien Viglierchio

La storia si ripete, i componenti dei più grandi gruppi musicali quali Rolling Stones, Beatles, Simon & Gurfunkel si conobbero spesso già all’età del college o della scuola che allora alternava la non voglia di studiare a quella della Musica che fortunatamente poi ha predominato.

Siamo nel 2015 e due ragazzi Norvegesi di Bergen, Erlend Øye e Eirik Glambæk Bøe, classe 1975 come il sottoscritto, si conobbero all’età di 11 anni proprio durante una gara scolastica geografica sulle capitali del Mondo. E da allora non si sono mai divisi, anzi, hanno creato quella che oggi è un autentica magia musicale, quella dei Kings Of Convenience.

Di sicuro la loro è un autentica contaminazione stile Simon & Gurfunkel con la dolcezza e il calore di una voce come Joao Jilberto, che è stato, per quanto afferma Eirik, una sua vera fonte di ispirazione.

Domenica 26 Luglio 2015 la Magia ha fatto il suo grande effetto nella splendida cornice del Monfortinjazz Festival 2015, unica di due date italiane, rassegna di gran classe che da oltre 30 anni richiama, insieme a “Collisioni” del borgo di Barolo, le miglior Star Internazionali. L’auditorium all’aperto sul promontorio di Monforte d’Alba rappresenta un luogo di grande intimità e con una meravigliosa acustica.

Lo stage dei Kings è stato concepito come un semplicissimo arredamento contemporaneo, considerando, quello che potrebbe sembrare un concerto, una esperienza confidenziale in un salotto di casa. Un tappeto, una valigia, una poltrona, due grandi lampade in vimini a luci calde e giusto tre Chitarre, due microfoni e un Mini Piano a due Ottave per dare qualche piccolo tocco agli arrangiamenti minimali.

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Foto Gallery dei Kings of Convenience al Monfortinjazz Festival 2015 [Fonte Foto Adrien Viglierchio]

Ecco qui il mondo dei Kings Of Convinience, che salgono sul palco insieme al bravissimo Fabrizio Nikki Lavoro, VJ e Speaker di Radio Deejay, nonché musicista che, oltre a Moderare la conversazione tra i due ragazzi Norvegesi e il pubblico, ci regala un vero e proprio scambio di battute con dei simpaticissimi siparietti e aneddoti, prima di cominciare quello che sarà qualcosa di inaspettato.

Con gia’ molti dischi all’attivo, i KOC scelgono di ripresentare, in chiave Live, il loro primo disco “Quiet in the New Loud“, accompagnato dall’omonimo libro uscito con  l’occasione di affiancare il loro primo disco di successo.

Si alzano dal divano, impugnano le rispettive chitarre, controllano l’accordatura e si avvicinano ai microfoni.

E qui parte la magia, il silenzio assoluto, la sensazione di aver premuto il tasto Play sul loro disco in qualche nostro Device Tecnologico. Perché quello che stiamo sentendo è esattamente identico al disco, anzi…ancora meglio. Pochissimo Reverbero, due strumentisti di altissimo livello che suonano sulle melodie di due voci perfettamente unite. Colori baritonali che si intervallano in perfetta polifonia e che giocano tra loro a scambiarsi le canzoni. Prima uno fa il tema del brano e l’altro accompagna, poi viceversa, uno fa la ritmica e l’altro la seconda voce.

Nei momenti strumentali si avvicinano uno di fronte all’altro, come due fratelli, con un lieve sorriso consapevole di chi sa che sta suonando qualcosa che gli piace molto.

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Forse ancora non ci crediamo che stiamo ascoltando qualcosa di talmente bello per quanto è semplice, qualcosa in cui non manca nulla, e dove un arrangiamento poderoso di un orchestra d’archi sarebbe di grande fastidio.

Il primo tempo finisce sempre con grandi applausi in un anfiteatro completamente sold out, che ci riporta ancora in un nuovo spazio con Fabrizio Nikki e la sua così dinamica e internazionale preparazione nel far sentire uniti i due Artisti col loro pubblico.

E si riparte con la seconda parte del concerto, ovvero il lato B di “Quiet Of the New Loud”, che convoglia le persone verso una dolcezza sonora che forse nessuno ha mai più provato da anni ascoltando musica acustica e intimistica. Questi due ragazzi sono un vero gioiello della musica contemporanea e rappresentano una forte riflessione su chi oggi, in Italia, prova ad arrangiare i propri brani con immense librerie di suoni, senza pensare minimamente ai contenuti di testo e melodia, che restano sempre le due cose più importanti su cui lavorare, che solo dopo potrebbero essere “vestiti sonoramente” con garbo e classe, se necessario.

Il pubblico resta e non se ne va, perché alla fine tutti aspettano il loro ritorno sul palco per quello che è stato il loro brano di punta, ovvero “Misread“, intonato con le chitarre con grande partecipazione di un pubblico che conosce a memoria ogni parola di quel pezzo meraviglioso, singolo inserito nel bellissimo disco “Riot on an Empty Street“, che personalmente ho consumato per le rare atmosfere che regala.

Sul finale ancora un bellissimo brano di questo penultimo album per unirsi al pubblico ormai completamente in piedi.

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