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sabato, Giugno 3, 2023

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Giorgia: “Pop Heart”, un album senza un perchè, ma cantato col cuore – RECENSIONE

Finalmente è uscito il nuovo cd di Giorgia, “Pop Heart” (leggi il nostro articolo precedente), in cui la cantante romana si cimenta con una propria reinterpretazione di brani non originali, di cosiddette “cover”, che vanno da Jovanotti ad Annie Lennox, da Ramazzotti a Vasco e Whitney Houston.

Da qualche anno è stata scelta l’estetica elettropop e questo ultimo lavoro non fa eccezione, gli strumenti reali sono quasi del tutto assenti, ad eccezione di qualche bella chitarra suonata da Tim Pierce. La produzione è di Michele Canova, con tastiere e programmazione di Alex Alessandroni.

Da tanti anni su Giorgia grava un tormentone: “bravissima ma con un repertorio non all’altezza”, d’altronde l’Italia è storicamente non solo un popolo di allenatori di calcio, ma anche di produttori discografici e tuttologi, per cui cimentarsi in una disquisizione sull’argomento appare fortemente rischioso.

Urge una premessa: Giorgia si è sempre fatta rimbalzare le critiche rivolte alle sue scelte artistiche, è andata sempre dritta a testa alta assumendosi tutte le responsabilità, e quindi i meriti, perché alla fin fine è ancora pienamente sulla cresta dell’onda dopo quasi venticinque anni di carriera.

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Giorgia 1993

Il suo debutto nel ’93 con “Nasceremo” ed “E poi”, prodotta da Marco Rinalduzzi e Massimo Calabrese, diede una rude scrollata al mondo sanremese: pronuncia gospel-soul, tecnica da manuale, sicurezza e mestiere da vendere. Le sue successive incursioni in riviera confermarono pienamente le aspettative, brani come “Strano il mio destino”, “Come saprei”, “Di sole e d’azzurro”, con sempre diverse produzioni sbancarono tutto e tutti e a pieno merito; con grande arguzia e originalità tutti gridarono all’erede di Mina. Sbagliando, come si sbaglia sempre nell’ostinazione ad indicare l’erede di Sordi, di Mastroianni, di Modugno e via dicendo, ma d’altronde l’ansia di riportare sempre qualsiasi novità a “su connottu”, a quello a cui il popolo è abituato e pensa di conoscere, è una delle iatture della informazione nel suo purtroppo necessario aspetto dozzinale.

Pareva di aver divagato ma invece no, il punto è proprio questo: l’informazione di massa funziona come l’aspetto commerciale della musica, non può non tenere conto di quello che per il pubblico è la base, il punto di partenza nella decodifica dei dati, e le scelte artistiche di Giorgia da un certo momento in poi hanno decisamente virato sulla direzione più facilmente decodificabile dal grande pubblico.

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Giorgia, Sanremo 1995

Stessa scelta fece Pino Daniele, nella produzione del quale tutti individuano almeno tre momenti ben distinti, dei quali il terzo ed ultimo è a malapena sopportato dai suoi fan della prima ora.

Un grande attore italiano in un’intervista, a seguito di una domanda che lo interrogava sulle sue scelte artistiche palesemente inadeguate al suo ottimo livello, rispose con grande sincerità di avere semplicemente bisogno di cacciare 500 milioni all’anno delle vecchie lire, per via di varie mogli e figli; per Pino la motivazione era presumibilmente la stessa, per Giorgia boh, ma evidentemente è una motivazione rispettabile, sulla quale tra l’altro, come già detto, i riscontri di carriera le hanno dato ragione.

Massimo rispetto quindi per le scelte dal punto di vista, diciamo  “tecnico”. Di rimando, qualche obiezione sotto l’aspetto artistico è inevitabile, quanto inutile: la nostra amica sa esattamente quello che fa, conosce benissimo la buona musica e la sa fare con maestria ma anche in questa occasione ha preferito evitare; forse si riserva di farla in seguito.

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Le tasche piene di sassi”, è una bella canzone, la parte elettronica è molto efficace ma si è scambiato un accessorio per l’ingrediente principale e la mancanza di tutto il resto pesa, pur essendo cantata benissimo, come meglio non si potrebbe in assenza totale di dinamica esecutiva umana.

Idem “Una storia importante”, che però sfoggia chitarra e batteria finte di cui non si percepisce per niente la funzione, né tantomeno la motivazione musicale; si sceglie che la personalità dell’incolpevole cantante venga fuori con degli “svisi” gospel, ma inevitabilmente questi risultano un po’ appesi se il pezzo non ha dinamica esecutiva. Che cosa dovrebbe aver suscitato il cuore e l’estemporanea inventiva dell’artista, la grande prestazione della macchina? Rimane altrettanto irrisolta la motivazione del cameo di Eros Ramazzotti, esso dovrebbe servire ad attirare il suo pubblico, o lui ha concesso il pezzo pretendendo di esserci?

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Infine sull’onda dell’entusiasmo arriva un interrogativo forse risolutivo: cosa differenzia qualitativamente questa base da quelle prodotte dai ragazzini o dai più beceri pianobaristi?

Lei verrà” con ritmica reggaeton segnala che nella rissa da saloon qualcuno ha cominciato a far volare le sedie e non è più tempo di diplomazie: la base è qualcosa di atroce, nel prodotto non sopravvive nessuna traccia di quella magia evocativa del mondo delle interpretazioni di Mango. Ci sarebbe da pensare che questa “rivisitazione” fosse destinata a quell’altra cantante che ogni estate viene scongelata  e rispedita in campo con un ignobile tormentone e che il postino si sia sbagliato.

Suggestivo figurarsi la reazione degli astanti in riunione di produzione, sia all’annuncio dell’idea di questa ritmica che al successivo ascolto della realizzazione… non è umanamente possibile ipotizzare che lo sgomento non abbia preso piede. Il pezzo è stata prodotto ugualmente, c’è qualcosa che sfugge.

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Gli ostacoli del cuore” è un’altra occasione persa, una delle poche veramente belle canzoni pop uscite negli ultimi anni: grandi potenzialità infallibilmente inespresse, i suoni propriamente di tastiere sono certo molto belli, è il fintume gratuito e plasticoso di contorno ad essere veramente irritante.

A questo punto del guado il ragionevole dubbio è questo: Giorgia è considerata la miglior cantante italiana, perché lo è, ma da questo cd si capisce? Canova è considerato il miglior produttore attuale, Alessandroni un arrangiatore-tastierista di livello mondiale, da questo cd si evince qual è il quid che li pone ad un livello superiore agli altri?

Proviamo a spiegare l’ovvio: il normale cantante pop ha una gamma espressiva molto limitata, due o forse tre armi che però usa come una clava e che costituiscono il suo patrimonio, il proprio X factor, che lo rendono immediatamente riconoscibile dal grande pubblico, quello che se sente Ella Fitzgerald si annoia perché gli pare di ascoltare una poesia in tedesco, non decodifica, non ha i mezzi per capire perché questa sia oggettivamente brava. Giorgia deve partire dal contrario, ha tante possibilità interpretative che però è costretta a centellinare e proporre a comando: se la situazione esecutiva è fredda lei che canta con il cuore, e non con ruffianeria ignorante, non ha stimoli per sentire in sé emozioni e spunti. Deve ogni tanto elargire variazioni con il bilancino, belle quanto si vuole ma appese, ecco perché dà una sensazione di freddezza pur essendo totalmente incolpevole.

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Dune mosse” arriva a fagiolo, la versione di Zucchero aleggia e appare più espressiva per questo motivo: lui che ha quasi solo quella gamma e la usa sempre, con la disperazione di una 127 tirata a manetta, risulta più emozionante di lei che sembra una Stratos costretta ad andare con il freno a mano tirato.

Successivamente entra in scena Tiziano Ferro con questo colore scuro e drammatico che è la sua cifra, piace, ok, è lui; entra lei e dà una dimostrazione di emissione perfetta, intonazione, respirazione, pronuncia musicale e del testo, gestione del fiato; trenta e lode e sembra fredda, pazzesco, perché l’ambientazione musicale le rema contro mentre il maschietto è perfettamente nel suo mondo, in quello dove è nato ed è sempre stato.

Il brano di Annie Lennox era l’apoteosi delle tastiere elettroniche anni ’80, l’unico ragionevole modo di riproporlo adesso sarebbe quello acustico, ma evidentemente siamo in presenza di altre logiche: viene riproposto comunque finto e inevitabilmente si rimpiange l’originale. Qualsiasi giustificazione per questa scelta renderebbe il tutto ancora più colpevole, molto meglio dire di aver sparato a caso o per la fretta. Può essere che il problema stia nel fatto che il pezzo di per sé sta esattamente al confine tra una sorta di crepuscolare breve melodia di antica ispirazione popolare o una insulsa lagna, in ogni caso bene fecero a suo tempo a monetizzarne la ipnotica orecchiabilità con tutta una confezione paracula; riproporre adesso l’operazione ma in modo diverso poteva essere una bella sfida, tragicamente evitata. A proposito, veramente stravagante un pianoforte di apparente suono acustico che fa capolino con un accordo solo in un breve momento… la stessa Weltanshauung che portò Bearzot a far fare una breve presenza a Franco Causio nei mondiali dell’82, o peggio, Valcareggi i sei minuti di Rivera in Messico?

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Segue “L’ultimo bacio”, che come “L’essenziale” e “Open your heart” è però bilanciato ed efficace: un po’ di acqua fresca ma sempre meglio che iperzuccherate bibitacce gassate come quegli altri. Viene da pensare che i brani che sono nati esattamente come un prodotto commerciale indovinato e funzionale riescano bene in questa veste: in effetti c’è poco da rovinare, sono pezzi le cui versioni originali sono suonate e arrangiate in modo talmente impersonale che l’interpretazione del computer non risulta fasulla.

Finalmente un brano veramente all’altezza di Giorgia, “I will always love you”: bellissime tastiere, manca come sempre tutto il resto ma obiettivamente il prodotto non è male, guarda caso la nostra non risulta certo fredda…

I feel love” pure non è male, ha l’ambientazione che merita, probabilmente non è un brano eseguibile in altro modo… “Anima” è sinceramente offensiva per la maestria, la classe, la musica e l’amore che ci sono nella versione originale. Non è giustificabile in nessun pianeta che si sia pensato che una macchina potesse essere programmata per suonare meglio di Manu Katchè (o era Lele Melotti?), Jimmy Earl e Rita Marcotulli. Per Giorgia un grande affetto e tanta solidarietà, sentendola cantare comunque con onestà e impegno si ha l’impressione che stia smaltendo una punizione o pagando una penitenza.

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In compenso “Vivere una favola” è altrettanto inascoltabile, la batteria finta è qualcosa di atroce ma lo è tutto l’arrangiamento, da cui nessuno tra i più grandi cantanti della storia mondiale riuscirebbe a tirare fuori niente di più.

La versione originale era efficacissimamente costruita per valorizzare Vasco Rossi e il brano, questa sembra architettata non solo contro Giorgia, ma contro chiunque ci si volesse cimentare. Il risultato è curioso e dimostra ancora una volta quanto detto prima: Vasco non è un cantante nel senso tecnico della parola, se fosse un attore si direbbe che ha al suo arco quattro o cinque espressioni (con il cappello, senza…) ma quelle che ha le propone con una tale forza e un tale carisma che vince a mani basse da quarant’anni, inoltre il suo modo di biascicare il testo paradossalmente lo valorizza; Giorgia ha una dizione perfetta che di queste parole invece evidenzia gli aspetti banali, te li spara come illuminati da un faro…

Il cd si chiude con “Stay” feat. Ainè, capace, musicale e talentuoso cantante che merita veramente tanto e a cui auguriamo grande fortuna; in questo caso tutti e due fanno un figurone e non c’era dubbio, ma l’impressione è quella di un’altra occasione persa: questo brano è un ignobile lagna che neanche Ray Charles sarebbe riuscito a nobilitare.

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Giorgia è una grande cantante, una situazione così lo riconferma ancora di più, ed è una musicista colta e intelligente; è l’unica in Italia che potrebbe cantare in modo significativo “Wuthering heights”, “Woman in love”, “Dindi” come su “Ella abraza Jobim”, “Against all odds” di Phil Collins, “Here, there and everywhere” versione Sarah Vaughan da “Songs of the Beatles”, “Along come Tutu” tipo Jarreau- Benson, “Ain’t nobody”, “Setembro” di Ivan Lins ed “Everything must change”, magari tipo versione live con Mick Hucknall e Chaka Khan in cui l’ingenuo e datato (!) Quincy Jones utilizza Steve Ferrone e Nathan East anziché la ritmica di plastichetta…

Magari tutto ciò arrangiato da Vince Mendoza, giusto perché Quincy è anzianotto, o anche semplicemente da Vessicchio o Celso Valli. Vero, si tratta di roba che magari neanche tutta insieme ha fatto i milioni di visualizzazioni della immondizia che ci sommerge, ma la musica pop di qualità è questa, il resto è spazzatura per gonzi, junk food per pischelli.

Giorgia prima o poi deciderà di cantare queste cose e con una produzione all’altezza, si riconferma sempre l’unica che può farlo.

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TRACKLIST “Pop Heart” – Giorgia

01. Le tasche piene di sassi 
02. Una storia importante
03. Lei verrà
04. Gli ostacoli del cuore
05. Dune mosse
06. Il conforto feat. Tiziano Ferro
07. Sweet dreams
08. L’ultimo bacio
09. I will always love you
10. I feel love
11. Anima
12. Open your heart
13. L’essenziale
14. Vivere una favola
15. Stay feat. Ainé

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