Da sabato 16 novembre è partito su Rai Uno, in diretta dall’Auditorium Rai di Napoli, il primo dei tre appuntamenti di “Una storia da cantare”, un programma condotto da Enrico Ruggeri e Bianca Guaccero dedicato ai grandi cantautori italiani.
La prima puntata è stata dedicata a Fabrizio De André (le altre due saranno dedicate a Lucio Dalla e Lucio Battisti) e a rendere omaggio al cantautore genovese, morto nel 1999, c’erano la moglie Dori Ghezzi, Ornella Vanoni, Loredana Berté, Massimo Ranieri, Lino Guanciale, il rapper Anastasio, Elena Sofia Ricci, Morgan, Nek, la PFM, Paola Turci, Mauro Pagani, The André e Willie Peyote.
Purtroppo il coro di critiche verso questa prima puntata è stato quasi unanime, e al coro si aggiunge anche il mio di disappunto.
E’ vero che al cospetto della TV e degli ascolti si sacrifica tutto, ma a tutto c’è un limite.
Facendo i dovuti distinguo, come l’intervento di Dori Gezzi, l’interpretazione della Ricci, Vanoni, di Anastasio (che ha interpretato “La guerra di Piero” visto dal punto di vista del perdente) e Mauro Pagani (che ha riproposto “Crêuza de mä”) e pochi altri, tutto il programma è stato deludente, per usare uneufemismo.
Il programma è stato drammaticamente privo di scrittura, privo di un filo logico e di profondità, e il tutto diventa più incomprensibile se si tiene in considerazione che tra gli autori del programma ci sono due grandi giornalisti musicali come Gino Castastaldo e Ernesto Assante.
Gli stessi artisti che hanno reso “omaggio” a Faber sono sembrati a volte fuori luogo, altre volte esagerati e propensi alla “forzatura”, in altri casi incapaci di essere all’altezza dell’artista genovese e, addirittura, in alcuni casi egoisti e irrispettosi verso l’arte dello stesso De Andrè, tanto da anteporre se stessi a quello che stavano cantando o recitando.
Certo, vero è che rendere omaggio ad un artista, poeta e cantante come De Andrè non è impresa facile: difficile è entrare nel mondo rarefatto e pieno di mille sfaccettature di Faber, difficile è decodificare la sua anima, difficile è dividere l’essenza dei testi dalla sua voce, unica e inimitabile che vestiva aderente le storie narrate nelle sue canzoni.
De Andrè è un mondo a parte in cui pochi hanno diritto di cittadinanza e quei pochi hanno l’ovvio dono dell’umiltà. Tutto il resto dovrebbe restarne fuori e assumere il solo “ruolo” di spettatore e/o ascoltatore, limitandosi ad attingere dall’arte di Faber le grandi emozoni di cui quest’ultima ne è ricca, senza pretendere di far parte per forza dell’immenso e unico universo nato dalla penna e dal genio di un artista inarrivabile e inimitabile.
Questo è il vero “omaggio” che si dovrebbe ad un artista come Fabrizio De Andrè… qualcosa molto simile al RISPETTO!
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