Alex Sammarini: C’era un ragazzo che come me amava i Beatles… ed i Bee Gees.
Alex Sammarini è un cantante, musicista polistrumentista, compositore, autore ed attore con alle spalle un’esperienza di tutto rispetto, avendo collaborato con importanti artisti quali Gianni Morandi, Umberto Tozzi, Marco Masini, Mario Lavezzi, Syria, Valeria Rossi, Celso Valli, Bruno Zambrini.
Nel 2000 pubblica il suo primo singolo da solista “Quello che non sono” il cui video viene mandato in rotazione sulle principali emittenti musicali ottenendo riconoscimenti della critica e una nomination come miglior video indipendente.
Nel 2001 esce “Laura” che viene intensamente programmata dalle radio, molte delle quali inseriscono il pezzo nella top 10.
Nel 2005 ha pubblicato il suo primo album solista “3.14” con l’etichetta indipendente APbeat.
A distanza di 12 anni, in cui è stato impegnato come attore e cantante in alcuni musical (La febbre del sabato sera, Il fantasma dell’Opera), come compositore per altri artisti emergenti (tra cui Jessica Brando), come autore di musiche per la TV (La7 e Rai3), ma soprattutto come voce solista di un’ottima tribute band dei fratelli Gibb (The Tree Gees), esce in questi giorni il suo nuovo album Middleman, sempre su etichetta APbeat.
Un album che si fa apprezzare per la sobria eleganza e per l’accurata produzione di Paolo Amati e dello stesso Alex Sammarini, forse troppo accurata ed elegante per un mercato (?) come quello italiano, il cui pubblico è bombardato quotidianamente soprattutto da musica (?) di terz’ordine all’insegna del “farsi notare non importa come” che spesso e volentieri sconfina nel cattivo gusto.
Suoni, arrangiamenti, atmosfere sono di alta classe e non sfigurano nei confronti di molte produzioni internazionali.
Tutte le parti vocali sono state realizzate dallo stesso Alex, come pure quasi tutte quelle strumentali, a parte alcuni brani in cui si avvale della collaborazione di Paolo Amati (basso, campionamenti e drums programming), Franz Bancalari (piano, accordeon, synth) ed Ezio Zaccagnini (batteria).
Se proprio vogliamo trovarci qualche difetto, manca un brano d’impatto, radiofonico, immediatamente riconoscibile, che possa fare da traino, ma è un album che va ascoltato ed assimilato nel suo complesso.
Anche la scelta della lingua inglese, nell’intento di trovare possibili aperture sul mercato internazionale, a mio parere offre il fianco a possibili critiche: il rischio di incorrere in errori grammaticali, in metriche e forme gergali non propriamente corrette o ingenue è sempre in agguato e, per quanto buona sia la pronuncia di Alex, trovo che la sua voce suoni molto più convincente e credibile in italiano.
In ultima analisi, un album molto garbato, per palati fini, che sicuramente farà piacere agli appassionati della musica pop di qualità che vi riconosceranno reminiscenze beatlesiane e loro derivati.
MIDDLEMAN – L’album
Blue Gardenia, brano in cui gli arpeggi di chitarra acustica riportano alla mente “The Boxer” di Simon & Garfunkel, mentre voce e melodia ricordano vagamente il Paul McCartney di Mother Nature’s Son e Calico Skies.
Middleman è la title track, un brano abbastanza convenzionale introdotto dagli accordi del pianoforte con pregevoli intrecci vocali nello stile degli America.
Mistakes conferma la passione di Alex Sammarini per artisti quali Beatles, America, Billy Joel; anche questo brano è impreziosito da bellissimi intrecci vocali.
Could be happy, introdotto da un suono psichedelico d’organo che fa subito pensare a Flying o Blue Jay Way del beatlesiano Magical Mistery Tour, per poi sfociare in un più convenzionle brano lento dal sapore West-Coastiano.
All in a box è un light rock che rianima un po’ la scena, a metà strada fra Eagles, Alan Parson’s Project ed Electric Light Orchestra, anche qui eleganti ed accurati coretti con inserimenti garbati di archi e fiati sulla falsariga dei Chicago fine anni 70 – primi anni 80.
Sunlight, bel valzer lento condotto dal pianoforte ed avvincenti cori che predominano nel refrain.
You little star, anche qui torna l’ombra del miglior Paul McCartney nelle sue composizioni con la chitarra acustica (doveroso il riferimento a Bluebird e Distractions); cori in stile Wings, ben supportati da un arrangiamento orchestrale con archi ed ottoni a pennellare un sottofondo di caldi colori.
Forever in my eyes inizia con una ritmica sincopata di chitarra acustica in contraltare con poche note (due) suonate all’ottava bassa del pianoforte ed una linea di basso che sembra uscita dai solchi di Abraxas dei Santana, col risultato di mettere irresistibilmente in movimento piedi, gambe e bacino.
Be close to my heart, ancora un brano lento introdotto da una sequenza di accordi del pianoforte dove maggiore e minore si alternano rievocando atmosfere Beatles/McCartneyane, con giusto un accenno di Bee Gees prima maniera nei cori.
The innocence è una ballata in 6/8 che parte piano con la chitarra acustica per venire a mano a mano rimpolpata con un corposo, anche se discreto, arrangiamento orchestrale in cui svetta il flauto, mentre i cori dialogano con la voce solista.
Promenade, è il brano più toccante dell’album, un’introspezione crepuscolare nella quale il protagonista s’interroga sulla profondità dei propri sentimenti, cercando risposte ai dubbi ed alle paure di affrontare una relazione che sta diventando sempre più importante; arpeggi di chitarra acustica avvolti dai caldi colori di un emozionante arrangiamento di archi e flauti, mentre la bella voce di Alex “racconta” il testo in tono intimo e sommesso, assai ricco di pathos.
Alta classe, a livello del miglior Sting.
Just like any other parte come un brano di Neil Young ed anche nei cori pare di sentire le voci dei suoi partners Crosby, Stills & Nash. Puro stile West Coast.
Chiude l’album la breve (55 secondi appena), ma non per questo meno preziosa, To the bone, che s’interronpe bruscamente dopo una sola strofa ed un accenno di riff…fischiato, come a voler dire:
(continua…)
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