Sono passati due anni da quando nelle storie di Facebook e Instagram del gruppo META non era possibile condividere musica italiana protetta dalla SIAE. Vi ricordate?
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Mettevamo le storie del nostro artista preferito, ma le immagini, le foto, i video rimanevano muti. Roba che se questa limitazione fosse durata qualche settimane di più, ne avrebbero parlato, più di quanto già non se ne parlasse, in tutti i giornali. Ne avrebbero senz’altro parlato più di quanto oggi si parla del referendum abrogativo dell’8 e del 9 giugno.
Ma andiamo all’antefatto: due anni fa erano saltati gli accordi tra la Società italiana autori ed editori e il colosso Meta, la SIAE chiedeva maggiori garanzie per i suoi iscritti. Dopo due anni ci sono aggiornamenti: l’Antitrust ha accolto le soluzioni proposte dal gruppo di Mark Zuckerberg, in quest’articolo vediamo cosa cambia per i diritti d’autore della musica online. La questione sollevata dalla SIAE era che Meta non forniva loro dei dati essenziali per poter poter stimare un corrispettivo offerto ai singoli autori.
Meta, che continua a negare di aver avuto un comportamento poco trasparente, a gennaio 2025 ha proposto all’Antitrust una serie di soluzioni. Premesso che il contratto fra Meta e la SIAE ha durata di due anni, per evitare quello stop improvviso che abbiamo subito due anni fa, la società americana propone intanto di avviare le trattative quattro mesi prima della scadenza dell’accordo.
L’idea è quella che se non si dovesse trovare in quei mesi un punto d’incontro, si possa stipulare un’intesa provvisoria al fine di evitare una temporanea sospensione della musica italiana sui canali social gestiti dal colosso americano. In più Meta propone di fornire delle statistiche che si possano interpretare, per intenderci, come fossero dati d’ascolto, al fine di dare alla SIAE dei numeri oggettivi per poter far pagare loro i diritti d’autore ai suoi iscritti in maniera congrua.
Qualora queste precauzioni non dovessero bastare, Meta propone di ricorrere a una terza figura che faccia da garante: una sorta di intermediario indipendente. Si pensa inoltre di introdurre un momento di confronto intermedio a metà dalla scadenza dell’accordo.
L’Antitrust ha accolto i rimedi avanzati dalla big tech e con una nota ha comunicato che le soluzioni proposte sono “idonee a far venire meno i profili di criticità oggetto dell’istruttoria”. Con queste parole l’Authority pone fine all’indagine aperta due anni fa senza possibilità d’appello.
A questo punto non resta che prendere atto della decisione imposta dall’Agcm e, per arginare il silenzio che avvolge i prossimi quesiti referendari, ricordarsi, qualunque sia la scelta dell’elettore, di andare ad esprimere la propria opinione il prossimo 8 e 9 giugno.
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