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venerdì, Luglio 26, 2024

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Flop TV: Il caso Adrien di Adriano Celentano – Quando la Tv non funziona

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Il televisore funziona benissimo, ma spesso quello che c’è dentro, no. Parliamo del caso Adrien, costato 20 milioni di euro. Cosa si può produrre con 20 milioni di euro? Almeno 10 film d’autore o due serie di talent show di sicuro ascolto. In tempi di crisi e di recessione, con i costi di produzione al ribasso, si può fare molto di più. Non dico un intero palinsesto ma quasi.

Il caso Adrien, che non ha nelle sue caratteristiche nemmeno le potenzialità di un format vendibile all’estero, ci rivela come certe strategie televisive accadono per caso, senza un minimo di progettualità pensata. Dipendono dal capriccio dell’editore, che magari ha svolto qualche master di comunicazione negli Stati Uniti ma non ha ancora capito come è cambiata la tv e la sua fruizione e lo stesso pubblico che la guarda.

I format di due o tre ore non li regge più nessuno. Sky e Netflix l’hanno capito da dieci anni almeno. La tv, per funzionare, deve adattarsi alle tecnologie attuali. Programmi più corti, seriali e replicabili. Palinsesti più vari e agili. Finestre promozionali sui social. La tv generalista invece fa il contrario. Prime serate infinite, lunghe solo per abbassare il costo al minuto. “Più lungo è il programma meno costa” è una logica da anni novanta, oggi non più adattabile e proponibile.

C’è poi un fatto insindacabile. Il “faccione” da superstar acchiappa ascolti funziona solo se quello che fa la “superstar” funziona. Gli ex show di Celentano prodotti da Ballandi funzionavano perché c’era fantasia, grandi scenografie, fior di ospiti nazionali ed internazionali (David Bowie lo ricordate?) e una playlist di canzoni storiche. Ricordo Ligabue che cantò “Eve of Destruction” di Barry McGuire. E ricordo un tavolo con Gaber, Jannacci, Dario Fo, Roberto Benigni e Antonio Albanese, mica pizza e fichi.

Ma Adrien, con gli ospiti che si ritirano come Ambra Angiolini, Michel Hunzicker e il suo amico Teo Teocoli… e Manara che ne prende persino le distanze, che senso ha? Ci mancava solo Mina in collegamento telefonico che mettesse giù la cornetta o il cellulare e sarebbe stato il Bingo finale.

Non ci voleva un genio per capire che Adrien era un format sopravvalutato in tutti i sensi.

Ora Mediaset il flop ce l’ha e non sa che farsene. Peccato che sia costato un occhio della testa.
Si dice che lo riciclino in autunno, ma quando un format lo si sposta di fascia oraria o di cadenza o addirittura di mesi, significa che puoi solo buttarlo al macero e gridare al cielo “Mea culpa, mea culpa…”.

Tutto questo crea danni irreparabili anche perché danneggia il format inedito italiano e valorizza il format straniero importato. Questo flop sarà l’ennesima scusa che i funzionari televisivi utilizzeranno tutte le volte che un autore o un produrre proporrà a loro un programma originale pensato in Italia. Diranno come sempre: “No grazie, il format non è testato. E’ nuovo ed è troppo rischioso”. Paralisi industriale. Come dire che la Fiat dovrebbe produrre solo utilitarie e la 500 e non Suv o macchine elettriche. Come dire che Barilla dovrebbe vendere solo spaghetti e penne e non nuovi formati di pasta.

Mediaset produce da almeno vent’anni gli stessi programmi, con qualche eccezione sporadica. Va ancora in onda Maurizio Costanzo, tanto per dircela tutta. La RAI idem. Per la tv di Stato fare un nuovo format significa rifare il Portobello del compianto Tortora.

Invecchia la tv generalista e invecchia il pubblico a casa.

Il target di Rai Uno per intenderci è di 73 anni. In questo panorama jurassico, l’Adrien di Celentano dovrebbe rialzare ascolti e ringiovanire il target e magari attirare il pieno di sponsor come Sanremo? Ma quando mai? Celentano può anche non rimanerci male, tanto con tutto quello che ha fatto nella vita, un flop potrebbe essere una nuova esperienza, persino divertente.

Nel frattempo con l’aria che tira, ci aspettiamo una fiction biopic su Verdi e il ritorno di “Non è mai troppo tardi”, il programma del Maestro Manzi che insegnava la lingua italiana agli italiani.

E se producessimo invece un talent show che insegna agli editori come fare la tv? Bella idea, ma come scegliere i giurati? Semplice, basta mandare in onda 4 ologrammi di Raimondo Vianello, Paolo Villaggio, Enzo Biagi e Celentano (quello di Ballandi).
Buona visione a tutti.

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