Nuova fatica per Arisa – Rosalba, che al Festival di Sanremo ha spiazzato un po’ tutti passando nella stessa canzone da un registro intimista a quello dei Ricchi e Poveri.
Siamo alla prima uscita per la Sugar dopo un lungo periodo in Warner ed anche il titolo dell’album, “Una nuova Rosalba in città“, indica una nuova tappa nella ricerca di una propria dimensione, sia artistica che sicuramente di vita; la cantante lucana ha esordito con un brano scanzonato di grande efficacia, è passata per canzoni e produzioni di maggior spessore nelle quali ha evidenziato di essere un’interprete dotata e sensibile, in questi anni è quantomeno riuscita ad ottenere di ritagliarsi un posto molto personale in un panorama come quello attuale, dove è già molto difficile anche solo galleggiare.
Dodici i brani, quello di apertura “Dove non batte il sole” ha un testo vagamente malizioso, delle armonie con qualcosina meno ritrita del solito, ma provvede un arrangiamento che è come la panna nella carbonara a neutralizzare qualsiasi sapore particolare; la successiva “Tam Tam” nel manuale del perfetto produttore italiano degli ultimi dieci anni è probabilmente il singolo estivo, adatto per la corsa a ritagliarsi uno spazio tra i giganti che funestano gli “apericena” (argh!!!) e i lungomare a prezzo fisso.
“Mi sento bene” è divertente, nel senso che diverte immaginare le riunioni di produzione che ne hanno determinato la realizzazione, avvolte in quell’euforia autoreferenziale la cui nebbia ha nascosto di aver creato una furbata che ricorda le parodie di Elio & C. senza aver traccia della loro genialità, e soprattutto della loro ironia e autoironia.
“Gli amanti sono pazzi” ha una buona idea di testo e un ritornello orecchiabile ed efficace che forse ricorda alcune produzioni di Mina ma con un arrangiamento tipo cappuccino freddo decaffeinato e senza schiuma ed un raddoppio della linea melodica che la tigre e il suo rampollo filojazzista presumibilmente non avrebbero sentito il bisogno di inserire; nella successiva “La domenica dell’anima” l’attenzione è subito attirata da una chitarra acustica e da un testo interessante mentre la melodia e le armonie sono quelle di un classico pezzone sanremese.
“Minidonna” ricorda l’avventura di Anna Tatangelo e Mogol di qualche anno fa, con lo stesso periglioso barcamenarsi sul bordo del trash, mentre “Una nuova Rosalba in città” è la title track e come tale centra in pieno il problema di questi ultimi anni: se nel testo avessero sostituito il nome con Alessandra sarebbe stato un pezzo della Amoroso.
Di rimando è presumibile che l’arrangiamento sarebbe stato lo stesso, dato che tutto fa pensare che riguardo a questo non si tenga minimamente conto della personalità dell’artista ma solo dei nuovi plug-in e della resa acustica nelle piccole casse tipo supermercato o MacDonald’s, oltre che ovviamente nelle letali cuffiette del cellulare. Ricompare il raddoppio in tessitura bassa della linea melodica nel ritornello, altro capitolo del manuale di cui sopra…
Nel successivo “Vale la pena” la Amoroso si materializza proprio, prodigi della tecnica compositiva di una canzone di successo; che strano che per esempio che a fine anni ’70 Zero, Venditti, Dalla, Maurizio Fabrizio, Lavezzi, Mattone, Fossati, Daniele e gli altri non abbiano escogitato di clonare gli hit di Tozzi ma ognuno abbia continuato sulla propria strada, boh, ad averci pensato!
In un impeto di coraggio il brano successivo “Quando c’erano le lire” ripristina l’Arisa degli esordi: brano carino arrangiato con più colori di tutti gli altri messi insieme, cantato bene e con ironia, offre lo spunto per delle riflessioni…
Lasciamo passare il successivo “Così come sei” ed il suo ritornello molto “omaggio a Mimì”, il seguente “Il futuro ha bisogno d’amore” e il suo altro omaggio, ma stavolta a Giusy e ad Angela Brambati, e proprio con il brano di chiusura succede qualcosa e i ragionamenti si inanellano.
Il disco termina infatti con “Amarsi in due”, versione italiana di Malgioglio del celebrato brano “Amar pelo dois” di Salvador Sobral: la canzone è bella, molto, giusto con Tosca in Italia si sarebbe sicuri di non correre il rischio di rovinarla, ma Arisa la canta bene, anzi pare proprio nel suo mondo, accompagnata benissimo da un bel pianoforte solo. Che si deve pensare?
Proviamo a ricapitolare gli elementi di riflessione:
la presenza di questo pezzo illumina crudelmente l’abisso qualitativo con tutti gli altri e la inutilità degli arrangiamenti, ergo si evidenzia a sorpresa sia che la buona tecnica compositiva delle canzoni belle è sempre la stessa (e qualcuno dei nomi sopraccitati ha prodotto svariati pezzi paragonabili a questo), sia che ciò che gli addetti ai lavori hanno sempre predicato è ancora la santa verità, ovvero che per un bel brano è sufficiente cantarlo bene e accompagnati da un solo strumento, suonato come si deve. Rimane l’interrogativo sulla motivazione dell’inserimento autolesionista di questo pezzo, come presentarsi in questura con una canna tra le labbra.
Il fatto che però anche in “Quando c’erano le lire” la nostra esca bene e che il brano abbia una sua dignità propone un altro elemento: Arisa ha la fortuna di cantare bene sia canzoni di spessore che divertissement, ha un’immagine simpatica e gode di grande popolarità, avrebbe tutte le doti per spaziare artisticamente tranquillamente da un mondo all’altro, semplicemente, cosa che probabilmente rispecchierebbe anche la sua persona, che appare a volte divertente e a volte malinconica.
Sarebbe un fortunatissimo unicum nel panorama nazionale e forse anche estero, le qualità sono state ampiamente dimostrate, ma allora, e magari la domanda non rimanesse sospesa ma arrivasse un riscontro, almeno finalmente si capirebbe qualcosa:
perché cercare di omologarla ad altre che con lei non c’entrano niente?
Qualcuno lo spieghi e qualsiasi risposta sarà un sollievo.
Forse perché in Italia è rimasto un unico target remunerativo ed è quello dei ragazzi fruitori dei talent e dei loro prodottini usa e getta? Perché le canzoni scritte bene non piacciono più a nessuno o comunque non rendono? Perché il crollo del livello del gusto musicale dei giovanissimi è ormai inarrestabile e a forza di scavare il fondo del baratro stiamo per sbucare in Cina? E allora che c’entra inserire la canzone di Sobral, per dare una bella pacca sulle spalle scottate?
Potrebbe essere ancora peggio, ovvero per indurre chi ascolta ad osservare “però è brava…”, in una articolata e celata “excusatio non petita”.
TRACKLIST “Una nuova Rosalba in città” – Arisa
1 Dove non batte il sole
2 Tam Tam
3 Mi sento bene
4 Gli amanti sono pazzi
5 La domenica dell’anima
6 Minidonna
7 Una nuova Rosalba in città
8 Vale la pena
9 Quando c’erano le lire
10 Così come sei
11 Il futuro ha bisogno d’amore
12 Amarsi in due
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